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liberamente, per iscoprire quella terra benedetta. Martino Alonzo Pinzon si struggeva d'impazienza; sicuro del fatto suo, avrebbe desiderato esser primo a dare la buona notizia. Ma l'almirante non diede la chiesta licenza. Si doveva andar tutti di conserva, per non aversi a smarrire. Ed egli, dai suoi computi, non argomentava vicina la terra. Che ostinazione era la sua? I segni crescevano ad ogni giorno, quasi ad ogni lega di cammino che le navi facevano. Due pellicani non erano proprio allora passati in aria, venendo da ponente? Ora i pellicani non sogliono andar mai lontani oltre venticinque leghe dal lido. Questo non lo dicevano i soli pescatori di Moguer; lo asserivano tutti. E quei grossi nebbioni che si levavano all'orizzonte, senza mestieri di vento, che cos'altro volevano dire se non questo, che il viaggio di scoperta toccava al suo termine?

      Bene operava Cristoforo Colombo, resistendo alle domande di Martino Alonzo Pinzon. I suoi computi potevano essere errati; sicuramente lo erano, ma non in guisa da giustificare le speranze precoci della sua gente, poichè la distanza tra l'Europa e il Nuovo Mondo dovea riscontrarsi anche maggiore delle settecento leghe immaginate da lui. Per intanto egli manteneva la sua autorità; e per il giorno dei disinganni non sarebbe apparso incerto nella sua dottrina, facile ad infiammarsi per ogni nonnulla, come i suoi compagni di viaggio, vagante a caso sui mari, come un avventuriere od un pazzo.

      – Stiamo tutti in riga, Martino Alonzo; – gridò egli al comandante della Pinta; – ci sarà gloria per tutti. Gli indizi che osserviamo sono certamente notevoli. Forse ci dimostrano l'esistenza di qualche isola sulla nostra diritta. Ma non mette conto per ora di cercar piccole cose. Vedremo al ritorno. Approfittiamo ora di questo buon vento, e facciamoci avanti verso ponente. Desidero di toccar terra al pari di voi; ma penso che ne siamo ancora distanti un bel tratto. —

      E si apponeva al vero. La spedizione era appena a metà strada. Ma non aveva arcipelaghi sulla diritta, nè sulla manca; e i pellicani, le cingallegre, i granchi, i tonni, l'acqua meno salata, i nebbioni, il mare erboso, non significavano niente di ciò che gli altri speravano.

      E andavano, frattanto, procedevano fidenti tra quelle chiazze di verde vivo. Ma a grado a grado quelle chiazze crescevano, si allargavano, e presto non si vide che una chiazza sola; tutto il mare, intorno alle navi, era verde per quello strato di erbe, come è verde un palude, un serbatoio di acque stagnanti. E ad un certo punto, quello strato d'erbe era così fitto da impedire il corso alle caravelle, obbligando i marinai a spenzolarsi dalla prora coi lunghi aldighieri in pugno, per rompere e allontanare l'ostacolo.

      Era la prima volta che i marinai della vecchia Europa vedevano quelle praterie galleggianti. Ignoravano perciò che il mar di Sargasso, come fu chiamato di poi dalle alghe di cui è formato, occupa nel mezzo dell'Atlantico uno spazio otto volte più vasto della penisola Iberica. La formazione di quello strato verde non è più un mistero per la scienza, dopo la scoperta del gulf stream, ossia della corrente del golfo, il gran fiume oceanico che si parte dal polo antartico rimontando fino all'artico, ma partendosi a mezzo il suo corso in due correnti, una delle quali costeggia l'Africa e l'altra va a far gomito nel golfo del Messico, lasciando nel centro un vasto campo di mare più tranquillo e più freddo, nel cui fondo vanno a finire tutti i tronchi di alberi, carcami di navigli, ed ogni materia pesante travolta dalle acque, mentre alla sua superficie si raccolgono e galleggiano tranquille come in uno stagno tutte le erbe marine, strappate dagli abissi dell'Oceano.

      I marinai si erano rallegrati da principio alla vista del verde. Avevano anche riso, vedendosi costretti a far piazza pulita con gli aldighieri. Ma non si può rider sempre; e dopo aver riso, incominciarono a seccarsi; dopo essersi seccati, tornarono a sgomentarsi da capo. Quegli strati d'erbe non si sarebbero fatti a mano a mano più profondi, tanto da imprigionare a dirittura le navi? Non era possibile che i mostri temuti fossero per l'appunto in agguato dietro a quei monti di viscida verzura? E se non erano mostri, non potevano essere bassi fondi, secche e frangenti, in cui dovessero incagliare le caravelle? Dei mostri non temeva l'almirante; ma bene incominciò a temere anch'egli delle secche. A lui, memore di tutti i testi delle antiche scritture, ritornava in mente l'Atlantide di Platone, quell'Atlantide inabissata, i cui resti potevano benissimo essere rimasti a fior d'acqua, o alti tanto sott'acqua da cagionar gravi danni alle carene delle navi. Ma questi timori erano presto dissipati dallo scandaglio, che fu gittato più volte e non trovò mai fondo, neanche con dugento braccia di sagola.

