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Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro. Giovanni Pascoli
Читать онлайн.Название Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro
Год выпуска 0
isbn 4064066070403
Автор произведения Giovanni Pascoli
Жанр Языкознание
Издательство Bookwire
Alcun tempo il sostenni col mio volto;
mostrando gli occhi giovinetti a lui,
meco il menava in dritta parte volto.
Quando quelli occhi giovinetti si furono serrati, allora Dante volse i passi suoi per via non vera. Ora, perchè il pensiero di Dante è che l'adolescenza ha bisogno di chi mostri il buon cammino, egli dicendo d'aver avuto chi glielo mostrava, viene a dire che era allora adolescente: adolescente, quando era sostenuto dal volto di Beatrice viva; adolescente, quando, come egli confessa,[15]
le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che il vostro viso si nascose.
Il viso s'era nascosto, ma bellezza e virtù erano cresciute alla donna salita da carne a spirito; ed ella era per attirare a sè l'amatore più che mai. Ma egli s'addormì e smarrì.
E poi tutto parla di adolescenza nei luoghi che si riferiscono allo smarrimento. Dante afferma d'essere stato pien di sonno nel punto che si smarrì. Non è questa sonnolenza un ricordo del concetto Platonico, per il quale l'anima è attonita e trasognata sulle prime dal flusso e riflusso della materia? Dante questo concetto lo conosceva, perchè egli parla dei tempi in cui “l'anima nostra intende al crescere e allo abbellire del corpo, onde molte e grandi trasmutazioni sono nella persona„; dell'adolescenza, dunque, dell'“accrescimento di vita„.[16] E mi par naturale ch'egli attribuisca, nella Comedia, a queste molte e grandi trasmutazioni, quell'oblìo che, a dir vero, nella Vita Nuova pone solo nella puerizia: “in quella parte del libro della mia memoria, dinanzi alla quale poco si potrebbe leggere„.[17] Poi, Beatrice afferma di lui:
... volse i passi suoi per via non vera,
imagini di ben seguendo false,
e Dante conferma di sè:
le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi.
Or quali sono queste false imagini di bene, queste presenti cose che hanno un falso piacere? queste sirene e queste pargolette e queste vanità di cui Beatrice riparla?
perchè altra volta;
udendo le sirene sie più forte...
. . . . . . . . . . . .
Non ti dovean gravar le penne in giuso,
ad aspettar più colpi, o pargoletta,
o altra vanità con sì breve uso.[18]
Quali son esse? Sono, mi pare, molto simili alle blande dilettazioni di cui è parola nel de Monarchia:[19] “le volontà dei mortali, per cagione de' lusinghevoli diletti dell'adolescenzia, hanno bisogno di chi a bene le indirizzi„. Il qual pensiero è pur molto simile a quello citato dal Convivio: “L'adolescente ch'entra nella selva erronea di questa vita, non saprebbe tenere il buon cammino, se dalli suoi maggiori non gli fosse mostrato„. Là è l'imperatore che dirige, qui i maggiori; ma il traviare dell'adolescente del Convivio non può essere causato se non da queste blande dilettazioni contro cui è necessaria la guida sicura, o dei maggiori, o dell'imperatore, o di quelli occhi giovinetti.
II.
Nel punto proprio che Dante abbandonò la verace via, egli, avrebbe forse detto di sè, che adolescente era; ma certo nella seconda età era entrato e s'era inoltrato, quando nella selva oscura si ritrovò. Egli era allora
nel mezzo del cammin di nostra vita,
cioè a metà della seconda “delle quattro etadi„ in cui “la umana vita si parte„, a metà della “Gioventude„, al “colmo del nostro arco„ che “è nelli trentacinque„.[20] Se volse i passi suoi per via non vera, quando Beatrice era sulla soglia della gioventù, quando poi ascoltava le sirene e si lasciava tirare a terra da pargolette o altre vanità, non era più adolescente. Invero Beatrice esclama ver lui:[21]
Alza la barba,
e prenderai più doglia riguardando!
Ed egli ben conosce “il velen dell'argomento„ che era in quel dir barba invece di viso. Non era più in età da potere scusare con essa i suoi traviamenti. Certo; ma dunque i traviamenti erano di quelli che si scusano con la età. E se tali erano quelli per i quali seguiva sirene e pargolette e vanità, tanto più era scusabile con l'età il deviar primo, quando egli si tolse a Beatrice e si diede altrui. In verità non solo Lucia dice di lui a lei: Quei che t'amò tanto; ma ella stessa a Virgilio parla non senza lagrime e chiama questo traviato,[22]
l'amico mio e non della ventura.
Niente dunque di grave. O come? Così. In Dante aveva errato l'animo o cuore o appetito; e nel modo che e nel Convivo e nella Comedia dice che può errare, per sua semplicità. L'anima semplicetta che sa nulla[23]
di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s'inganna, e retro ad esso corre;
e questo picciol bene è tutt'uno con le blande dilettazioni sopra dette, tanto è vero che sì per via di quelle c'è bisogno della guida imperiale; sì per questo ingannarsi dell'anima e correre dietro al bene che ha assaporato,
convenne legge per fren porre;
convenne rege aver...
Tutto il concetto è anche nel Convivio:[24] “Siccome peregrino che va per una via per la quale mai non fu, che ogni casa che da lungi vede, crede sia l'albergo... così l'anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa vita entra, dirizza gli occhi al termine del suo sommo bene, e poi qualunque cosa vede, che paia aver in sè alcun bene, crede che sia esso... Onde vedemo li parvoli desiderare massimamente un pomo; e poi più oltre procedendo, desiderare uno uccellino; e poi più oltre desiderare bello vestimento, e poi il cavallo, e poi una donna, e poi ricchezza non grande, e poi più grande, e poi più„. Or ciò che, nel pargolo e nell'uomo, spinge a questa corsa verso un bene a mano a mano più grande, è appunto l'appetito o cuore o animo, che vuol essere pago; come s'intende, e da tutta la lezione sull'amor d'animo,[25] e, per essere brevi, dal terzetto:
ciascun confusamente un bene apprende,
nel qual si queti l'animo, e disira: perchè di giugner lui ciascun contende.
L'animo dunque di Dante s'ingannava. Vediamo, come.
Era passato più d'un anno da che Beatrice era fatta dei cittadini di vita eterna. Egli molto stava pensoso, e i suoi pensamenti erano di dolore. E levò gli occhi per vedere se altri lo vedesse: allora vide una gentile donna giovane e bella molto, la quale da una finestra lo riguardava pietosamente. Ed egli disse tra sè medesimo: “E' non puote essere, che con quella pietosa donna non sia nobilissimo amore„. Poi, rivedendola ancora e sempre pietosa in vista, e d'un colore pallido, quasi come d'amore, egli si ricordava della sua nobilissima donna, che di simile colore si mostrava tuttavia. E infine venne a tanto per la vista di questa donna, che i suoi occhi si cominciarono a dilettare troppo di vederla, e la vista di lei lo recò in sì nova condizione, che molte volte ne pensava sì come di persona che troppo gli piacesse; e così avvenne un contrasto tra “il cuore ciò è l'appetito„ e “l'anima ciò è la ragione„. L'avversario della ragione, cioè il cuore, fu poi vinto dalla forte imaginazione nella quale a Dante parve vedere Beatrice con le stesse vestimenta sanguigne con le quali gli apparve la prima volta. Il cuore o animo o appetito si era ingannato.
Aggiungo che s'era ingannato,