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      William la guardò storto. “Non sono io il bambino in questa carrozza. Non capisco perché pensi di dovere fare tutto il viaggio fino a New York per una stagione. Non potevi trovare qualcuno che ti sposasse nella Carolina del Sud?”

      Suo fratello non capiva. Si trattava di qualcosa di più che trovare un marito adatto con cui passare il resto dei suoi giorni. Lei era talmente…impaziente. Brianne voleva fare di più. Essere di più. Era state molte volte in Inghilterra a trovare i parenti, ma a volte le sembrava di vivere nella bambagia. Un uomo non le avrebbe procurato quel pezzo mancante. Quella era stata una scusa per ottenere il permesso dei suoi genitori per andare a New York. Avrebbe debuttato in società ed avrebbe incontrato gente nuova. Desiderava ardentemente divertimento ed avere uno scopo. Brianne sperava di trovarli entrambi in città e, se non fosse accaduto, beh, allora sarebbe andata da qualche altra parte. “Ciò di cui ho bisogno non si trova in South Carolina”, rispose Brianna.

      “E pensi che lo troverai qui?”. William scosse la testa, con un’espressione esasperata in volto. “Per qualche ragione, dubito che questo sia il tuo unico scopo. Che cosa stai tramando?”

      “Adesso basta”, ordinò Lilliana Collins. “Prendete le vostre cose; è il momento di scendere dal treno”. Si alzò ed afferrò la sua borsa a rete. Non disse un’altra parola mentre si avviava verso la porta.

      William e Brianne si guardarono storti per qualche istante, poi la seguirono. C’era ancora molta gente che vagava per la stazione, ma quelli che si agitavano per uscire erano un po’ diminuiti, come la madre aveva previsto. Brianne provava soggezione di fronte allo splendore della Penn Station. Aveva già notato il marmo rosa, ma c’erano anche delle ampie scalinate e dei colonnati imponenti. Nessuna struttura simile esisteva a Charleston. C’erano degli edifici fantastici e la piantagione era una cosa di vera bellezza. Lilimar era una residenza che mostrava la propria epoca con enormi colonne, una lunga ed ampia balconata che correva lungo tutto il perimetro esterno e grandi finestre. Aveva persino dei lussureggianti giardini ed un paesaggio da aggiungere alle attrattive. Lilimar era la sua casa, ma Brianne non vedeva l’ora di scappare da lì.

      Era cresciuta viziata e privilegiata, consapevole di chi fosse e quale fosse la sua posizione nel mondo. Penn Station le faceva sentire quel lusso e nello stesso tempo la rinvigoriva. Era piena di possibilità e di chance di andare in posti che non aveva mai visto. Fissava tutto quanto mentre si muoveva attraverso la stazione, non prestando affatto attenzione a dove stava andando. Brianne si scontrò con qualcuno e lo/la fece quasi cadere a terra. “Le mie scuse…”. Aveva quasi fatto cadere una signora con i capelli scuri, dolci occhi azzurri, ma un’espressione severa sul viso. Se Brianne tirava ad indovinare, la donna doveva essere pochi anni più vecchia dei suoi diciannove.

      La donna scosse la testa ed aggrottò la fronte. “Dovrebbe fare più attenzione”.

      Brianne non si era mai sentita peggio. Era talmente affascinata da tutto quanto che non si era resa conto di dove stesse andando. Non solo aveva quasi fatto cadere a terra quella donna, ma era anche riuscita a separarsi da sua madre e suo fratello.

      “Ha ragione”. Brianne si mordicchiò un labbro. “Sono stata una stupida. Per favore perdoni la mia goffaggine”.

      La donna le diede dei buffetti sul braccio. “Tutti possiamo sbagliare. Non ci pensi”. Si guardò intorno. “Viaggia da sola?”.

      Ciò la irritò un po’. Sembrava quasi che l’altra donna la stesse giudicando. Anche lei sembrava sola. Come poteva riguardarla? “E’ importante?”. Alzò un sopracciglio.

      “No, certamente no”, rispose la donna. “Una donna ha il diritto di fare come vuole. E’ per questo che sto lavorando così tanto come attivista nel movimento suffragista. Ma sto divagando… Lasci che mi presenti”. Le porse la mano. “Sono Alice Paul”.

      C’era qualcosa in quel nome che richiamava la memoria di Brianne. Strinse gli occhi e studiò la mano tesa. Lentamente, alzò la sua e la strinse. Brianne non era abituata a stringere le mani. Sembrava più qualcosa da uomo. “Brianne Collins”, disse il suo nome. “Per rispondere alla sua precedente domanda, non sto viaggiando da sola. Sono con mia madre e mio fratello, ma sembra che sia stata separata da loro”.

