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su la credenza, ch'egli ne fosse Autore, dicendogli, che delirasse per tutto il libro) fiorì prima del Concilio di Lione. Ostiense, che avanti questo Concilio scrisse la sua Cronaca ed Agostino Triunfo, che poco da poi scrisse dell'istituzione de' sette Elettori, a' tempi di Gregorio V la riportano, e ne parlano come di cosa molto antica: ond'è molto verisimile, che avesse avuto il suo principio ne' tempi del Concilio di Lione. Di vantaggio i sette Elettori, che si noverano in questo Concilio, sono diversi da coloro che sono ora, e che furono anticamente. Martino Polono fin ne' suoi tempi narra essere stati i tre Cancellieri, cioè l'Arcivescovo di Magonza Cancelliere della Germania, quello di Treveri Cancelliere della Francia, e l'altro di Colonia Cancelliere d'Italia; e quattro altri Principi pure Ufficiali dell'Imperio, il Marchese di Brandeburgo gran Camerario, l'Elettor Palatino Dapifero, il Duca di Sassonia Portaspada, ed il Re di Boemia Pincerna. Quelli però, che si contano nel Concilio di Lione sono altri, i Duchi d'Austria, di Baviera, di Sassonia e di Brabanzia, ed i Vescovi sono quelli di Colonia, di Magonza e di Salsburgo.

      In tanta varietà di pareri, sembra più verisimile, che a questi tempi d'Ottone III fossesi istituito il Collegio degli Elettori; ma che ne' susseguenti poi si ponesse in uso, e fosse praticato, che nell'elezione intervenissero solamente sette Elettori[98]; poichè gravissimi Autori narrano, che Ottone disperato di prole, perchè non accadessero sedizioni nell'elezione del suo successore, avesse consultato con Gregorio V il modo da tenersi nell'avvenire per l'elezione degl'Imperadori, nel che bisognò anche, che v'intervenisse il consenso de' Principi della Germania, a' quali s'apparteneva tal elezione: ed egli è credibile, che per lo bene della pace alcuni credessero questa loro ragione, con restringere, per evitar le confusioni ed i partiti, il numero degli Elettori a sette: se bene l'Istoria ne accerta che non così tosto si ponesse in pratica tal istituto, poichè molti Principi non volendo cedere questa loro prerogativa, vollero anche intervenire nell'elezioni. Così leggiamo, ch'Errico successore d'Ottone, non da sette Elettori, ma da' Principi della Germania, dice Nauclero, essere stato eletto, e restano ancora altri esempi consimili di essere intervenuti più Principi e Prelati della Germania, tanto che tra le Epistole di Gregorio VII n'abbiamo una di questo Pontefice drizzata a tutti i Vescovi, a' Duchi, e Conti della Germania per l'elezione d'un nuovo Re nel caso, che Errico non s'emendasse. Così facilmente s'accorderanno fra loro quelli, che dicono il Collegio de' sette Elettori sotto Ottone III essere istituito, e quelli che non prima di Gregorio X o d'Innocenzio IV vogliono avesse avuto principio, poichè questi parlano dell'uso e della pratica, quelli del solo istituto.

      Dal che si conosce ancora, la vanità del Bellarmino in questo proposito, e de' suoi seguaci non esser inferiore a quell'altra della translazione dell'Imperio ai Franzesi nella persona di Carlo M. o ne' Germani in quella d'Ottone, in volendo all'autorità del Papa attribuire questa istituzione; poichè nè il Papa, nè l'Imperadore istesso, senza il consenso de' Principi della Germania, del cui pregiudizio trattavasi, potevano restringere a' soli sette Principi questa facoltà, con spogliarne gli altri; nè potevan farlo, siccome in fatti non lo fecero; e gli Scrittori testimoniano, che col consenso degli altri Principi si restringesse a sette questa prerogativa. La Cronaca antica, della quale alcuni vogliono, che ne fosse Autore Alberto Stadense nell'anno 1240 porta, che per consenso de' Principi i Vescovi di Treveri e di Magonza eleggono l'Imperadore; ed Agostino Triunfo[99] narra, che nel tempo di Ottone, Gregorio V, avendo convocati e richiesti i Principi d'Alemagna, avesse istituiti i sette Elettori. Leopoldo[100] rapporta ancora, che in tempo d'Ottone III, che non ebbe figliuoli, fu istituito, che per certi Principi della Germania Ufficiali dell'Imperio, ovvero della Corte imperiale s'elegesse l'Imperadore; ma sopra tutti niuno più diligentemente ci descrisse questa istituzione di Nauclero[101], il quale dice, che Ottone III non avendo prole maschile, per consiglio de' Principi della Germania, stabilì, che morto l'Imperadore, in Francofort dovesse farsi l'elezione, costituendo per Elettori tre Arcivescovi, e quattro altri Ufficiali dell'Imperio di sopra rapportati; onde poi fu introdotto, che a soli questi Elettori s'appartenesse eleggere l'Imperadore, il quale non era così chiamato ma solamente Cesare, e Re de' Romani, se non dapoichè in Roma dal Pontefice non fosse stato incoronato. Così l'Imperadore Ottone trascelse tra tanti Principi sette Ufficiali dell'Imperio per Elettori, forse per consiglio del Papa, ma principalmente per consenso dei Principi, che cederono alla lor ragione; ed il Pontefice Gregorio V approvò lo stabilimento fatto per consenso de' Principi. Tanto che tal istituzione non al Papa, ma più tosto all'Imperadore, e sopra tutto ai Principi stessi della Germania deve attribuirsi, siccome osservò ancora il Cardinal Cusano[102]. E se bene, come si è veduto, non così tosto che fu ciò stabilito, si fosse posto in pratica; nulladimeno da poi col correr degli anni, i Principi della Germania anteponendo il ben pubblico a' privati interessi, cedendo a' loro diritti a sette solamente restrinsero gli Elettori; i quali riconoscono tal autorità non dal Papa, nè dall'Imperadore, ma dal consenso comune di tutti coloro, a' quali prima appartenevasi tal elezione; e l'autorità Imperiale tutta dalla loro elezione dipende, non da altri; e se il costume fu di prender la corona d'oro in Roma dal Papa, ciò non fu riputato, che per una solennità e cerimonia, siccome degli altri Principi, che sogliono farsi ungere ed incoronare dai proprj Vescovi, come abbiam veduto de' Re d'Italia, di Francia, di Spagna, ed altri: tanto che Massimiliano Imperadore presso al Guicciardino[103], in una concione, che fece agli Elettori prima di passar in Italia, si protesta, e lor disse, ch'egli avea deliberato di passare in Italia per ricevere la corona dell'Imperio con solennità (come è noto più di cerimonia, che di sostanza) perchè la dignità e l'autorità imperiale dipende in tutto dalla vostra elezione.

