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      “Non pensi che sarebbe una cosa un po’ dell’ultimo momento?” disse Emily. “Dovrei partorire fra tre settimane.”

      “E solo, tipo, il venti per cento dei bambini nasce nel giorno giusto,” rispose Amy.

      “Tu sei nata in ritardo, comunque, Emily,” le disse Patricia. “Anche Charlotte. E anch’io. Se somigli a me, nascerà in ritardo. Io sono arrivata a quarantadue settimane e sette giorni con tutte e due.”

      “Neanche per sogno!” esclamò Emily. Non le era mai stata detta una cosa del genere. “Sembra decisamente fastidioso.”

      “Certo che no,” replicò Patricia. “Il tuo corpo lo sa che cosa vuole. Devi fidarti di lui.”

      “Non lo sapevo neanche che ci potesse volere così tanto,” disse Amy.

      Patricia annuì. “All’epoca il parto indotto veniva evitato, se si poteva, e ci si fidava che la natura avrebbe fatto il suo corso. È più comune di quanto pensi la gente. Alcuni bambini hanno bisogno di un’infornata più lunga.”

      Amy e Chantelle risero, ma Emily era quasi nauseata al pensiero. La gravidanza era difficile! Non voleva che durasse neanche un minuto più del necessario! Però forse sua madre aveva ragione. Le vecchie generazioni erano meno viziate e schizzinose. Non avevano lune di miele prenatale o roba del genere. A volte il sistema pratico e privo di esigenze di fare le cose era il migliore.

      Terminarono di decorare i corridoi e poi andarono in sala da pranzo, dove sistemarono dei fiocchi di neve brillanti su tutte le tavole e sostituirono i centrotavola a tema autunnale con quelli invernali. Era tutto bellissimo, ed Emily si entusiasmò ancor di più per il Natale.

      Ma l’entusiasmo non bastava a farla smettere di sbadigliare. Decorare era stato piuttosto faticoso e ultimamente non aveva più energie.

      “Devo fermarmi un po’,” confessò. “Se anche solo tentassi di raggiungere la sala da ballo potrei prendere sonno!”

      Allora si accorse che Amy e Chantelle si scambiavano occhiate maliziose l’una con l’altra.

      “Che c’è?” chiese portandosi le mani sui fianchi.

      “Niente,” disse Amy con un tono che suggeriva l’opposto.

      “Possiamo farle vedere?” chiese Chantelle a Amy.

      “Sta a te. Sei tu che volevi che fosse una sorpresa.”

      “Farmi vedere cosa?” esclamò Emily.

      Ma Chantelle e Amy parlavano tra loro. Si fece ancora più impaziente.

      “Ragazze, voglio sapere qual è la sorpresa!” esclamò.

      “Okay,” disse Chantelle. “Vieni con me.”

      Le prese la mano e la condusse per il basso corridoio che si apriva sulla sala da ballo. Ma invece di proseguire dritto svoltò a destra, lungo l’ancor più piccolo passaggio che conduceva a zigzag fino agli annessi esterni e al garage. Si fermarono davanti a una delle porte.

      Emily si accigliò, curiosa.

      “Non eravamo sicure di riuscirci,” le disse Chantelle. “Perché non volevamo usare una delle stanze della locanda. Poi Amy ha proposto uno degli annessi. Perciò…” Fece una pausa per ottenere un effetto drammatico, poi spalancò la porta.

      Emily sbatté le palpebre, poi trasalì. La stanzina era stata completamente trasformata. Invece delle pareti con mattoni a vista, i muri erano stati intonacati e dipinti di giallo. Invece del pavimento in cemento era stato posto del vinile, e sopra c’era un soffice tappeto. La stanza era piena di luci – da notte, natalizie e da discoteca che proiettavano stelle sui muri.

      “Che cos’è?” chiese Emily sconvolta.

      “È la stanza dei giochi!” esclamò Chantelle.

