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Convennero nella Dieta, secondo il solito, molti Principi, Marchesi, Conti, Giudici, ed anche molti dell'Ordine ecclesiastico, come Arcivescovi, e Vescovi. Fu allora, che stabilì questo Principe quelle leggi, che abbiamo nel libro primo e secondo delle leggi longobarde[105], le quali dall'antico Compilatore di que' libri furono all'altre aggiunte, come stabilite da Errico, che se non ancora Imperadore, era stato però Re d'Italia acclamato, dopo fugato Ardoino. Altre leggi accenna il Sigonio[106], e moltissime altre furono raccolte da Goldasto[107].

      Portossi indi a poco Errico in Ravenna, donde spedì Legati in Roma al Pontefice Benedetto VIII per li quali gli espose esser apparecchiato venir in Roma a prender l'insegne e la Corona imperiale[108]; tosto si incamminò per quella città, ove accolto benignamente dal Papa e da' Romani, secondo il costume fugli con solita cerimonia e celebrità da quel Pontefice posta la Corona imperiale, ed Augusto dal Popolo fu proclamato: indi avendo confermati i privilegi alla Chiesa romana conceduti da' suoi predecessori non molto da poi tornossene in Germania, ove era richiamato. Così l'Imperio ed il Regno d'Italia dalla stirpe degli Ottoni passò nella Casa de' Duchi di Baviera nella persona d'Errico II ed Ardoino che poco men di due anni tenne il Regno d'Italia, perduta ogni speranza di riacquistarlo, si vestì Monaco in un monastero presso Turino.

      Ma mentre Errico imperava nell'Occidente, e Basilio nell'Oriente, accaddero in queste nostre regioni avvenimenti così portentosi e grandi, che finalmente tutti terminarono nella dominazione d'una nuova gente la quale da tenuissimi principj, per mezzo delle loro valorose azioni potè unire queste nostre Province, già in tante parti divise, e a tanti Principi sottoposte, sotto un solo Moderatore, e che finalmente in forma d'un ben fondato e stabil Regno le riducesse. Furono questi i prodi e valorosi Normanni, l'origine de' quali, e le loro famose gesta saranno ben ampio e luminoso soggetto de' seguenti libri di questa Istoria.

      CAPITOLO VI

      Politia ecclesiastica di queste nostre province per tutto il decimo secolo insin alla venuta de' Normanni

      La politia ecclesiastica, che si vide a questi tempi introdotta presso di noi, comincia ad avere qualche rapporto alla presente, per quanto s'attiene all'innalzamento de' Vescovi in Metropolitani. I Papi, per la concessione del Pallio, trassero a se per nuovo diritto la ragione sopra i Vescovi, obbligandogli ad andare in Roma a riceverlo, innalzandogli a Metropolitani. Trasse quindi origine la pretensione, che le cause delle loro diocesi per appellazione, o per negligenza in trattarle dovessero portarsi a Roma: ed infine di voler soprantendere a tutti i loro affari; ed eressero perciò molti nuovi Metropolitani e Vescovi. Ebbero in ciò tutto il favore degli Ottoni Imperadori d'Occidente, e d'Ottone I sopra ogni altro, li quali contro l'ambizione de' Patriarchi di Costantinopoli gli difesero, facendo valere la loro autorità anche sopra alcuni di quegli Stati, che s'appartenevano all'Imperio greco. Aveva Ottone I forte cagione di sostenergli, poichè niuno Imperadore fu cotanto da' romani Pontefici favorito, quanto lui. Se tra' Scrittori ancor si disputa del Sinodo tenuto da Adriano in Roma, dove narrasi essere stata data a Carlo M. la potestà di eleggere il Papa; non si dubita però che Lione VIII in un general Concilio tenuto nell'anno 964 in Laterano avesse ad Ottone M. ed a tutti gl'Imperadori germani suoi successori conceduto in perpetuo, non pure il Regno d'Italia ed il Patriziato romano, ed avesse con indissolubil nodo unito l'Imperio d'Occidente col Regno germanico, ond'è che Ottone, ed i suoi successori furono poi Sovrani di Roma; ma ancora d'ordinare la Santa Sede, ed eleggere il Papa a suo arbitrio e piacere. Confermogli ancora, ciò che Adriano avea conceduto a Carlo M. il diritto dell'investiture, dandogli potestà coll'anello e col bastone investire gli Arcivescovi ed i Vescovi delle loro Chiese. Di questo Concilio tenuto in Roma ne rendono testimonianza Luitprando[109], Ivone Carnotense[110], donde il prese Graziano[111], che volle pure inserirlo nel suo decreto; e Teodorico di Niem da un antico Codice fiorentino lo inserì anche nel suo Trattato delle Ragioni, e Privilegj dell'Imperio[112].

      Così vicendevolmente favorendo l'un l'altro, vennesi molto più a corrompersi l'antica disciplina, ed il mutarsi l'antica disposizione delle Chiese. I Papi perciò più Vescovi ordinarono, e più metropoli cressero; ma l'innalzamento di queste si vide che facevasi, secondando la disposizione delle città dell'Imperio, con adattarsi sempre la politia ecclesiastica alla temporale; siccome appunto accadde in queste nostre province.