      L'istituzione adunque di questo Collegio Elettorale, se bene avesse avuto il suo principio sin da' tempi d'Ottone III non fu però messa in esecuzione nell'elezione d'Errico Duca di Baviera, che gli succedè; poichè questo Principe, secondo il solito modo, fu fatto Re di Germania da' Principi e Prelati di essa. Intanto i nostri Italiani, scorgendo che Ottone non avea di se lasciati figliuoli, aspirarono di nuovo a ridurre l'Imperio ed il Regno d'Italia nelle loro mani. Infatti Ardoino in Pavia fu Re d'Italia proclamato, e tenne il Regno, ancorchè combattuto da Errico, poco men di due anni. L'Arcivescovo di Milano reputando a suo disprezzo ciò che s'era fatto in Pavia intorno all'esaltazione d'Ardoino senza sua autorità, mosse Errico a discacciarlo dal Trono. Non solo i Pontefici romani, ma sino gli Arcivescovi di Milano pretendevano, che l'elezione de' Re d'Italia appartenesse a loro; e ciò che prima fu istituito per sola solennità, e cerimonia di farsi i Re da loro ungere ed incoronare, da poi la pretesero di necessità, e che assolutamente ad essi s'appartenesse l'elezione. Documento (siccome infiniti altri se ne scorgeranno nel corso di quest'Istoria) che devono i Popoli ed i Principi guardarsi molto bene ne' proprj affari, in tutto ciò che appartiene ad essi, di non farvi ingerire i Preti, poichè costoro ciò che prima ricevono per cortesia, o riverenza dovuta alla loro dignità, da poi lo pretendono di necessità, anzi con somma ingratitudine niegano poi riconoscerlo da essi, ed alla loro autorità e carattere l'attribuiscono. Così Arnulfo Arcivescovo di Milano (se dee prestarsi fede al Sigonio) tenne un Concilio di suoi Vescovi, e depose Ardoino, conferendo il Regno d'Italia ad Errico. Tanto che per questo fatto ne restarono gravemente offesi i Pontefici romani per le deposizioni, che vantano di poter essi soli fare di Regni ed Imperj, giacchè allora fin gli Arcivescovi di Milano tentarono di farlo per li Re d'Italia. Mandò per tanto Errico, invitato da Arnulfo, in Italia il Duca Ottone per discacciarne Ardoino, e fu guerreggiato con dubbia sorte: ma Arnulfo scorgendo, che non poteva così facilmente discacciar d'Italia Ardoino, il quale devastava tutto il Milanese, s'adoperò in maniera per Legati, che Errico in persona calasse in Italia: vennevi questo Principe con potente armata, prende Verona, ove Ardoino erasi presidiato, e lo confina in Pavia, e cintala di stretto assedio tosto la riduce in sua potestà, e con incendj e saccheggiamenti, la riduce in cenere[104]: da poi portatosi a Milano fu in questa città immantenente incoronato Re d'Italia dall'Arcivescovo; onde molti dei nostri Italiani, abbandonato Ardoino, s'unirono al partito dell'Arcivescovo e d'Errico.

      Fu allora, che avendo Errico debellato e distrutto li suo emolo, portossi in questo anno 1013 presso Roncaglia, dove seguitando i vestigi, de' suoi maggiori, tenne una Dieta, e molte leggi da lui furono stabilite, le quali come Re d'Italia

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<p>98</p>

V. Dupin. de antiq. Eccl. disc. dis. 7.

<p>99</p>

August. Triumphus l. de potest. Ecclesiae, qu. 35.

<p>100</p>

Leopold. de Jure Imperii c. 3.

<p>101</p>

Naucl. generat. 34. A. 994.

<p>102</p>

Card. Cusan. de Concor. Cact. l. 3 c. 4.

<p>103</p>

Guicc. hist. l. 7.

<p>104</p>

V. Pellegr. in Append. pag. 300 et igne cremavit eam.