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Emily, sembrava un’idea sciocca lanciarsi in quella sofferenza. Si chiese se il lato più dolce di Patricia che aveva visto negli ultimi giorni potesse giungere fino a quel punto.

      “Forse,” disse evasiva. “Penso che tua madre e tuo padre potrebbero avere parecchio da fare a quel punto. La bambina sarà nata per quel momento, no?”

      “Ancora meglio!” insistette Chantelle. “Deve conoscere la sua nonna Patty.”

      Ovviamente capendo di essersi scontrata con il lato cocciuto di Patricia, Chantelle offrì un altro suggerimento. “O, se non per Natale, magari per Capodanno? Facciamo una festa alla locanda. Puoi venirci, no?”

      Patricia rimase evasiva nelle sue risposte. “Dovremo vedere,” fu tutto ciò che disse.

      Chantelle allora guardò Emily. “Pensi che nonno Roy voglia venire per Natale?” chiese.

      Emily si irrigidì. Era ancor meno probabile che suo padre riuscisse a venire, con la sua malattia in peggioramento.

      “Possiamo chiedere,” le disse Emily, e la conversazione si spense nel silenzio.

      Raggiunsero la locanda e Daniel parcheggiò. Stu, Clyde ed Evan erano a casa, perciò uscirono per aiutarli a portare dentro l’albero. Poi, tutti insieme, i quattro lo misero in piedi nell’atrio d’ingresso.

      “È un albero bello grosso,” disse Clyde fischiando. Si asciugò con la mano il sudore che aveva sulla fronte e abbassò lo sguardo su Chantelle. “Come farai a mettere l’angelo sulla cima? Neanche sulle mie spalle penso che ce la farai.”

      Per sottolineare il punto, sollevò una ridacchiante Chantelle con le sue forti braccia e se la mise sulle spalle. Le fece fare un giro intorno. Emily notò Patricia trasalire. Probabilmente era preoccupata del duro pavimento di legno che avevano sotto ai piedi, un istinto materno che persino Patricia possedeva!

      “Vado a prendere la scala,” disse Stu puntando in direzione del garage.

      Diedero una mano anche Evan e Clyde, prendendo dal garage tutti gli scatoloni con gli addobbi. Poi i tre uomini andarono in città a vedere la partita e bersi un drink dopo la lunga giornata di lavoro all’isola, lasciando solo la famiglia a decorare.

      “Dobbiamo mettere su della musica natalizia,” disse Emily andando alla scrivania della reception dove era stato allestito l’impianto audio. Trovò un vecchio CD di cantanti crooner e lo fece partire. La voce di Frank Sinatra riempì la sala.

      “E,” aggiunse Daniel. “Dobbiamo preparare della cioccolata calda!”

      Chantelle annuì con entusiasmo, e si precipitarono tutti in cucina. Daniel mise il latte sul fuoco, mentre Chantelle frugava in dispensa in cerca di marshmallow avanzati. Tornò non solo con i marshmallow, ma anche con confettini color arcobaleno e panna montata.

      “Eccellente,” disse Daniel versando a tutti una tazza di cioccolata calda, per poi terminarla con la panna, i marshmallow e i confetti.

      Emily non aveva mai visto Patricia consumare nulla del genere nella sua vita! La torta smores era stata una vista sufficiente, ma questa era decisamente un’altra cosa. Era come se Patricia fosse stata trasformata dallo spirito del Natale, alla fine, dopo una sessantina d’anni di resistenza!

      Tornarono nell’atrio, dove il gigantesco albero di Natale aspettava di essere addobbato, e si misero al lavoro. Ovviamente Chantelle prese il comando.

      “Qui ci servono delle luci, papà,” disse a Daniel indicando un punto nudo. “Nonna Patty, quella renna deve stare su questo ramo.”

      Emily si sporse verso la madre e le disse, “Chantelle ha una visione molto precisa.”

      Patricia rise. “Sì, lo vedo. Ha occhio per i dettagli. Un giorno sarà una grandiosa design di interni.”

