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di entusiasmo, per le quali si manifesta così eloquentemente la concordia dei vostri principii, mi commuovono ad un tempo e mi rassicurano. Quando un popolo… Che dico?.. quando una grande e forte nazione dimostra, come voi avete dimostrato in questo momento, di avere una volontà sola, di mirare ad un solo scopo; questo popolo, questa nazione non hanno più nulla a temere da nemici esteri ed interni.

      Voci. Viva la Repubblica!

      Altri. Viva la democrazia!

      Altri. Abbasso i tiranni del popolo!

      En. (discende dallo sgabello e parla ad Acate sotto voce). Tangheri! discutono la forma di governo, e l’Italia finora non esiste che nella loro immaginazione! Il mio buon popolo ha fame… Queste grida sovversive non possono provenire da altra cagione… Lo crederesti, fedelissimo Acate? In questo momento anch’io sarei disposto a cedere la mia corona per un buon pollo arrostito… (a voce più alta). Prendi questa chiave, fedelissimo Acate. Là fuori, nella mia valigia, troverai una scatola di legno intarsiato che racchiude del cioccolatte di prima qualità… Distribuirai una tavoletta a ciascuno…

      Ac. Ma!..

      En. Che?.. (rinforzando la voce) Vorresti forse vietarmi?..

      Ac. Io non dico…

      En. (ancora più forte). Respingo ogni consiglio di economia quando si tratta di soddisfare ai legittimi voti del mio buon popolo…

      Voci. Abbasso il ministro delle finanze! Viva Enea… e la monarchia assoluta!

      Ac. Io mi affretto ad obbedirvi, piissimo Enea. (Il birbone mi giuocò un brutto tiro, ma a suo tempo prenderò la rivincita).

      En. (volgendosi a Meronte, e parlando a voce alta in modo che tutti abbiano ad udirlo). Credete voi che esistano nel nostro regno dei cittadini illustri e benemeriti, i quali non siano per anco insigniti dell’ordine mauriziano?

      Mer. Io credo che, ad eccezione di due o tre ciabattini, di due o tre brumisti ed altri pochi di condizione meno elevata, tutti gli altri furono già decorati.

      En. (da sè). (Non mi fa stupore che qualcuno abbia gridato: viva le Repubblica!) Onorevole Meronte! Prima di sera mi darete i nomi di questi pochi illustri, troppo ingiustamente obliati dal nostro governo. Tutti quanti siamo figli di una istessa patria – esuli tutti sovra terra straniera, abbiamo patito comuni sventure, abbiamo diviso tutti i pericoli e tutte le vittorie. È tempo che i privilegi sieno aboliti, che cessino le distinzioni di casta… Per ottenere la perfetta uguaglianza, oggimai io non vedo altro mezzo fuor quello di generalizzare il cavalierato, accordando la croce di San Maurizio a quanti la desiderano. (Enea sospende il suo discorso, oltremodo sorpreso che nessuna voce si levi ad applaudirlo; ma la sua meraviglia si accresce in vedere che tutti i suoi Troiani, compresi i due ministri Ippanto e Clissandro, sono usciti dalla sala). Che vuol dire questa novità?..Meronte… Presto! correte!.. (Meronte esce). Ah! mi sembra di indovinare… Qualche disordine a proposito del cioccolatte… Decisamente il mio buon popolo ha fame…

      (Meronte, Ippanto, Clissandro, Acate rientrano in scena sgomentati).

      Ac. (ad Enea). Se Vostra Maestà non provvede tosto…

      Mer. Se si tarda un quarto d’ora…

      Ipp. So non vi affrettate a soddisfare i legittimi desiderii del popolo…

      Clis. Insomma… se non si pensa a procacciare delle vettovaglie…

      En. Ma dunque… il cioccolatte?..

      Ac. Vi si gettarono come tanti canonici affamati… e pare che la fame generale, invece di spegnersi…

      Clis. Sentite quali grida!

      En. Io non sento nulla!..

      Voci. Al saccheggio! al saccheggio!

      Clis. Li avete intesi adesso?..

      En. Sì… qualche cosa mi sembra di aver inteso… Basta!.. cerchiamo se è ancora possibile… (squillo di trombe interne). Che vorrà dire questo suono?.. Forse la regina col suo corteggio… Presto! adunate la mia gente… Promettete che fra due minuti verrà loro servita una splendida colazione. (Meronte, Clissandro, Ippanto conducono i Troiani. – La porta laterale, che mette agli appartamenti della regina, si apre).

