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la quale aveva conquistato lo spazio profondo nel 2107, con un viaggio di circumnavigazione della stella Proxima Centauri, a 4,22 anni luce di distanza dal nostro Sole, e ritorno immediato. Non risultava invece dall’Archivio che i nazisti di Alter Terra avessero fatto viaggi nel tempo: forse temendo di cambiare la Storia a proprio danno? Dunque, nemmeno c’era stata una spedizione nell’anno 1933 per studiare il fascismo e, come avevano ragionato Margherita e gli altri, il disco catturato dagl'italiani e rapinato dai tedeschi era giunto dal futuro della Terra e non dell'Alter Terra. Valerio aveva interrogato l’Archivio anche sul tempo precedente gli anni ’30 del XX secolo: dagli albori della civiltà fin al giugno 1933 l'Alter Storia era risultata identica alla Storia.

      â€œCredo che a questo punto”, aveva dichiarato la comandante a equipaggio e scienziati, “non ci resti che saltare nel passato e provare a cambiare le cose”.

      Aveva appena terminato la frase quando gli elaboratori di bordo avevano messo in allarme rosso il sigaro: avevano rilevato un disco, sicuramente amico, di quelli in dotazione alla nave 22, avvicinarsi alla massima velocità e, dietro di esso, in salita a una decina di chilometri al di sotto, altri due dischi non identificati. I computer avevano avvertito subito dopo un lancio di missili dai secondi contro il primo, mentre il pilota amico chiedeva concitatamente al sigaro 22 d’aprire l’hangar con priorità assoluta. Era stato fatto. La manovra successiva della navetta era stata spericolata, col rischio di schiantarsi contro la cronoastronave e di danneggiarla o peggio; il disco era però entrato nell’astrorimessa senza danni. Non appena chiusosi il portellone dietro alla navetta, la comandante aveva ordinato ai computer un immediato balzo verso il passato e il vascello 22 era scomparso giusto in tempo per non esser colpito dai missili. In base alla normativa di sicurezza, il cronosalto avrebbe dovuto avvenire lontano dal pianeta, così, invece, l’energia sprigionata dalla temponave aveva annientato gli ormai vicinissimi missili dei dischi inseguitori.

      Alle ore 0 e 30 di notte del 18 giugno 1933, neppure cinque giorni dopo il ricovero, in un hangar della fabbrica SIAI Marchetti di Vergiate, del disco catturato, molte figure appena distinguibili agli occhi d’un gatto, rivestite da tute nere, erano scese silenziosamente sul terreno attorno agl'impianti, appese a paracadute parimenti neri. Affinché i motori degli aerei che, dalla Baviera, li avevano portati sul luogo non fossero facilmente udibili da terra, i paracadutisti s’erano lanciati da un’altezza di quattromila metri, aprendo gli ombrelli dopo una caduta libera di tremilasettecento. Nonostante la tenebra, nessuno era rimasto infortunato.

      Ben conoscevano i turni di servizio della guardia italiana perché una spia li aveva verificati nei giorni precedenti e comunicati ai propri superiori a Berlino. Sapevano che alle ore 0 del 18 giugno s’era svolto il cambio della guardia e che il manipolo della Milizia smontato aveva lasciato il posto per rientrare in caserma.

      Dopo essersi ricongiunta, la compagnia, composta da sessanta uomini al comando del capitano Otto Skorzeny e da alcuni ingegneri del Genio guastatori, era penetrata silenziosa, col passo militare del fantasma, nel locale portineria della fabbrica, subito chiudendo la bocca e tagliando la gola ai due poveri custodi, marito e moglie. Quindi cinquanta dei sessanta incursori, tutti armati con fucili automatici Thompson di fabbricazione statunitense acquistati, tramite intermediari, da emissari del Terzo Reich, avevano aggredito il manipolo della Milizia e i due marescialli dell'OVRA in quel momento di guardia al disco e, grazie alla sorpresa e all’armamento moderno, avevano ucciso tutti. Solo otto degli assalitori tedeschi erano morti e quattro erano rimasti feriti sotto i colpi dei vecchi moschetti modello ‘91 in dotazione agl'italiani. Nel contempo, i dieci paracadutisti ch'erano stati lasciati indietro avevano acceso fuochi lungo la pista d’atterraggio che correva lungo la fabbrica, così che gli stessi aeroplani da cui gl’incursori s’erano lanciati potessero atterrare. Gli altri, dopo aver scattato fotografie e fatto riprese cinematografiche, esterne e interne, del disco ancora integro, ne avevano prelevato le parti asportabili, per primi i missili con le loro bombe e gli apparati cinefotografici radio. Tutto il reparto aveva poi caricato il bottino sugli aerei, quindi la stessa cosa era stata fatta coi morti e feriti della compagnia. Finalmente, gl'incursori di Hitler avevano decollato indisturbati.