      Allora parlò Amy. “Pensavamo che sarebbe stato bello che le bambine avessero un posto dove giocare fuori dalla locanda. Un luogo in cui potessero fare tutto il rumore che vogliono senza disturbare nessuno degli ospiti. E un luogo dove tenere i giocattoli, in modo che non finiscano dappertutto.”

      Emily era molto commossa. La stanza era adorabile. Adesso doveva solo essere riempita di giocattoli!

      “La adoro, grazie mille,” disse abbracciando a turno Amy e Chantelle.

      Tornarono nel soggiorno in modo che Emily potesse riposare prima di ricominciare con il resto degli addobbi. Poi, una volta ristorata, ripresero il mastodontico compito di decorare la sala da ballo.

      “Lo sapete che cos’è che manca?” disse Emily una volta appesa l’ultima luminaria natalizia.

      “Che cosa?” chiese Chantelle.

      “Un albero di Natale!” esclamò Emily.

      Gli occhi di Chantelle si fecero tondi ed entusiasti. “Certo. Ma ce ne serve più di uno, no? Ce ne serve uno per la sala da ballo e uno per l’atrio. E uno da Trevor. E per la spa. E per il ristorante.”

      “Pare che vi serva un’intera foresta,” scherzò Amy.

      “E se ci andassimo tutti domani?” propose Emily. “Yvonne mi stava parlando di un bellissimo vivaio di alberi di Natale appena fuori città. Non è lo stesso in cui siamo andati l’anno scorso; questo dev’essere davvero enorme. Potremmo passarci una giornata, no?”

      “Può venire anche nonna Patty?” chiese Chantelle.

      Emily scosse la testa. “Parte oggi,” disse.

      L’espressione di Chantelle si fece abbattuta. Emily odiava vederla triste.

      “Perché non glielo chiedi tu?” suggerì.

      Patricia di recente l’aveva sorpresa. Magari sarebbe rimasta se le avessero detto di volerla con loro.

      Chantelle si precipitò fuori dalla sala da ballo giù per il corridoio fino a raggiungere Patricia, che si stava rilassando in soggiorno.

      “Nonna Patty!” esclamò Chantelle, la voce abbastanza forte da arrivare fino a Emily, che camminando a papera cercava di raggiungerla. “Puoi venire con noi a prendere l’albero di Natale domani?”

      Emily entrò nella stanza proprio mentre Patricia scuoteva la testa.

      “Ho prenotato un volo per casa,” disse Patricia. “Parte stasera.”

      “Per piacere,” disse Chantelle. Montò sul divano accanto a Patricia e le avvolse le braccia attorno al collo. “Voglio davvero, davvero che tu rimanga.”

      Patricia sembrava sconvolta dalla manifestazione di affetto. Diede una pacca sul braccio a Chantelle e alzò lo sguardo su Emily, che stava sulla soglia. Emily sorrise, toccata dalla scena dolce, da quanto amore Chantelle aveva da dare, anche a chi si era comportato in modi che avrebbero dovuto precluderlo. La capacità che aveva di perdonare e dimostrare gentilezza la ispirava sempre.

      “Be’, non voglio stare tra i piedi,” disse Patricia parlando a Chantelle ma rivolgendo le sue parole a Emily.

      “Non stai tra i piedi,” disse Emily. “Ci ha fatto molto piacere averti qui. E la locanda al momento non è certo piena. È il momento perfetto per rimanere. Se vuoi.”

      “Per piacere!” la implorò Chantelle.

      Alla fine Patricia sorrise. “Okay. Resterò e vi aiuterò a scegliere l’albero.”

      Emily capì che Patricia era commossa di essere stata invitata a restare, di essere la benvenuta dopo il suo comportamento cattivo e le terribili litigate che avevano fatto. Emily provò una soverchiante sensazione di gratitudine capendo che la vita poteva sempre volgere al meglio. Sembrava che non fosse mai troppo tardi per provare la gioia natalizia per la prima volta!

      CAPITOLO DUE

      Chantelle era felicissima

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