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essere baciata da voi.

Cesare

      (impallidisce, si confonde, si agita dentro; indi si leva, passeggia su e giù, siede presso il tavolino.)

Giacomo

      (entrando dal fondo) Babbo!

Cesare

      (sconcertato) Che c'è, Giacomo!

Giacomo

      (si avanza un poco, senza accorgersi di Nellina. Appare cogitabondo, ma calmo e risoluto. Parla a suo padre con affettuoso rispetto.) Puoi darmi qualche minuto?

Cesare

      Sùbito?

Giacomo

      Sì, ho premura di parlarti.

Cesare

      Abbi pazienza, Giacomo: in questo momento sono un po' turbato…

Nellina

      (per avvertire della sua presenza Giacomo, fa cadere a terra il suo piccolo portasigarette.)

Giacomo

      (ode il rumore, si volta un istante e, nel vedere Nellina, intuisce di essere entrato in mal punto.)

Nellina

      (senza scendere dal divano, raccoglie il portasigarette.)

Cesare

      Appena rimessomi, sarò a tua disposizione.

Giacomo

      Va bene, babbo. (Via dal fondo.)

Cesare

      (nervosissimo, guarda i liquori, prende il suo bicchiere e osserva che ce n'è un altro adoperato.) Avete bevuto voi in quest'altro bicchiere?

Nellina

      Sì.

Cesare

      (con reticenza)… Volete ancora?

Nellina

      No.

Cesare

      (Beve sino al fondo.) (Pausa.) (Poi, con la voce più tremula, più roca) Nessuna donna ha mai avuto ribrezzo di me. Ed è strano che ne abbiate proprio voi, a cui ho fatto un po' di bene. Non è pudore, no, perchè il pudore non vi consentirebbe certe vostre piccole audacie di sfrontatezza; e non è neppure quell'odio misterioso che voi v'immaginate di nudrire per tutti gli uomini. È bensì una speciale ribellione contro di me: una ribellione sorda e maligna, che mi rende ogni giorno più inquieto, più torbido, più sofferente… più febbricitante!

Nellina

      (ha gli occhi spalancati e biechi, fissi su lui in un misto di paura e di ferocia recondita.)

Cesare

      (si leva e continua affannosamente:) Io lo so, io lo so, che non dovrei tormentarvi. La coscienza me lo grida. Io mi sdoppio e chiedo a me stesso per quale triste fenomeno io abbia sentite, ad un tratto, le più ossessionanti attrattive della donna nella fanciulla che mi spetterebbe di proteggere… E, forse, chi sa, avrei potuto a tempo contenere i miei istinti se avessi scorta in voi una certa bontà per me. Sì, in tal caso, forse avrei potuto ragionare, avrei potuto sorvegliarmi. Ma, invece, il vedervi perennemente con quella faccia solcata dai segni del rancore e della ostilità, il vedervi sempre tutta pronta a difendervi ingiuriando la mia persona, mi dà le vertigini, mi dà dei brividi che mi fanno temere… di trascendere fino a una violenza, di cui io stesso non saprei sopportare la vergogna. (Acceso in volto, col corpo oscillante, sorreggendosi alla spalliera di una sedia) Badate, Nellina!.. Io ve lo avverto… Io ve lo avverto… Non vi ostinate ad avvilirmi, non vi ostinate a difendervi troppo, se volete… che io vi lasci in pace!

Nellina

      (con le labbra livide di rabbia rattenuta, con le braccia incrociate e strette al petto fino ad afferrarsi le spalle, tutta tremante, quasi rimpicciolendosi e sogguardandolo, scende dal divano. Vorrebbe scappare, ma, pur vedendolo come disfatto, teme la sua ira. Col passo pauroso, sempre coi vigili sguardi fissi su lui, raggiunge, a poco a poco, la porta a destra, e, dopo averlo ancora sogguardato, esce di corsa.)

Cesare

      (cadendo sopra una sedia, e covrendosi il volto con le mani) Dio!.. Dio!.. Che cosa faccio!?..

SCENA IVCESARE, DON CANDIDO, GIGETTA, poi NELLINADon Candido

      (entra affaccendatissimo, ansimando) Signor Cesare…

Cesare

      (padroneggiandosi) Già di ritorno, don Candido?

