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già impressionati?”

      â€œNo, Duce, non se ne sono trovati, e nemmeno pellicole vergini, né macchine fotografiche o cinematografiche; ed ecco l’altra cosa: si sono rilevati diversi piccoli obiettivi esterni, sopra e sotto il disco e lungo la sua circonferenza, che presentano la particolarità di non immettersi in camere ma d’essere collegati, pare attraverso onde radio, ad apparecchi interni che sembrano essere radiotrasmittenti ma che, stranamente, non hanno valvole”.

      â€œRadio senza valvole?! Cos'altro hanno inventato quegl'inglesi del malanno?”

      â€œPotrebbe trattarsi di camere di ripresa e di radiotrasmissione d’immagini, sul tipo di quelle della televisione sperimentale inglese, il che suffragherebbe l’ipotesi di spionaggio da parte di quella nazione; però, Duce, sono radiocamere18 piccole, anzi piccolissime, non mastodontiche come quelle che avevamo fotografato segretamente alla BBC19”.

      â€œQui ci vuole Marconi, eh?”

      â€œSì Duce”.

      Guglielmo Marconi era l'inventore del telegrafo senza fili e uno dei padri del sistema radio. Era tra le più importanti figure del regime, presidente dal settembre 1930 dell’Accademia d’Italia, premio Nobel per la fisica e inoltre, fra il molto altro, ammiraglio della Regia Marina Militare nella quale, dopo una breve parentesi nel Genio, aveva militato durante la Grande Guerra.

      â€œTu, Bocchini, pensi che volessero trasmettere foto e filmati fin là in Inghilterra?”

      â€œIl sospetto mi sembra lecito, Duce”.

      â€œ...e purtroppo adesso Marconi è per mare a far esperimenti. Che area sta incrociando il suo panfilo?”

      â€œL’ammiraglio è sulla rotta di ritorno, nell'Oceano Indiano presso il Mar Rosso, ma sappiamo da lui stesso, via radio, che affonderà l’àncora alcune volte ancora, per altri esperimenti che ha in programma”.

      â€œNon posso sollecitarne il ritorno, le sue sono sempre sperimentazioni basilari per l’Italia; ma non appena sarà in Patria, l'interpellerò. Intanto tienimi informato costantemente su tutti gli sviluppi relativi a quell’aeromobile straniero, telefonami anche a Villa Torlonia20 se lo ritieni utile, anzi senz'altro fallo in caso d'altri avvistamenti d’aeromobili strani. Ciao, Bocchini e… bravo!”

      Subito Mussolini aveva ordinato ai servizi segreti militari di mettersi in particolare allerta in Gran Bretagna, pur senza trascurare le altre nazioni industriali anglofone, e d'indagare in particolare su aerei a forma di disco, macchine cinefotografiche senza pellicola e apparecchi radio senza valvole capaci d'inviare immagini.

      Quella stessa sera, poco prima di lasciare l’ufficio e rientrare a Villa Torlonia, il Duce aveva ancora disposto, d’impulso come gli accadeva sovente, di richiamare dalla Cina il genero Gian Galeazzo Ciano conte di Cortellazzo e Buccari che, quale Console plenipotenziario, risiedeva a Shanghai con la moglie contessa Edda nata Mussolini: era balzata improvvisamente in mente al Duce l'idea di metterlo a capo dell’Ufficio Stampa, l’organo romano incaricato del controllo e della guida dei media con l’ausilio del Bocchini e della Stefani, portandosi così “direttamente in casa”, aveva detto alla moglie Rachele quand’era rientrato per cena, la direzione della sorveglianza sull’informazione21. La consorte aveva solo borbottato, e non era stata la prima volta, che quell’azidèint d’ànder in cà,22 ambizioso e oltretutto con quella vocetta non tanto maschia, ve', mica le piaceva poi tanto, ve'!