      SCENA OTTAVA

      Due trombettieri – il Prefetto corte, i Ministri di Didone, Deputati e Senatori, ufficiali – e detti.

      I trombettieri si fermano sulla porta ad intuonare una marcia; Enea, dopo aver richiamato intorno a sè i suoi ministri Acate, CLISSANDRO, IPPANTO e Meronte, si inchina fino a terra. I seguaci di Enea non cessano di far rumore, si danno degli spintoni per farsi innanzi, mentre il loro condottiero, colle mani dietro la schiena, fa dei gesti per imporre la calma.

      Pref. In nome della regina Dido, salvete, o illustri Troiani!

      Enea (inchinandosi fino a terra). Eneas troianus prenceps gratias agit vobis quamplurimas!

      Pref. Mi spiace di non poter comprendere la vostra bellissima lingua, e più ancora mi duole di non poter esprimere nel vostro gentile idioma il graziosissimo invito di Sua Maestà la regina… la quale vi fa offrire, pel mio labbro, una piccola refezione di pane e salame in altra delle sue cucine. (Gran movimento nelle file dei Troiani. Enea, colle mani dietro la schiena, non cessa di far dei gesti per tenerli in freno).

      En. Vi sono delle offerte che sempre suonano accette e graditissime in qualunque idioma esse vengano espresse… Tanto io, come questi miei prodi colleghi siamo oltremodo commossi e riconoscenti alla magnanima regina di Cartagine delle sue splendide esibizioni… Ma pure… Ahi, lassi!.. Noi siamo esuli, siamo emigrati, non rivedremo più mai la patria diletta, condannati ad errare di terra in terra in cerca di un punto solido per fondarvi il nuovo regno d’Italia. Emigrati!.. Il dolore è il nostro pane, le lacrime sono la nostra bevanda… e nessuno di noi oserebbe portare al labbro alcun cibo… (volgendosi ai Troiani che battono i piedi e ringhiano sinistramente). Comprendo la vostra opposizione, illustri colleglli!.. Voi mi ammonite che sarebbe un far torto alla generosa, alla disinteressata cortesia della nostra ospite regale, rifiutando le sue grazie… Accettiamo dunque ciò che liberalmente ci viene offerto… (volgendosi di nuovo al Prefetto) Eccellentissimo signor Prefetto di palazzo, noi siamo agli ordini vostri. Favorite indicarci la strada più breve… (si accorge che tutti i suoi uomini si urtano per uscire dalla porta di mezzo) Quei bricconi hanno indovinato la porta della cucina!.. L’appetito aguzza l’odorato… (inchinandosi al Prefetto) Bisogna che io mi affretti a seguirli (e facciano gl’immortali che io giunga in tempo!)

      (Enea si apre il passaggio a spintoni, ed esce per la porta di mezzo. Il Prefetto si ritira).

      SCENA NONA

Ministri – Senatori – Deputati

      Min. fin. (offrendo tabacco ai suoi colleghi). Una refezione così lauta a circa quattrocento individui!.. Questa nuova spesa dello Stato mi autorizza… anzi mi obbliga ad aprire un nuovo prestito – ed io lo farò votare non più tardi di domani. – Siete voi disposti ad appoggiarmi, onorevoli amici? (Si formano vari crocchi. I Deputati si tirano l’un l’altro per le code dei frak – si parlano all’orecchio – ed escono dalla sala. Il Ministro delle finanze sogghigna sotto i baffi, e tirando una gran presa di tabacco, soggiunge a bassa voce:) Voteranno… Li faremo votare… Nei prestiti, c’è da far bene per tutti… Come vivrebbero i deputati se non ci fossero i prestiti? (escono).

CALA IL SIPARIO

      ATTO SECONDO

GRAN SALA DELLE CARIATIDI

      Tre porte. Due troni, l’uno a destra, l’altro a sinistra. Vari sgabelli in giro. Nel mezzo della scena, fra i due troni, un tabouret con cuscini. – In fondo della sala un buffet lautamente imbandito di pasticcini, gelati, pezzi duri, ecc., ecc.

      SCENA PRIMA

      Cupido entra in scena armato di varii dardi, e si pone a sedere sovra una tavola cantarellando.

I

      Io

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