      – Animo, dunque! – diss'egli, dopo parecchie di quelle prove convincenti. – Abbiamo varcati oramai gli strati più fitti, e il pericolo dei frangenti e delle secche è passato, se pure c'è stato mai. Vedete poi come è costantemente favorevole il vento.

      – Sì, ben dite, signore, costantemente! – rispose per tutti il pilota Perez Matheo Hernèa. – Soffia sempre da levante, questo vento benedetto!

      – Non sempre; – disse l'almirante. – Qualche volta è caduto; e abbiamo avuto un po' di brezza da ponente. Rara, se vogliamo; ma basta a dimostrarci che anche qui comanda la legge della varietà.

      – Con questo particolare, per altro; – replicò il pilota; – che quando soffia il vento da levante si fa molto cammino, e quando soffia da ponente non ha nemmeno la forza di sbatacchiar le vele contro gli alberi.

      – Orbene, che volete voi dir con ciò, Perez Hernèa?

      – Che per andare all'incerto, il vento aiuta; ma che, se dovessimo dar volta, per ritornarcene a casa, il vento non ci aiuterebbe più. Ecco, signore, con vostra licenza, e col debito rispetto, quello che voglio dir io. —

      L'almirante aggrottò le ciglia, alle parole dell'Hernèa. Ma si contenne, e, per non averlo a riprendere prima del tempo, si provò perfino a scherzare.

      – Bravo il mio pilota! – diss'egli. – Uomo di provato coraggio com'è, penserebbe egli a ritornare? proprio ora, che siamo tanto vicini alla meta?

      – Eh, vicini!.. vicini!.. – brontolò il pilota. – Qui non si capisce più nulla. Ma la vostra esperienza, signore, che cosa può dirmi, intorno a questo vento di ponente che non ha forza di muovere una vela?

      – Che cosa posso dirvene io, Perez Hernèa? Sa il marinaio perchè il vento spiri tanti giorni da un lato, e poi d'improvviso si volti? Verrà giorno, io spero, che questo ed altri segreti dell'ordine naturale saranno conosciuti. Per ora governiamoci con la pratica nostra. Ci sono venti di mare e di terra, di golfi e di canali, ed alti e bassi, e forti e deboli. Per prevederne l'andamento bisognerebbe conoscere i paraggi. Voi conoscete benissimo ogni particolarità dei venti che soffiano nel canale del Rio Tinto, e in quello dell'Odiel; non è vero?

      – Certamente. Poveri a noi, se non avessimo pratica dei brontoloni di casa nostra.

      – Ebbene, qui sono altri brontoloni; – replicò l'almirante. – E siamo in casa d'altri, e non li conosciamo ancora. Ma non sarà sempre così. Quando ci avremo fatta la mano, sapremo come governarci con loro. Per ora, osserviamo e studiamo. A me intanto par di capire una cosa: che qui, come altrove, certi venti sono proprii di certe stagioni. Qui, ora, è la stagione in cui regna il levante; approfittiamone. Verrà la stagione in cui soffierà il suo contrario, e un po' più forte che non abbia fatto finora. Anche debole, lo abbiamo sentito; ne conosciamo dunque l'esistenza. E forse ci ha dato questo indizio di sè, per levare ogni dubbio a voi, sospettoso uomo. A me dice ancora che una terra è laggiù, donde egli viene a battaglia, ma finora con poca forza di resistenza. Ed è meglio così, per la nostra navigazione; non pare anche a voi? —

      Perez Hernèa si acquetò, per allora. L'almirante aveva ragioni per tutti i dubbi, per tutti gli argomenti in contrario. Ma egli non era da per tutto, e non poteva vincere ugualmente tutti i pregiudizi di una gente ignorante e ostinata. Quella lunga navigazione dove gli indizi favorevoli non conducevano a nulla, quel verde che non finiva mai, quel vento sopra tutto, quel vento che soffiava costantemente da una parte, come per portarli ferocemente a capitar male dall'altra, mettevano tutti in apprensione; e urtava i nervi la inflessibilità dell'almirante, di quello straniero che voleva condurre tanti poveri figliuoli d'Andalusia alla morte, per un suo puntiglio, per una sua stravaganza.

      Molti erano stati incerti fino allora se egli fosse un impostore od un pazzo. Incominciavano a creder tutti che gli avesse dato volta il cervello. Queste fissazioni, che mostrano tanta imperturbabile serenità, son veramente proprie dei pazzi.

      E

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