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come un uomo, la cui vita è affidata a una suprema risoluzione, d’esito incerto, e magari all’esito d’un delitto.

      – Se mio cugino non viene l’andrò a cercare, – osservò a un tratto, con certa impazienza, il marchese.... – Mi dicono che è nella camera di sua figlia, ammalazzata… forse per la sorpresa di rivederlo, dopo tanto tempo!

      Il marchese si allontanò.

      – Ci prende per semplici, – disse il conte all’avvocato. – Non è l’amore per suo cugino che lo ha fatto accorrere qui così presto.... Egli vuole ottenere un ufficio molto lucroso e spera ottenerlo con la sempre maggior influenza che il duca, dopo le sue ultime gesta, ha acquistato sull’animo del Re.

      – Il marchese è rovinato, – riprese l’avvocato Cotella. – Vi rammentate che, anni or sono, corse voce che egli era morto in Egitto.... Poi tornò in Napoli.... Suo padre dette fondo al patrimonio di famiglia con le più bizzarre dissipazioni. Ma ebbe una virtù: benchè nobile, si consacrò al più umile lavoro. Fu in America: si fece commerciante in pianoforti, quindi agricoltore, impresario: fu proprietario di uno dei più grandi alberghi di New-York, ove tutti i servizi erano fatti da negri e da negre: fondò un giornale, l’Evening Standard. Morì, e lasciò al figlio circa tre milioni di franchi.

      – E il figlio?

      – Si è divorato tutto in pochi anni a Parigi, ove tenne una scuderia di cavalli da corsa, ove il suo sfarzo attirò l’attenzione della Corte, degli ambasciatori, de’ principi che si trovavano di passaggio. Egli si ridusse… diceva almeno il duca di Lari… a vivere cogr imprestiti fattigli danna famosa avventuriera italiana: la Barrucci.... Ebbe l’eredità di due zii, e sfumarono l’una accanto all’altra.... Sposò la principessa di Morella, cugina dei Montrone; gobba, malsana, la sposò per la dote… che ha già mangiato....

      – Non ho mai visto la principessa....

      – Essa sta quasi sempre a Parigi, per far la corte a sua nonna, ricchissima: e che lascerà al Papa, o agli Orléans, i suoi milioni, se si disgusta con la sua unica nipote.... È una vecchia mezzo fanatica, mezzo demente… di una sordida avarizia. Si ricuce le calze da sè: non accende il fuoco d’inverno: fa rattoppare i vestiti: mangia soltanto pochi legumi: e ciò in un palazzo splendido, fra lo scintillio degli ori, gli arazzi, gli oggetti d’arte, il lusso d’ogni maniera, profuso dagli antenati di suo marito. La principessa ha pure una zia, anch’essa millionaria, a Genova: e così passa la sua vita fra Genova e Parigi, o viceversa.... Intanto, ottiene cospicui assegni, che il marchese ghermisce, mentre la tiene di sentinella alle due eredità.... che sono ormai la sua sola speranza. È con questa speranza ch’egli paga i suoi numerosi creditori.... Il marchese è in una di quelle condizioni, che rendono l’uomo capace di tutto....

      – Intendo; la nonna, la zia resistono, ed egli deve prendere un partito estremo....

      – Siamo ora ad una catastrofe, – soggiunse il primo avvocato di Napoli. – Io ho in mano protesti di cambiali firmate dal marchese; altri gravi documenti.... So che la rovina irreparabile, palese, e il disonore possono da lui esser protratti, con sforzi titanici, soltanto di pochi giorni.... Gli rimane però un’altra debole speranza: e in questo momento egli ha raccolto su di essa tutte le sue energie, come il naufrago le sue forze sull’unica tavola di salvezza che gli si presenta.... La principessa, dopo il suo matrimonio col marchese, ha avuto due parti molto laboriosi e molto infelici.... Essa sta ora di nuovo per divenir madre.... Hanno fatto venir da Vienna un celebre specialista. Egli mi ha detto, poichè avevo interesse a saperlo, che la marchesa questa volta ben difficilmente sopravviverà al suo parto: e ben difficilmente anche questa volta il frutto di lei sarà vitale.... Se ciò accade, il marchese è perduto: nè la nonna di Parigi, nè la zia di Genova lasceranno a lui un picciolo, poichè lo aborrono.... Ecco in quali speranze e in quali terrori si dibatte in questo momento il marchese.... E forse, temendo il peggio, vorrà propiziarsi, in questo stesso momento, suo cugino. Ma, domani, il duca non potrà aiutarlo, senza partecipare al disonore di lui, senza esser trascinato nella stessa rovina.... So quello che io dico.... Nel corso della notte sarà decisa l’esistenza del marchese.

