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di Jack Tucker. Aveva la testa inclinata a destra, come fissando bramosamente gli auricolari che gli erano stati messi accanto con tanta cura.

      «La famiglia è stata avvertita?» chiese DeMarco.

      «No. E temo che, visto che ho chiesto al dipartimento di aspettare a spostare il corpo e procedere con il caso, daranno a me il compito.»

      «Se è lo stesso, preferirei farlo io» disse Kate. «Per meno canali passano i dettagli, meglio è.»

      «Se è ciò che vuole.»

      Kate distolse finalmente lo sguardo dal corpo di Jack Tucker e lo spostò poi all’imbocco del vicolo, dove i due poliziotti si erano riuniti con il poliziotto che aveva sollevato il nastro. Aveva dato notizie così devastanti più volte di quante volesse contare, e non era mai facile. Anzi, in qualche modo sembrava farsi sempre più difficile.

      Però aveva anche imparato che, piuttosto stranamente, era negli acuti e agonizzanti spasimi del dolore che quei cari sofferenti sembravano essere in grado di ricordare il dettaglio più piccolo.

      Kate sperava che sarebbe stato vero anche in quel caso.

      E, così, magari un’ignara nuova vedova avrebbe potuto aiutarla a chiudere il caso che la perseguitava da quasi un decennio.

      CAPITOLO TRE

      Da lì ad Ashton fu un viaggio in macchina di soli venti minuti. Erano le 21:20 quando lasciarono la scena del crimine e il traffico del venerdì sera rimaneva ostinato ed estenuante. Mentre uscivano dal peggio per immettersi nella freeway, Kate si accorse che DeMarco era stranamente silenziosa. Se ne stava sul sedile del passeggero, a fissare con aria quasi di sfida fuori dal finestrino il paesaggio urbano che sfilava.

      «Tutto bene, laggiù?» chiese Kate.

      Senza voltarsi verso Kate, DeMarco rispose subito, chiarendo così che aveva qualcosa per la testa da quando avevano lasciato la scena del crimine.

      «Lo so che sei qui da un po’ e che sai come funziona, ma io ho dovuto dare la notizia della morte di un parente solo una volta, in vita mia. Ho odiato farlo. Mi ha fatta sentire orribile. E avrei davvero voluto che ne parlassi con me prima di dire che ce ne saremmo occupate noi.»

      «Scusami. Non ci ho neanche pensato. Però in alcuni casi fa parte del lavoro. A rischio di sembrare fredda, è meglio cominciare ad abituarcisi fin dall’inizio. E poi… se stiamo gestendo noi il caso, che senso ha delegare questo incarico infelice a quel povero detective?»

      «Comunque… che ne dici di avvisare un minimo su queste cose in futuro?»

      Il tono della sua voce era di rabbia, emozione che non aveva mai sentito prima venire da DeMarco – non diretta a lei, almeno. «Okay» disse, e lasciò le cose così.

      Percorsero il resto del tragitto all’interno di Ashton in silenzio. Kate aveva lavorato ad abbastanza casi in cui aveva dovuto dare la notizia di una morte da sapere che qualsiasi tensione tra i partner avrebbe reso la faccenda molto, molto peggiore. Però sapeva anche che DeMarco non era tipo da stare a sentire una lezioncina mentre era arrabbiata. Perciò, pensò Kate, magari questa sarebbe stata una cosa che avrebbe imparato vivendola e basta.

      Arrivarono alla residenza dei Tucker alle 21:42. Kate non fu per niente sorpresa di vedere che la luce del portico, così come qualsiasi altra luce della casa, era accesa. Dal tipo di abiti di Jack Tucker, era uscito per una corsa mattutina. Il perché però il suo corpo si trovasse in centro presentava molte domande. Tutte quelle domande presumibilmente portavano a una moglie molto preoccupata.

      Una moglie preoccupata che sta per scoprire di essere ormai una vedova, pensò Kate. Dio, spero che non abbiano figli.

      Kate parcheggiò di fronte alla casa e smontò dalla macchina. DeMarco la imitò, ma più lentamente, come per assicurarsi di far sapere a Kate che non era per nulla contenta di quel particolare dettaglio. Risalirono il vialetto lastricato in pietra verso i gradini e Kate osservò la porta principale aprirsi prima ancora che fossero arrivate al portico.

