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una delle tue camicie. Vuoi trovarle un marito? Non credo che sarà un problema. Ma ti converrà essere davvero sicuro di quello che vuoi tu prima di provare a prendere il controllo della sua vita.»

      «Ciò che voglio io non conta. Molly ha patito le pene dell’inferno. E io intendo assicurarmi che d’ora in avanti la sua vita sia migliore.»

      «Penso che mi divertirò» rispose Logan, allungandosi sul pavimento.

      «A far cosa?»

      Un’altra risata. «A guardare te che fai da sensale.»

      «Dormi.»

      Suo fratello rispose con l’ennesima risatina, quindi ci fu silenzio.

      Capitolo Otto

      Molly si svegliò con il sole che splendeva attraverso le finestre. Tra l’incontro con Matt nel cuore della notte, nonché le nuove sensazioni che la sua vicinanza aveva scatenato, e il fatto di non dormire in un letto da ben dieci anni, la sua nottata era stata per lo più insonne. Trovando il tutto troppo morbido, aveva gettato una coperta sul pavimento e solo nelle prime ore del mattino era finalmente riuscita ad addormentarsi sulle solide assi di legno.

      Le immagini che le avevano affollato i sogni tornarono alla mente. Era al ranch dei suoi, prima della sera in cui tutto era improvvisamente cambiato. Nel sole del pomeriggio, con Emma di fianco, si gingillava accanto al recinto del bestiame. I ricci scuri di sua sorella erano così belli in quella luce dorata che nel sogno Molly non aveva potuto fare a meno di attorcigliarseli al dito.

       Che gioia essere di nuovo insieme, Emma.

      Sua sorella aveva sollevato la testa verso di lei con un sorriso che le aveva scavato una fossetta in una delle guance, come sempre accadeva quando era molto felice. Quella vista le aveva scaldato il cuore. Poi, nel recinto era apparso un uomo a cavallo: Matt, che cercava di domare l’animale. Ma non era giovane come in quell’estate di dieci anni prima. Era il Matt del presente.

      Ricordare il sogno le procurò una fitta al cuore. Emma. Quanto tempo perso. Se tutto andava bene, però, l’avrebbe rivista presto. Nel tentativo di liberare la mente dalle nebbie del sonno, si stropicciò gli occhi.

      Susanna le aveva lasciato ai piedi del letto un semplice abito marrone scuro e diversi capi d’intimo bianchi. Leggermente confusa, Molly infilò calze, mutandoni e un sottile sottogonna, quindi indossò una camiciola, abbottonandola alla bell’e meglio. Non vestiva a quel modo da quando era bambina, ma nel giro di poco fu pronta.

      Gongolante per aver riacquistato un aspetto femminile, ruotò i fianchi facendo svolazzare l’orlo dell’abito intorno alle caviglie. Dieci anni erano passati dall’ultima volta in cui si era sentita così, pensò con un nodo in gola e gli occhi che bruciavano.

      Inspirando a fondo per soffocare l’impulso di piangere, prese gli stivali. Erano così sbiaditi e sporchi… ma non ne possedeva altri. Tirò su i gambali, ben consapevole di quanto poco legassero con l’abito, e si chiese perché le importasse tanto. Matt. A importarle era come sarebbe apparsa ai suoi occhi.

      Decisa a non intrattenere oltre quel pensiero, spostò l’attenzione sui capelli, che scendevano disordinati intorno al viso. Per l’intero periodo trascorso con Elijah, l’uomo aveva insistito che li portasse corti, e perciò non avevano ancora raggiunto la lunghezza desiderata. Iniziò a raccogliere la massa di ricci dietro la testa, quindi la lasciò ricadere con un gesto frustrato. La sua esperienza in fatto di acconciature che incontrassero il gusto altrui era praticamente nulla.

      E per gusto altrui intendeva quello maschile.

      Il gusto di Matt.

      Sospirò, sconfortata. Si stava comportando da sciocca. Con tutta probabilità Matt non si sarebbe neanche accorto di lei.

      Aprì la porta della camera da letto e si diresse sul davanti della casa. Dal vasto salotto provenivano delle voci e nell’udirle Molly indugiò un attimo sulla soglia, quindi entrò. La conversazione s’interruppe all’istante e i presenti si girarono a guardarla, mentre una vampata di calore si arrampicava su per il collo, incendiandole il viso.

