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il genitor.

      V’è alcun che può conoscere

      Il vero suo papà?..

      Mia madre era sensibile…

      Di tutti avea pietà.

      Lalarà – lalarà.

II

      Di scendere a Cartagine

      Giunone mi ha ordinato;

      Enea co’ suoi famelici

      Troiani è qui arrivato;

      Vuole l’amabil Dea

      Che quel briccon di Enea

      E la regina vedova

      Delirino d’amor.

      Quand’ella passerà,

      La freccia scoccherò;

      Se una non basterà,

      Venti ne scaglierò,

      Così quel sen grassissimo.

      Forse trapasserò.

      Mettiamci in breccia

      Coll’arco in mano…

      Ecco una freccia

      Che andrà lontano…

(guarda verso la galleria)

      Ella si appressa…

      È proprio dessa…

      Larà – Larà!

      Questa per certo

      La colpirà.

(tira il colpo e fugge)

      SCENA SECONDA

      Didone, Anna, Clivia, Berta, il Prefetto, il Questore, i Ministri, Dame, Damigelle, Paggi e Guardie.

      Didone (avanzandosi e salendo i gradini del trono). I nobili Troiani vengano tosto introdotti! (da sè) Che vorrà dire, sommi Dei, questo tremito che mi invade le membra? (siede sul trono).

      Anna. Mia sorella ha cambiato di colore… Non vorrei ch’ella fosse innamorata del mio biondo… (siede a lato di Didone).

      Did. (alle Dame). Ciascuna prenda il suo posto… il momento è decisivo… Mostriamo a questi illustri e sventurati eroi…

      SCENA TERZA

      Enea, Acate, Meronte, Ippanto, Clissandro ed altri Troiani. Ascanio condotto dalla nutrice si ferma presso al buffet nel fondo della sala. I suddetti.

      Enea. Eccoci, illustre Dido, ai piedi tuoi (si inchina davanti a Didone).

      Didone. Alzatevi, illustre troiano… Non vi prenda soggezione… non facciamo complimenti fra noi… (da sè) Per Giove! non so più quello che io mi dica…

      Enea. Proseguite, o regina…

      Did. Se i giornali della sera non hanno mentito, voi dovete essere quel nobile rampollo della regale famiglia di Anchise…

      Enea (con voce acutissima). E qual è dunque la diva che può leggere nel libro del mio cuore e penetrare di un solo sguardo nei reconditi abissi della mia genealogia?.. Voi l’avete detto: io sono pur troppo uno dei cinquanta sventurati che si chiamarono figliuoli del non mai giovane Anchise.

      Anna. Cinquanta figliuoli!.. Dunque… l’illustre vostro padre?..

      Enea. Sì, gentildonna… Il mio inclito padre (o chi per lui) si è compiaciuto di metter al mondo una cinquantina di rampolli…

      Did. Perdonate alla mia curiosità di donna: nascevano tutti da una sola madre quei vostri quarantanove fratelli?

      Enea. Tutti, o regina.

      Did. Il caso è abbastanza singolare, Nei vostri paesi, le donne debbono avere una costituzione di ferro.

      Enea. E gli uomini dei muscoli di acciaio…

      Did. (sottovoce). Muscoli di acciaio!.. Qual differenza col mio Sichéo!.. (a voce alta) Non potete immaginare quanto mi interessino questi gloriosi particolari della vostra origine… Ma, dove sono i vostri quarantanove fratelli? Voglio ben sperare che essi facciano parte del vostro numeroso seguito.

      Enea. I miei fratelli!.. i miei sessanta fratelli… Orrendo sovvenire!.. Essi perirono tutti quanti nell’incendio che consumò la mia misera patria… Di questi settanta fratelli non me ne resta che un solo… il minore di tutti… (volgendosi ad Ascanio) Dove sei, Ascaniuccio?.. Avvicinati… Ah! Lo vedete… egli non può staccarsi dal buffet (avvicinandosi ad Ascanio e traendolo per un orecchio presso i gradini del trono) Vergogna! Leccare il piattello delle confetture!.. Fa il tuo dovere colla regina… (sottovoce) non dimenticare di consegnarle il bigliettino…

      Ascanio (saltando sulle ginocchia di Didone). Oh la cara, la bella signora!..

      Did. (accarezzando Ascanio). S’è mai veduto il più leggiadro fanciullo?.. Che bella capigliatura!.. che tinta rosea!.. sembra un amore… Ah!.. (la regina mette un grido e porta la mano al seno).

      Asc. (staccandosi da Didone e correndo verso Enea). Ti pare, papà, che io abbia fatto il mio colpo per benino?..

      Anna (alle vicine). Quel bricconcello ha introdotto un bigliettino nel corsetto di mia sorella. Senza dubbio una dichiarazione…

      Enea (sottovoce ad Ascanio). Bravissimo! A suo tempo ti comprerò le caramelle… (Ascanio percorre i vari gruppi. Anna, Clivia, Rubinia e le altre donne se lo prendono fra le braccia, ed egli porta in giro e distribuisce biglietti d’amore).

      Did. (da sè). Quel fanciullo mi ha messo l’incendio nel petto… (ad Enea) Ma… a proposito di incendio… sareste voi tanto cortese… sareste voi tanto amabile… o re dei Troiani… da voler raccontare per filo e per segno… o se meglio vi pare, per segno e per filo…

      Enea (da sè). Questa donna non ha più testa… (a voce alta) Ah! voi sareste tanto buona… – che dico? – tanto paziente, da porgere orecchio alla istoria luttuosa della mia misera patria?..

      Did. Credo che questo mio desiderio sia vivamente condiviso dalle mie dame, dai miei onorevoli ministri, da quanti si trovano qui presenti – non è vero?.. (rumori diversi) Compiacetevi di sedere, o illustre Enea (additandogli il tabouret che sta nel mezzo della sala); quello sgabello è destinato a voi… I vostri non meno illustri compagni scelgano il posto che loro torna più comodo…

      Troiani. Avviciniamoci al buffet.

      (Si formano varii gruppi. Enea siede nel messo della scena, volgendo la fronte alla Regina. I Troiani vanno nel fondo della sala, presso il buffet. Ascanio continua a girare fra le dame che a loro volta gli consegnano dei bigliettini da trasmettersi a questi o a quelli).

      Enea (solleva colla mano i capelli, si percuote la fronte per adunare le proprie reminiscenze, indi prorompe con enfasi). Infandum, regina, jubes renovare dolorem.

      Did. Illustre Enea… perdonatemi… ma questo linguaggio mi riesce un po’ duro.

      Enea. Compatite… Senza avvedermene… io adoperava una lingua a voi affatto straniera… la lingua dell’avvenire…

      Did. Preferisco il vostro facile e melodioso dialetto.

      Enea. Voi già avrete letto nei giornali, o illustre regina, come dopo dieci anni di assedio, i perfidi greci, sotto pretesto di offrire a’ miei concittadini un pegno di conciliazione, per una breccia praticata nelle mura, introducessero in Troia un cavallo di legno, nel cui ventre smisurato stavano rinchiusi non meno di mille individui armati ed equigaggiati di tutto punto.

      Voci diverse. Bam! boum! piff! puff!

      Enea (da sè, trasalendo). L’avrei forse sparata troppo grossa?

      Did., le donne. In un ventre mille armati!

      Uomini (l’uno all’altro sottovoce).

      Ti te credet? – Hin tutt ball!(a Enea)

      Va

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