      La donna alla porta le vide e gelò. Sembrava che stesse facendo di tutto per formulare le parole che voleva dire. Alla fine, tutto ciò che riuscì a pronunciare fu: «Chi siete?»

      Kate infilò lentamente la mano nella tasca della giacca per prendere il documento d’identità. Prima di essere riuscita a mostrarlo del tutto o a dire il suo nome, la moglie già sapeva. Lo si vide nei suoi occhi e nel modo in cui il suo viso cominciò ad accasciarsi lentamente. E mentre Kate e DeMarco finalmente raggiungevano i gradini del portico, la moglie di Jack Tucker cadde sulle ginocchia sulla soglia e cominciò a piangere.

      ***

      Come si scoprì, i Tucker avevano dei figli. Tre, anzi, di sette, dieci e tredici anni. Erano tutti ancora svegli, lì nel soggiorno mentre Kate faceva del suo meglio per far entrare in casa la moglie – Missy, era riuscita a dire tra pianti e singhiozzi – per farla sedere. La tredicenne si precipitò al fianco della madre mentre DeMarco faceva del suo meglio per tenere gli altri lontani mentre la loro madre accettava la devastante notizia che le era appena stata data.

      In un certo qual modo, Kate si accorse che forse aveva davvero corso troppo con DeMarco. I primi venti minuti trascorsi nella casa dei Tucker quella sera furono da mal di stomaco. Riusciva solo a pensare a un altro momento della sua carriera così lacerante. Guardò DeMarco, sia durante che dopo che ebbe cercato di radunare i bambini, e ci vide sprezzo e rabbia. Kate pensò che DeMarco avrebbe potuto avercela con lei per la cosa molto a lungo.

      A un certo punto Missy Tucker si accorse che avrebbe dovuto trovare qualcuno che si occupasse dei suoi bambini se voleva cercare di aiutare Kate e DeMarco. Attraverso sottili vagiti chiamò suo cognato, dovendo dare anche a lui la notizia. Vivevano anche loro ad Ashton, e la moglie partì quasi immediatamente per venire a stare con i bambini.

      Nello sforzo di dare a Missy e ai figli un po’ di privacy per gestire il dolore, Kate ottenne da Missy il permesso di dare un’occhiata alla casa in cerca di qualsiasi segno di quel che avrebbe potuto dare l’idea che qualcuno volesse uccidere suo marito. Cominciarono dalla camera padronale, perlustrando i comodini dei Tucker e gli articoli privati al suono della famiglia che, di sotto, piangeva.

      «Che orrore» disse DeMarco.

      «Sì. Scusami, DeMarco. Dico sul serio. Avevo solo pensato che sarebbe stato più facile per tutti i coinvolti.»

      «Davvero?» chiese DeMarco. «Lo so che non ti conosco ancora così bene, ma una cosa che so di te è che hai la tendenza a esagerare per metterti addosso più pressione che puoi. È per questo che non riesci a capire lo sforzo, piuttosto semplice, di equilibrare il tuo tempo per il bureau con il tempo per la tua famiglia.»

      «Prego?» chiese Kate con una vampata di rabbia.

      DeMarco fece spallucce. «Scusa. Però è vero. Avrebbe potuto occuparsene la polizia locale e noi probabilmente saremmo già da qualche altra parte, a indagare.»

      «Senza testimoni, la moglie è la nostra scommessa migliore» disse Kate. «È solo che deve gestire la morte del marito. È un orrore per tutti i coinvolti. Ma tu devi superare il tuo disagio. Nel grande schema delle cose, chi è più a disagio adesso? Tu o la nuova vedova in lutto di sotto?»

      Kate non fu consapevole del tono alto e irritato fino a che non le uscirono di bocca le ultime parole. DeMarco la fissò male per un momento prima di scuotere la testa come una teenager viziata senza contestazioni da presentare, e lasciò la stanza.

      Quando uscì dalla stanza anche Kate, vide che DeMarco stava guardando un ufficio e una minuscola biblioteca appena in fondo al corridoio. Kate la lasciò a lei, scegliendo di uscire in cerca di indizi. Non si aspettava di trovare nulla facendo il giro della casa, ma sapeva che sarebbe stato irresponsabile non fare tutti quei passaggi di routine.

      Di nuovo all’interno, vide che erano arrivati il fratello di Jack Tucker e sua moglie. Il fratello e Missy si tenevano in un abbraccio tremante mentre la moglie era in ginocchio dai bambini e li abbracciava tutti. Kate vide

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