      “E’ terribile. In una città così grande. Vuole che la aiuti a trovarli?”

      Era gentile ad offrirsi, ma non voleva imporre la propria presenza alla donna. In quel momento si rese conto del perché il suo nome le sembrava familiare. Sua cugina Angeline era attiva nel movimento suffragista in Inghilterra. Scriveva continuamente a Brianne per raccontarle delle cose nelle quali era coinvolta. Certamente, da quando aveva sposato il marchese di Severn, aveva svolto più che altro attività dietro le scene. A Lucian non piaceva che sua moglie si mettesse in pericolo, ma voleva anche che lei facesse qualcosa in cui credeva. Angelina aveva lavorato con le Pankhurst ed era per questo che il nome di Alice le sembrava familiare. Brianne piegò la testa da un lato e chiese, “Lei è la stessa Alice Paul che è stata arrestata in Inghilterra l’anno scorso?”

      Le guance della donna arrossirono un po’. “Um, sì”, rispose. “Devo ammetterlo, non è stata la migliore delle esperienze. Il nutrimento forzato…”. Si strinse nelle spalle. “Ma la causa è valida e io sostengo le mie convinzioni. Segue il movimento delle suffragette in Inghilterra?”.

      “Sì e no”, rispose Brianne. “Un membro della mia famiglia è attivo nella causa, ma io stessa non ho cercato informazioni”.

      “Oh”. Alice alzò un sopracciglio. “Potrei conoscerla?”.

      “Forse”, disse Brianne. “Mi ha fatto il suo nome qualche volta nelle sue lettere. Angelina St. John, la marchesa di Severn”.

      Lei aggrottò la fronte. “Ricordo il nome, ma non abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci meglio. Peccato”. Si strinse nelle spalle con noncuranza. “Sono diventata attiva nella causa qui dopo il mio ritorno dall’Inghilterra. Se desidera unirsi a noi…”.

      “Non sono sicura di poterlo fare”, la interruppe Brianne. Simpatizzava per la causa, ma non desiderava diventare un membro attivo della loro associazione. Brianne preferiva restare a casa che marciare per le strade o partecipare ad uno sciopero della fame. Anche se capiva le loro ragioni, le piaceva la vita che aveva. Perché cambiarla? Inoltre, Alice Paul sembrava un po’ indisponente e Brianne non era sicura che le piacesse.

      “Ogni donna dovrebbe svolgere un ruolo attivo nella propria vita, non crede?” Sorrise in modo incoraggiante. Molte persone le stavano spingendo per passare, quindi dovevano spostarsi o porre fine alla conversazione. La Penn Station era affollata e la loro conversazione inopportuna doveva irritare delle persone. “Non ha delle opinioni personali e non può esercitarle ogni volta che vuole? Devono esserci dei momenti nei quali desidera potere fare quello che vuole e non dovere chiedere il permesso. Ci pensi, e se decide di unirsi al movimento, mi mandi una lettera. Resto in città per qualche giorno, poi torno a casa”. Brianne si guardò intorno, sperando di vedere qualche membro della sua famiglia. Aveva disperatamente bisogno di una ragione per abbandonare quella conversazione.

      “Lo terrò a mente”. Non voleva veramente farsi coinvolgere nel movimento suffragista. A Brianne piaceva la sua vita così com’era. Perché avrebbe dovuto cambiarla? Qualcosa attirò la sua attenzione, quindi guardò oltre Alice Paul. Emise un sospiro di sollievo. Sua madre e suo fratello erano dal lato opposto della stanza. “Se vuole scusarmi, ho visto la mia famiglia laggiù e dovrei raggiungerla. E’ stato bello fare la sua conoscenza”.

      “E’ stato un piacere. Anche se mi ha quasi fatto cadere. Spero di avere di nuovo sue notizie””. Con queste parole, Alice Paul lasciò Brianne da sola.

      Si girò per dirigersi verso sua madre e suo fratello e si scontrò contro un petto maschile di pietra. Accidenti. Era quella la sua fortuna? Prima Alice Paul e adesso questo signore senza sospetti…”Mi scusi”, disse.

      “Conosce la donna con la quale stava parlando?”, chiese l’uomo. Aveva un ricco accento inglese che le ricordava suo nonno Thor. Conteneva un accenno di autorità. I suoi capelli erano neri come il cielo

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