      Al personale civile ch'era giunto in fabbrica alle 6 del mattino per iniziare il turno di lavoro, s’era presentato lo spettacolo da macelleria dei due guardiani sgozzati e, in seguito, la carneficina di miliziani.

      A Roma non s'era sospettata la verità, anche a causa della disistima che Mussolini nutriva in quel tempo per la Germania; il Duce aveva pensato senz'altro a un colpo di mano di coloro che tutti ritenevano i legittimi proprietari del disco: gl'inglesi.

      Le ricerche tecnologiche fasciste sul disco si sarebbero da allora limitate, forzosamente, a quanto ne restava, e nient’affatto si sarebbero potute svolgere sui missili, sulle relative bombe disgregatrici e sugli avveniristici microapparecchi video-radio trafugati dai nazisti, nell'immediato le parti militarmente più interessanti del bottino, armi e strumenti che, data la mole non enorme, gl’italiani avrebbero potuto prelevare senz’indugio e spedire a Roma, invece di lasciarle con superficialità a Vergiate bell'e pronte per essere sottratte. Naturalmente qualche testa era caduta ma, altrettanto naturalmente, non quei craponi che avrebbero dovuto pensarci per primi, vale a dire, per non parlare del Gran Capo, non le teste, fra altre eccellenti, del direttore dell’OVRA e del ministro dell'Aeronautica Balbo. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma.

      Già nel pomeriggio dello stesso 18 giugno 1933, Hermann Goering, Ministro degl'Interni per la regione della Prussia e futuro Ministro dell’Aviazione del Reich, figura di già, in sostanza, seconda autorità del regime, su ordine di Hitler aveva affidato la direzione degli studi e delle conseguenti ricerche di retroingegneria sulla preziosa refurtiva a Hermann Oberth e Andreas Epp, ingegneri di sicura competenza professionale e di provata fede nazista.

      Questo era avvenuto quand’ancora in Germania non era stata ricostituita ufficialmente un’aviazione militare né, in questa, reparti di paracadutisti, vale a dire quasi due anni prima che, l’11 marzo 1935, Goering fondasse la Luftwaffe venendone nominato contemporaneamente da Hitler comandante in capo.

      Un rapporto alla locale Questura d’uno dei commissariati di Forlì recitava: “Addì 14 agosto 1933 verso le 14.30 ora italiana, l'avanguardista Ferrini Mario di Luigi e di Troneri in Ferrini Maria, nato a Forlì il 16 giugno 1917, studente, essendo a passeggio conversando con amici parimenti sedicenni, studenti e avanguardisti,33 osservava all’improvviso una sorta di sigaro lucente ad alta quota, che a causa della grande altezza sembrava assai piccolo ma che doveva essere in realtà gigantesco, attraversare in volo da sud a nord, in nemmeno mezzo minuto, il cielo sopra la città, apparendo e sparendo al di sopra di cumuli sparsi. Anche gli amici, dal Ferrini prontamente invitati a guardare in alto, vedevano quello strano oggetto e lo seguivano con lo sguardo fino a quando spariva dietro l’orizzonte”.

      â€œEra molto, molto più in alto della cima del Monte Bianco”, aveva detto ore prima Mario alla mamma casalinga. Alle 17 il padre, maresciallo capo della Pubblica Sicurezza, terminato il proprio turno era rincasato ed era stato anch’egli informato. Con diligenza il sottufficiale era rientrato in ufficio accompagnato dal ragazzo e con lui aveva steso un rapporto per la Questura di Forlì, pur se in cuor suo ritenendo che si fosse trattato d’un semplice dirigibile, genere d’aeromobili non ancora insolito nei cieli di quei tempi, sebbene già di molto si privilegiasse l’aeroplano a causa d’incidenti occorsi agli aerostati a motore più leggeri dell’aria, come il clamoroso disastro nel 1928 del dirigibile Italia durante la spedizione al Polo Nord del generale Umberto Nobile.

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