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un altro rifiuto.

      Shelley era lì vicino e stava parlando all’ufficiale di polizia locale, mentre gli altri stavano impacchettando tutto. La squadra della scientifica era già stata sulla scena, e il cadavere era stato portato via per essere esaminato. Non restava altro da fare che prelevare tutte le piccole prove rimaste tra i detriti della scena dell’omicidio. Una poliziotta bassa con i capelli corti le stava cautamente riponendo in appositi sacchetti di plastica.

      Zoe la osservò con vago interesse. La sua mente stava lavorando per conto suo, intenta a esaminare tutto ciò che coglieva lo sguardo. La vittima era stata lasciata in posizione supina con la testa vicina ai sacchi della spazzatura rovesciati, i piedi rivolti verso il centro del vicoletto, a un angolo di trenta gradi rispetto a quella che sarebbe stata la linea centrale. Molto probabilmente era caduta di schiena dopo che la sua gola era stata tagliata. C’erano ancora tracce di sangue, sotto i fluidi corporei bruciati e sciolti, a convalidare questa teoria.

      Sapevano già un sacco di cose su di lei, su Callie. Il resto lo avrebbero scoperto una volta interrogati gli amici e la famiglia: avrebbero capito chi fosse e cosa facesse. Per quale motivo qualcuno volesse ucciderla.

      Ma l’assassino, quella era un’altra storia. Dov’era lei, o lui? Zoe non riusciva a vedere nulla sull’asfalto del vicoletto, nessun segno particolare che potesse svelare il responsabile. Non c’erano orme, non in un vicolo che veniva indubbiamente attraversato da decine, se non centinaia, di persone al giorno. Non c’erano accendini o mozziconi, nessuna tanica di benzina vuota. Qualsiasi prova in grado di tradire la presenza del colpevole era stata rimossa quando qualcuno aveva versato dell’acqua sul corpo nel tentativo di spegnere il fuoco e salvare una vita che era già venuta meno.

      Cosa aveva usato come combustibile? Come accelerante? Dove si era appostato? Che tipo di arma aveva usato quell’uomo per tagliarle la gola? O quella donna, cercò di ricordare a se stessa nel tentativo di mantenere una mente aperta; ma le statistiche parlavano chiaro. Un tale livello di violenza solitamente indicava un sospettato maschio.

      Il problema stava in quel “solitamente”. Zoe si fidava del proprio istinto, ma a meno che non fosse sicura al novanta per cento di qualcosa, non era disposta a scommetterci su. E anche quando, in passato, era stata assolutamente sicura di una cosa, a volte si era sbagliata. E in questo momento non aveva alcuna sicurezza, non in relazione all’assassino.

      Forse avrebbe scoperto qualcos’altro dando un’occhiata al cadavere. Si diresse verso Shelley, che stava per portare a termine il suo colloquio.

      “Qui non c’è niente,” comunicò Zoe, non appena Shelley ebbe finito.

      “Non posso dire di essere sorpresa,” rispose Shelley. Stava guardando verso le finestre degli alloggi in alto, annerite non dal fumo proveniente da un corpo umano, ma da anni di sporcizia e incuria. “Nessuno del quartiere ha visto nulla. Hanno detto di aver sentito prima l’odore del fumo. Qualche residente del posto è corso fuori con un secchio d’acqua per cercare di aiutare la ragazza, ma nient’altro. Nessun sospetto, nessuno che abbia osservato la scena. Nessun testimone che abbia visto entrare qualcuno nel vicolo a quell’ora.”

      “Nessun filmato?” Zoe indicò verso una telecamera di sorveglianza situata in alto, proprio nel punto del vicolo da cui erano entrate.

      Shelley scosse la testa. “I poliziotti dicono che non è neanche funzionante. Ogni volta che cercavano di metterla in funzione, i ragazzini spruzzavano vernice sulle lenti o tagliavano i cavi. L’hanno tenuta lì come deterrente, ma non è operativa da anni.”

      “La gente del posto lo avrebbe capito,” sottolineò Zoe.

      “Lo stesso vale per chiunque avesse fatto un giro preliminare attorno all’edificio e avesse visto le condizioni in cui si trova.”

      Zoe si guardò attorno un’ultima volta, soddisfatta che non ci fosse nient’altro da scoprire qui. L’unica storia che i numeri le stavano raccontando riguardava la realizzazione degli edifici e il vicolo stesso. Dato che dubitava che l’altezza dei muri avesse qualcosa a che fare con il delitto, avevano finito. “Ok, andiamo dal medico legale,” disse con aria risoluta, incamminandosi verso l’auto che avevano noleggiato.