      – Non mi meraviglierei, – osservò il conte, – che la decisione fosse propizia. Vi sono uomini che calpestano la fortuna, la insultano, e a cui essa, appunto come femmina, corre dietro.

      – Non me ne meraviglierei neppur’io! – soggiunse l’avvocato. – Pietro ha avuto sempre una fortuna uguale, per lo meno, alla sua mancanza di coscienza. Gli errori cagionati da questa li potè sempre riparare, sin ora, coi favori dell’altra....

      – Oh, il duca! -

      Il duca di Montrone scendeva la fastosa scala, che era dinanzi alla porta principale della sua villa da sovrano, dando il braccio a sua figlia.

      Enrica, pallidissima, scendeva lentamente e come se dovesse ad ogni tratto cadere.

      Subito i gentiluomini andarono incontro al duca per festeggiarlo.

      Erano pochi amici, arrivati innanzi tempo, per essere tra i primi a stringere la mano al valoroso, all’antico compagno di eleganti dissipazioni.

      Il marchese già doveva avergli parlato, poichè usciva dalla villa dopo il duca ed Enrica.

      – Viva il duca!

      I contadini, scortati da Domenico, che pronunziò poche parole, si stringevano attorno al gentiluomo, urlando a tutta possa, agitando rami fioriti. Incominciò la danza della tarantella; la dolce musica napoletana risuonava sotto il bel cielo di opale e di azzurro.

      Una delle ragazze offrì alla figlia del duca un magnifico mazzo di fiori.

      Essa rispose con un sorriso, tra sarcastico e altero, senza gentilezza di sorta.

      Tutte guardavano Enrica, rigida, benchè in preda a una sofferenza che le traspariva dal volto; seducente ma d’una di quelle bellezze che fanno paura.

      Il duca stringeva la mano a’ suoi contadini; e specialmente coi vecchi, i quali l’avean tante volte, bambino, gratificato ne’ suoi desiderii, e aveano tanto amato i suoi genitori, si mostrava espansivo.

      Uomini, donne, si trovavano col duca a loro agio; la sua gaia affabilità li confortava, ispirava in essi riconoscenza; ma l’aspetto di Enrica li turbava, li agghiacciava sempre.

      Essa era sì indifferente, sì sdegnosa e, sembrava loro, sì cattiva, che lasciava in quelle povere anime un vero sgomento.

      Enrica avea sentito più volte questo effetto che ella destava, e ne avea gioito, come se le andasse a versi di esser tenuta una creatura malefica: come se godesse del maligno influsso che esercitava.

      Non sì tosto il duca era comparso con Enrica sulla soglia della porta della villa, si erano sparati da un’altura del parco mortaretti e per tutto il parco rimbombavano colpi di fucile in segno di gioia.

      Il duca, nel rivedersi in mezzo a’ suoi, era commosso, ravvivato da vera allegrezza.

      A un tratto, in mezzo alla folla, Cristina si avvicinò al giardiniere Domenico.

      – Ubriacone! – gli mormorò.

      – Sono io!…

      – Nella casetta… in fondo al parco… tutto è in ordine.... Questo è il momento!

      Domenico si turbò un poco.

      – Ho capito! – rispose in un tuono che l’altra fu soddisfatta....

      Di lì a pochi minuti, Domenico fu alla casetta.

      La strada, che corre in fondo al parco, era deserta.

      In quell’ora tutte le persone dei dintorni si trovavavano a festeggiare il duca: e, per ordine suo, in un attimo s’erano imbandite le mense per rifocillare, dopo le danze, la gente accorsa; qualche centinaio di persone.

      Domenico avea attaccato una delle carrozze di cui si serviva Enrica: e dentro vi avea accomodato un oggetto recato con pena e con ogni cura fra le sue braccia: oggetto che dovea essere molto prezioso, poichè, innanzi di deporlo nella carrozza, avea guardato più volte a destra e a sinistra: e avea chiuso la carrozza ermeticamente da tutti i lati, dopo aver tirato giù le tendine azzurre sui vetri.

      Incominciava

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