      Erano tutti in piedi, Susanna e Claire sul lato destro e Logan e Matt sul sinistro. Di quest’ultimo colse la presenza con la coda dell’occhio, ma non riuscendo a trovare il coraggio d’incontrare il suo sguardo, preferì concentrarsi sull’uomo più anziano che le stava proprio di fronte. Sebbene ricordasse di averlo incontrato solo un paio di volte da bambina, sapeva che era il padre di Matt.

      Di figura imponente, Jonathan Ryan era alto quanto i suoi figli e con spalle altrettanto larghe, ma il viso rugoso e i capelli grigi mostravano gli anni di lotta contro quella terra. Fissò su di lei gli occhi verdazzurri – così simili a quelli di Matt – e raddolcì l’espressione. Prossima a un crollo emotivo, Molly sentì una stretta alla gola.

      «Buon Dio» esordì piano Jonathan. «Non avevo mai visto nessuno tornare dal regno dei morti, ma tuo padre lo diceva sempre, che avevi la grinta di un ragazzo. Non mi sorprende tu sia sopravvissuta, Molly. Bentornata a casa.»

      Le mani della giovane presero a tremare, così le nascose tra le pieghe del vestito, tormentando il morbido tessuto con le dita.

      Jonathan si avvicinò e posò le proprie mani sulle sue spalle. «Puoi restare qui quanto vuoi» disse in tono risoluto.

      Con il cuore che martellava nel petto, Molly annuì e si schiarì la gola, ritrovando finalmente la voce. «Sono contenta di rivedervi, signore.» Sembrava avesse ingoiato un rospo.

      Jonathan la lasciò andare. «Devi essere affamata» disse. «Andiamo a fare tutti colazione; continueremo dopo.»

      Molly lanciò un’occhiata a Claire, notando che anche l’amica indossava un abito, color crema, e aveva legato i capelli biondi con un nastro. Stava benissimo, mentre lei si sentiva una trasandata bambola di pezza.

      Si stavano spostando verso la sala da pranzo, quando Logan si avvicinò e la strinse in un veloce abbraccio, cui il suo corpo rigido rispose in maniera impacciata.

      «Ieri sera non sapevo che fossi tu» si scusò lui con voce e occhi colmi di calore. «Immagino che dirti “è un piacere rivederti” sia decisamente riduttivo.»

      Lei spinse il busto indietro, iniziando a rilassarsi.

      «Io, invece, ti ho riconosciuto subito» disse. «Con Matt vi somigliate troppo.» Apparso all’improvviso, questi riempì lo spazio tra loro, costringendo Logan a sciogliere l’abbraccio e a farsi da parte.

      Senza respiro di fronte all’intensità del suo sguardo, Molly azzardò finalmente un’occhiata al suo indirizzo. Era infastidito, si accorse con sorpresa. Doveva essere per via del suo aspetto.

      «Già, ma tra i due il bello sono io» scherzò Logan strappandole una risatina spontanea, del tutto irrefrenabile. La sua affabilità e la simpatia erano le stesse di sempre.

      In silenzio, Matt lo invitò a precederli verso la sala da pranzo e mettendole una mano sulla schiena la guidò lungo il corridoio. A quel contatto il sorriso di Molly svanì.

      Il suo aspetto non l’aveva mai neanche sfiorata durante i giorni e le notti – quelle interminabili settimane – in cui aveva contemplato il ritorno a casa. Certo, aveva sperato di vederlo ma immaginandolo così come lo ricordava lei. L’uomo che la toccava adesso era tutt’altra storia, come pure la reazione del proprio corpo.

      Una parte di lei voleva girarsi e avvicinarglisi, tanto da sentirsi circondata dal suo profumo – sapone e sole uniti a un più vago odore maschile – e ammantarsi della sua forza. L’altra voleva scappare via senza mai voltarsi indietro. Non aveva esperienza in fatto di uomini, ma sapeva per certo che questo crescente desiderarlo non le avrebbe procurato altro che sofferenze.

      Solo la rinuncia a qualsiasi legame affettivo aveva reso la sopravvivenza degli ultimi dieci anni sopportabile… quasi. Niente, e nessuno, era mai rimasto una costante nella sua vita.

      Ed essendo

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