***

      Zoe arricciò il naso, dopodiché regolò il respiro. Era tutta una questione di concentrazione. Inspirò attraverso la bocca, evitando la parte peggiore dell’odore, ed espirò dal naso. Shelley stava cercando di non vomitare, ma Zoe provò a non farsi distrarre da quello.

      “Capisco, è uno di quelli brutti,” disse il medico legale. Era una giovane donna alta e abbronzata, con capelli biondo scuro e, in generale, un po’ troppo ombretto per qualcuno che lavorava in uno studio medico, anche se gli unici con cui aveva a che fare erano i morti.

      Zoe ignorò anche lei, e mantenne la propria attenzione sul cadavere. Semmai rientrasse ancora nella definizione di cadavere; “carbone” sarebbe stato un termine più appropriato. L’uomo, quello che Shelley aveva chiamato John Dowling, non era più un uomo. Aveva ancora una certa forma – gambe intrecciate tra loro, braccia attaccate al corpo, una protuberanza rotonda al posto della testa – ma sarebbe stato facile scambiarlo per un rottame, parte delle viscere di una barca, o per un antico cimelio che aveva bruciato tra le rovine di Pompei.

      Il secondo cadavere era più riconoscibile, sebbene non di molto. Per qualche ragione, nonostante il fuoco non avesse compiuto lo stesso scempio del primo cadavere, l’odore era peggiore. Forse perché era stato lasciato al sole della California in pieno giorno. La giovane donna. I brandelli di carne lacera e bruciata che erano ancora attaccati al suo corpo sembravano un qualcosa di osceno. Tredici centimetri di gamba sopra il piede, cinque centimetri per ogni gomito, una ciocca di capelli sulla parte posteriore della testa che erano rimasti intatti grazie al contatto con il terreno umido. Se fosse stata avvolta dalle fiamme ancora per poco, sarebbe diventata cenere, proprio come l’uomo.

      “Ferite pre-immolazione?” domandò Zoe, senza alzare lo sguardo.

      Il medico legale esitò per un secondo.

      “Prima che venissero bruciati,” aggiunse Zoe per spiegarsi.

      “So cosa vuol dire immolazione,” rispose la donna, con un primo accenno di nervosismo nella sua voce calma e solare. Tutto di lei era irritante agli occhi di Zoe. “Per quanto mi risulta, considerando lo stato dei cadaveri, c’era soltanto la singola ferita alla gola. Sufficiente a uccidere. Sono stati bruciati, ma non è stato fatto loro nient’altro.”

      Zoe si sporse in avanti, esaminando la gola. Le mani della ragazza la stringevano, e le dita si erano sciolte e fuse insieme quando era stata bruciata. Tuttavia, c’era ancora una ferita netta e visibile dietro di loro, che si spalancava lì dove la sua testa si era inclinata all’indietro.

      “Un lavoro preciso,” disse, più a se stessa che a qualcun altro.

      “È stato un attacco rapido,” convenne il medico legale. “Chiunque sia l’assassino, sa il fatto suo. In entrambi i casi, si è avvicinato direttamente alle spalle e ha praticato un singolo taglio lungo la gola, squarciandola completamente.”

      Zoe raddrizzò la schiena e guardò Shelley, per far sì che fosse chiaro che la prossima osservazione sarebbe stata rivolta a lei e non all’irritante presenza aggiuntiva nella stanza. “Non è stato un delitto commesso in modo impulsivo. È stato pianificato, il luogo è stato scelto con cura.”

      “Credi che le vittime siano state scelte di proposito?”

      Zoe si morse le labbra per un istante, muovendo lo sguardo tra i due cadaveri. Cosa avevano in comune, a parte il fatto di essere ridotti entrambi in cenere?

      “È presto per dirlo,” affermò. “Dobbiamo saperne di più su Callie Everard. Se riusciamo a trovare un collegamento tra i due, bene. Altrimenti, potrebbe trattarsi di una faccenda più grande.”

      “Un serial killer?” gemette Shelley. “Spero che fossero segretamente amanti o qualcosa del genere. Incrocio le dita, magari riusciamo a tornare a casa per il weekend.”

      “Buona fortuna,” si intromise il medico legale, un intervento assolutamente superfluo.

      Zoe le rivolse un’occhiata malevola,

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