      Nella seconda mattinata del 14 giugno Annibale Moretti, giunto a casa, aveva avuto l’infausta idea di rivelare ai famigliari la verità sul disco; e la sera stessa il suo unico figlio, un diciannovenne prossimo a partire militare di leva, aveva avuto la pessima iniziativa, dopo cena, di parlarne alla combriccola dei propri amici a 'Il Rebecchino', il trani del paese dove si riunivano, fra gli altri, i braccianti di suo padre, un tempo vigorosi comunisti odiatori del padrone, poi assoggettati di forza al regime, infine sedotti da Mussolini, come tantissimi altri proletari rurali e operai, con certi vantaggi loro concessi come i circoli d'intrattenimento e le gite dell'Istituto Nazionale del Dopolavoro, o come gli asili e le colonie marine e montane per i figlioletti. I braccianti del Moretti, a causa della loro linguaccia lunga e dell’incontenibile invidia per il padrone, la quale nonostante l'ormai consolidata sudditanza al fascismo restava desiderosa d'un po' di sfogo, avevano raccontato la mattina seguente, dappertutto e alle guardie civiche per prime, che il loro padrone aveva detto bugie grosse come una casa, perché non aveva visto un sasso piatto, ma un aeroplano nemico a forma di disco ch’era precipitato vicino a un suo campo. Insomma: patatràc! Annibale Moretti era stato prelevato a casa sua e internato in manicomio: s’era fatto in modo che tutti sapessero che il poveretto era pazzo ed era per il suo bene che l’Autorità s’attivava per curarlo, ché confondere pietre con aerei poteva solo creare complicazioni internazionali e, insomma, era un povero matto ma a lasciarlo libero il pericolo c’era, per lui e per tutti. Quanto al figlio, anche se s’era ben guardato, come d’altronde sua madre, dal commentare con chicchessia il ricovero del padre, aveva ricevuto giorni dopo, un po' prima del tempo, la cartolina precetto ed era finito in un battaglione del Genio guastatori da cui era uscito un mese dopo in briciole entro una bara di metallo sigillata, a causa di malaugurato incidente d’addestramento dovuto all'imperizia della recluta Moretti nell'uso dell'esplosivo: forse era la verità, ma il sospetto d'una disgrazia procurata da qualche sgherro di regime infiltrato nel reparto aveva invaso il cuore della madre; ella se n'era tuttavia rimasta zitta senza presentare denunce, né la Procura Militare aveva autonomamente ritenuto di dover indagare. La signora Moretti era stata lasciata in pace e, anzi, aveva ricevuto sollecitamente una pensioncina: ella non aveva avuto noie non solo perché aveva taciuto, ma non secondariamente perché, in quel tempo, le donne erano ancora considerate assai poco, e nulla del tutto se appartenenti al popolo ignorante, per cui, comunque, alle affermazioni d'una rurale semianalfabeta si sarebbe dato lo stesso credito che si sarebbe potuto riservare al chiocciare d'una gallina.

      Del povero marito “fascista della prima ora” s’erano perse le tracce per un pezzo, essendo stato trasferito di manicomio in manicomio, finché un giorno, nel gennaio 1934, era arrivata una cartolina a casa: non una lettera, così che gl’impiegati postali del paese potessero leggere e, sperabilmente, divulgare, e ciò s’era puntualmente verificato. Con tale cartolina s’avvisava la signora Moretti che il misero consorte era morto in Sardegna in ospedale a causa di polmonite e si chiedeva se si potesse seppellirlo senz’altro nel camposanto locale oppure se i famigliari volessero andare colà per trasportarselo al cimitero della loro terra. La moglie avrebbe dovuto rispondere entro cinque giorni dalla data di spedizione se avesse voluto trasferire la salma del consorte, in caso contrario il silenzio sarebbe valso come assenso all’inumazione nell'isola. Già erano passati i cinque giorni, quasi di certo il Moretti era stato seppellito; la vedova aveva dunque rinunciato ad agire, anche considerando i costi e le difficoltà, per una donna sola e ignorante, di recarsi in Sardegna, provvedere alla riesumazione e far spedire il feretro fino al paese lombardo.

      Mussolini, avendo dormito beatamente per tutta la notte, entrato verso le 7 del mattino del 15 giugno 1933 nella sala da bagno per i normali bisogni del risveglio, orinando aveva preso una delle sue decisioni lampo:

      Non appena in ufficio, erano le 8 e 10 minuti, aveva convocato, entro un’ora! il ministro dell’Educazione Nazionale Francesco Ercole e quello della Guerra Pietro Gazzera23: l'argomento che avrebbe presentato interessava pure i ministeri degli Esteri24 e degli Interni, ma ne era a capo Mussolini stesso, ad interim; aveva però fatto venire il sottosegretario agl'Interni Guido Buffarini Guidi in quanto, di fatto, questi aveva la direzione di

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