      Emily se la immaginava bene. Oppure la vedeva come organizzatrice di eventi vari. Si toccò il pancione, chiedendosi che personalità avrebbe avuto Charlotte, se sarebbe stata simile alla sorella – una leader, un’artista, organizzata e socievole – o se sarebbe stata diversa. Forse avrebbe preso da Emily, e sarebbe stata meno incline a stare sotto ai riflettori, più contenta di leggere un libro e portare fuori i cani per tranquille passeggiate in campagna. O forse sarebbe stata come suo padre, pratica e lavoratrice, incline a momenti riflessivi. Oppure, come tendeva a pensare Emily, avrebbe preso dalla zia di cui portava il nome: dolce, fantasiosa, curiosa, calma. Non vedeva l’ora di scoprirlo.

      “Nonna Patty,” disse allora Chantelle demolendo il sogno a occhi aperti di Emily. “Com’era la mamma quando aveva la mia età?”

      Patricia era occupata a tendere una larga decorazione brillante tra i rami, intrecciandola tra di essi perché non cadesse.

      “A otto anni? Be’, fammi pensare. All’epoca aveva i capelli molto ricci, molto più di quanto lo siano adesso. Indossava quei bellissimi vestitini a motivo scozzese. Ti ricordi, tesoro?”

      Emily tornò con la mente al passato. L’abito scozzese e i fastidiosi collant coordinati con cui sua madre la vestiva sempre erano stati fonte di numerose litigate. Emily odiava il fatto di non poter correre o arrampicarsi sugli alberi perché Patricia non voleva che si sporcasse gli abiti.

      “Mi ricordo,” rispose.

      Patricia proseguì. “Suo padre allora le insegnava anche a suonare il piano. Era piuttosto brava, ma ha perso interesse.”

      Emily adesso avrebbe voluto non averlo fatto. Avrebbe voluto aver continuato a sedersi accanto al padre su quel malconcio sgabello, a imparare canzoni di musical e vecchi classici. Erano stati momenti preziosi, e non ne aveva tratto il massimo. Non lo sapeva all’epoca che ne avrebbe avuto bisogno.

      “Nonno Roy?” chiese Chantelle.

      “Sì,” disse Patricia. Sorrise. “Era molto dotato per il pianoforte. E lo adorava. È per quello che in questa casa doveva averne uno, anche se venivamo qui solo qualche settimana l’anno. Ma lui accendeva il fuoco e suonava per noi, ed Emily si avvolgeva in una coperta e si addormentava.” Lasciò andare un sospiro malinconico. “C’erano sempre momenti meravigliosi nel mezzo, vero, tesoro?”

      Emily sapeva che cosa intendeva dire. Tra il dolore della perdita di Charlotte. Che dopo la sua morte, mentre tra i suoi genitori il silenzio cresceva come un’invisibile parete di vetro, c’erano alcuni momenti di normalità, di gioia persino, quando la quiete veniva riempita dalla bellezza e veniva data alle loro menti una tregua dalla sofferenza.

      “Voglio bene a nonno Roy,” disse Chantelle a Patricia. “Era un bravo marito?”

      Patricia si voltò verso Chantelle. E, con shock e sorpresa di Emily, allungò una mano e le accarezzò la testa.

      “Sì. Non sempre. Ma nessuno è perfetto.”

      “Lo amavi?”

      “Con tutto il cuore.”

      “E adesso?” chiese Chantelle.

      “Basta,” la interruppe Emily. “Questa è una domanda personale.”

      “Non fa niente,” disse Patricia. Poi guardò Chantelle con onestà, e parlò con voce imperterrita. “Abbiamo vissuto molti anni come marito e moglie, molti anni buoni. Ma non eravamo felici, e nella vita la cosa più importante è essere felici. È stato davvero difficile dirgli addio, ma alla fine è stato per il meglio. E sì, lo amo ancora. Quando ami qualcuno non puoi smettere più.”

      Emily allora distolse lo sguardo per asciugarsi la lacrima che le era affiorata all’angolo dell’occhio. Per tutta la sua vita, Patricia aveva solo parlato male di suo padre. Nemmeno una volta l’aveva udita ammettere di amare ancora Roy.

      Cadde il silenzio, e la famiglia mise in tranquillità le ultime decorazioni sull’albero. L’aria malinconica che incombeva su di loro si dissolse solo quando Daniel prese dallo scatolone la statua dell’angelo.

      “È ora,” disse porgendola a Chantelle.

      Con un sorriso

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