Don Candido

      … L'ho incontrata… l'ho incontrata… per istrada. Era in carrozza… Impensierita alquanto della vostra assenza più prolungata del solito, stava per venire da voi. Io ho cercato di evitarvi questo incomodo… Le ho consegnato la lettera, le ho consegnato i quattrini, le ho detto il fatto suo e sono stato… laconico ed esauriente. Ma, viceversa, non ho esaurito nulla. La Gigetta mi ha preso, diciamo così, per il collo, mi ha messo in carrozza con lei, e, cucita al mio soprabito, è venuta fin qui.

Cesare

      (bruscamente) Ditele che sono uscito.

Gigetta

      (comparisce dalla prima porta a destra: è elegantissima, ha il volto sapientemente truccato: entra con disinvoltura, senza gravità, quasi graziosamente) Ma no… Sta' tranquillo… Io non vengo nè per cavarti gli occhi, nè per cavarti altri quattrini…

Cesare

      (alzandosi con cortese deferenza) Io, non volevo ricevervi… soltanto perchè… c'è in casa mio figlio. Vi ho sempre ricevuta nell'epoca in cui egli era in collegio o in viaggio; ma adesso che abita con me…

Gigetta

      Si scandalizza vostro figlio?

Cesare

      È superfluo che vi occupiate di ciò. Lasciate che ognuno pensi come vuole.

Gigetta

      (sedendo, chiama con graziosa familiarità:) Don Candido!

Don Candido

      (servizievole) Ai vostri ordini!

Gigetta

      Privateci della vostra presenza, perchè debbo, «diciamo così», restar sola col signor Cesare.

Don Candido

      Benissimo.

Cesare

      (a Don Candido:) Ma aspettate in anticamera. Potrò ancora aver bisogno di voi.

Don Candido

      Benissimo. (Esce velocemente per la destra.)

Gigetta

      Mi fai il piacere di dirmi a che proposito hai voluto questa separazione solenne? Avevo io forse delle pretese nella mia funzione… di amante onoraria? Da un pezzo, sapevo bene di essere per te… come quell'abito vecchio che si continua a tenere lì in guardaroba perchè, nuovo, lo si portò molto volentieri. Ciò mi sembrava naturalissimo; e io non facevo che fornirmi… di un po' di canfora… di un po' di naftalina… per non mostrarmiti, all'occasione, troppo tarlata. Io sarei curiosa di sapere che ragione hai di destinarmi al cenciaiuolo. Che fastidi ti davo?

Cesare

      Nessun fastidio. Ma tutto ciò che ha avuto un principio deve pure avere una fine. D'altronde, di tanto in tanto, per un avanzo di abitudine, si ricascava nella palude stagnante del passato senza trovarci nemmeno una reminiscenza delle sensazioni di una volta, e se ne usciva, poi, tutti e due, pentiti, disgustati. Non è meglio eliminare questo strascico così miserevole?.. Ho anche considerato che, adesso, tu sei ancora abbastanza giovane… E giacchè hai una casa ben montata, dei gioielli, delle toilettes

Gigetta

      Sì, sì, capisco: adesso io… potrei ancora rimettermi in circolazione. Dieci anni di più non sono poi un gran guaio. Si nascondono così facilmente (accennando al viso) sotto questo intonaco! E quanto alla mia salute zoppicante, perchè darsene pensiero? Anzi! È chic portare in giro qualche decimo di febbre, qualche pilloletta di catramina… Sicchè, sul fatto della circolazione, nulla in contrario: siamo perfettamente d'accordo. (Diventando seria e quasi sottomessa) Ma… tu sai… che di qualche altra cosa… dobbiamo parlare.

Cesare

      (rannuvolandosi)… Io non credo opportuno… parlarne qui. Potrebbero ascoltarci… e proprio tu ne saresti profondamente addolorata…

Gigetta

      Visto che mi hai dato il congedo, bisogna per forza che noi ci diciamo sùbito tutto quello che abbiamo da dirci. Per non essere ascoltati, abbasseremo la voce…

Cesare

      (agitato,

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