       Principato di Capua

      Tra le città più cospicue ch'erano in quelle province sottoposte a' Longobardi, si è veduto essere state Benevento e Salerno; ma ora Capua sopra ogni altra estolse il capo. Quindi (non volendosi tener conto di ciò che si facessero i Patriarchi di Costantinopoli nelle città al greco Imperio sottoposte) la prima città del nostro Regno, che fosse stata da' romani Pontefici innalzata ad esser metropoli, fu Capua. A Lodovico Imperadore era venuto in pensiero nell'anno 873 di render Capua metropoli; ma, come narra Erchemperto[113], frastornato per altre cure, non ebbe questo suo pensiero effetto. Ma nel Pontificato di Giovanni XIII, patendo costui fiere persecuzioni da' principali Signori romani, che lo discacciarono da Roma, venendo a Capua, fu cortesemente accolto dal Principe Pandulfo; il Papa riconoscente di questo beneficio, nell'anno 968 in grazia sua innalzò Capua ad esser metropoli, e consecrò Arcivescovo di quella Giovanni fratello del Principe[114]. Ebbe per suffraganei i Vescovi d'Atina, il qual Vescovado a' tempi di Papa Eugenio III fu soppresso, quello d'Isernia, che prima andava unito colle Chiese di Venafro e di Bojano, l'altro di Sessa, che poi si sottrasse da questa metropoli, e fu posto sotto l'immediata soggezione del Pontefice romano; ed in decorso di tempo multiplicandosi tuttavia in questo Principato più Vescovi, ebbe ancora per suffraganei, siccome oggi ritiene, i Vescovi di Cajazza, di Carinola, di Calvi, di Caserta, di Teano e di Venafro. Furon anche suoi suffraganei i Vescovi d'Aquino, di Fondi, di Gaeta e di Sora, ma sottratti da poi dalla Chiesa di Capua, furono immediatamente sottoposti alla Sede Appostolica.

       Principato di Benevento

      Il Principato di Benevento, non meno che quello di Capua, meritava ancora quest'onore; la sua estensione sopra tutti gli altri Principati e Ducati maggiormente lo richiedeva. Quindi si vede sopra tutti i Metropolitani del nostro regno, l'Arcivescovo di Benevento aver ritenuti ancora più Vescovi suffraganei. Fu pure un'anno appresso nel 969, innalzato Benevento dallo stesso Pontefice Giovanni XIII, ad esser metropoli: e siccome era quella riputata capo d'un sì ampio Principato, così secondando la politia della Chiesa quella dell'Imperio, si vide il Vescovo di Benevento Capo di tutte le Chiese del suo Principato. Fu in grazia dell'Imperador Ottone e del Principe Pandulfo costituito Arcivescovo di Benevento Landolfo, a cui Papa Giovanni concedè il Pallio, ed il titolo di Metropolitano[115]. Ciò che di particolare si osserva in questa Chiesa si è, che il Vescovo beneventano prima d'essere innalzato al grado di Metropolitano, ebbe Siponto, e molte altre Chiese cattedrali a se soggette. Egli fu il più favorito non men da' Pontefici romani, che dagli Imperadori, e da' suoi Principi di innumerabili prerogative e privilegi. Costui un tempo videsi fregiato di quelle due insigni prerogative, le quali oggi al solo Pontefice romano sono riserbate, cioè di portar la mitra rotonda a guisa dell'antica Tiara pontificia con una sola corona fregiata d'oro; e di portare, mentre andava visitando la provincia, il Venerando Sacramento dell'Altare; ed ora pur ritiene a guisa de' romani Pontefici l'uso di segnare col sigillo di piombo le sue Bolle. Un tempo l'Arcivescovo di Benevento ebbe la temporal Signoria della città di Varano con molte altre terre e castelli, ed esercitava giurisdizione in molti luoghi, ed ora i suoi Vicarj sono Giudici ordinarj in grado d'appellazione delle cause civili tra' laici: e sopra le ville di S. Angelo, e della Motta, secondo che rapporta Ughello[116], ritengono ancora il mero e misto imperio.

      L'estensione del suo Principato portò ancora in conseguenza, che il numero de' Vescovi suffraganei fosse maggiore di quanti mai Metropolitani fossero in queste province. Ne riconobbe un tempo fino a trentadue,

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<p>105</p>

Lib. 1 l. 36, 37 de homicid. lib hom. l. 4 de Parricid. lib. 2 l. 16 de prohib. nupt. V. Struv. hist. jur. Germ. §. 15.

<p>106</p>

Sigon. ad A. 1013.

<p>107</p>

Goldast. tom. 3 p. 311, 312.

<p>108</p>

Ostiens. l. 2 c. 31. A. 1014.

<p>109</p>

Luitpr. l. 6 c. 21.

<p>110</p>

Ivo in Pannom. l. 8 c. 156.

<p>111</p>

Grat. c. 23 dist. 63.

<p>112</p>

V. Struv. hist. Jur. publ. §. 2.

<p>113</p>

Erchemp. n. 36.

<p>114</p>

Leo Ostiens. l. 2 c. 9. Sigon. l. 7. A. 966. Baron. Annal. ad A. 968. Pellegr. in Serie Ab. Cass. in Aligern. pag. 37.

<p>115</p>

Anon. Salern. part. 7 n. 5 ed ivi Pellegr. Chron. Monast. S. Bart. de Carpineto, l. 1. V. Baron. ad A. 968 n. 66. Marium Viper. in Chron. Episc. et Archiep. Ben. l. 2.

<p>116</p>

V. Ughel. Ital. Sacr. de Archiep. Ben.