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       Federico De Roberto

      Leopardi

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066069254

       AVVERTIMENTO.

       L'INDOLE

       I. IL SENTIMENTO POETICO.

       II. LO SPIRITO FILOSOFICO.

       L'EDUCAZIONE

       CLASSICISMO E ROMANTICISMO.

       L'ESPERIENZA

       I. LA SALUTE.

       II. L'AMORE.

       III. LA FAMIGLIA.

       IV. LA PATRIA.

       V. LA GLORIA.

       IL PESSIMISMO

       I. L'ILLUSIONE.

       II. LA MISANTROPIA.

       III. LO SCETTICISMO.

       IV. LA MORTE.

       L'IRONIA.

       EPILOGO

       Indice

       Il presente libriccino fu composto prima della ricorrenza del Centenario leopardiano e vide la luce durante quella memorabile celebrazione, cioè mentre l'immensa miniera dello Zibaldone, per mezzo secolo rimasta ignorata o inaccessibile, si veniva appena schiudendo. Dopo che fu tutta aperta ed in ogni senso percorsa, l'autore di questo breve studio credette suo debito tener conto dei nuovi preziosissimi materiali per una futura nuova edizione del suo lavoretto, e si accinse infatti all'opera; sennonchè fu ben presto costretto a riconoscere che per giovarsi quanto era necessario dei sette volumi dei Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura non bastava ritoccare le pagine che egli aveva scritte, ma bisognava rifarsi dal primo principio e comporre un altro libro, se non di diverso disegno, certamente di più largo respiro.

       Poichè non gli è finora riuscito di portarlo a compimento, e propriamente dispera che gli riesca mai più, egli non ha saputo che cosa fare del suo primo saggio: se lasciarlo, cioè, esaurito, come è da tanto tempo, o ripubblicarlo tale e quale. A questo secondo consiglio si apprende oggi, confortato dal giudizio del quale volle onorarlo, ventitrè anni addietro, il Maestro dei maestri. La lettera di Giosue Carducci qui riprodotta sarà la migliore giustificazione della presente ristampa, come fu ed è il massimo premio che l'autore potesse mai ripromettersi.

      28 giugno 1921.

Lettera di Giosue Carducci.

      Bol. 18 l. 1898

      Caro signore,

      Grazie del libro. Mi pare una enciclopedia del pensiero e del sentimento leopardiano di fonte, condotta con metodo esatto e fedele, molto buona e utile.

      Può addomesticare, e lo spero e l'auguro, la gente, sempre e per lo più grossolana e pregiudicata e declamatrice, alla cognizione della imagine del poeta e pensatore.

      La saluto.

      Giosue Carducci

       Indice

       Indice

      Fanciullo di otto anni, per divertire i suoi fratellini, Giacomo Leopardi inventava fiabe e novelle, alcune delle quali duravano più giorni come romanzi; una specialmente, piena di strane e fantastiche avventure improvvisate secondo che l'azione si veniva svolgendo, durò più settimane. I personaggi erano però tolti dal vero: il conte Monaldo suo padre si chiamava Asmodante, Lelio il fratello Carlo, il brillante eroe Filzero era lo stesso narratore. Egli sapeva trasfondere tanta vita in questi tipi, che tre quarti di secolo più tardi il conte Carlo, udendo qualche tratto di spirito, esclamava: “Questa è filzerica!....„ A dieci anni, Giacomo cominciò a comporre i suoi primi libri. Nel 1810, a dodici anni, scrisse al padre scusandosi di non potergli nulla offrire in occasione delle feste: “Crescendo l'età crebbe l'audacia, ma non crebbe il tempo dell'applicazione. Ardii intraprendere opere più vaste, ma il breve spazio, che mi è dato di occupare nello studio, fece che laddove altra volta compiva i miei libercoli nella estensione di un mese, ora per condurli a termine ho d'uopo di anni.„ Le sue composizioni di quel tempo sono tragedie, poemetti, cantiche sacre e profane: il Pompeo in Egitto, il Catone in Africa, le Notti puniche, il Balaamo.

      Questo ingegno straordinariamente precoce comincia dunque a dar prova di fervida immaginazione. Il giovanetto ben presto si dà tutto agli studi severi delle lingue e delle letterature antiche; sembra allora che questa sua dote debba restare inutile, che questo lume interiore debba spegnersi: in luogo d'inventare egli traduce; in luogo d'esprimere idee proprie, ricerca, raccoglie, discute quelle degli altri. Tuttavia, quando pare che la sua facoltà immaginativa sia isterilita sotto la polvere dei vecchi libri, fra le grammatiche, fra i dizionarii greci ed ebraici, dà ancora prova di forza. Il Creuzer trova nel suo lavoro sul Porfirio “plus d'effervescence juvénile et d'imagination que de maturité d'esprit.„ Studiando filologia, trattando di ingrate quistioni etimologiche, egli segue una “ispirazione indovinatoria„ e “quella certezza intima che per quanto non si possa trasfondere facilmente in altri, con tutto questo è fortissima e nasce da una gagliarda apprensione di certe probabilità, la quale ci farebbe giurare che la cosa sta così, nonostante che non se ne possa portare alcuna prova irrepugnabile.„ Nell'immenso cimitero dell'antichità egli rimescola le ceneri dei grandi morti, interroga le lapidi, decifra i nomi; ma quante volte lo stesso nome è cancellato! Tra il cielo della gloria e le profondità dell'oblio sembra

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