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e il telefono. Ma ora avrebbe voluto tanto averne una.

      Cosa dovrei fare? Mi precipito dentro, lo prendo a calci, pretendo delle risposte? Oppure busso e faccio una chiacchierata?

      Decise che, per cominciare, avrebbe optato per la seconda opzione.

      Dopo che ebbe bussato tre volte, una voce maschile gridò dall'interno della casa. “Aspetta, sto arrivando!” Il ragazzo che comparve sulla porta era più alto di Zero, più muscoloso di Zero e molto più tatuato di Zero (che non aveva alcun tatuaggio). Indossava una canottiera bianca con quella che sembrava una macchia di caffè e jeans troppo grandi per lui, che pendevano bassi sui fianchi.

      “Sei Ike?”

      Il ragazzo lo guardò dall'alto in basso. “Sei un poliziotto?”

      “No. Sto cercando mia figlia. Sara. Ha sedici anni, è bionda, è alta più o meno così…”

      “Amico, non ho mai visto tua figlia”. Ike scosse la testa. Aveva uno strano cipiglio sul viso.

      Ma Zero notò la lieve, quasi impercettibile contrazione dei suoi occhi. Un tremolio sulle labbra nel tentativo di non lasciar trapelare alcuna emozione. Rabbia. Al nome di Sara, un lampo di rabbia gli aveva attraversato gli occhi.

      “Ok. Mi dispiace di averti disturbato”, disse Zero.

      “Va bene”, disse il ragazzo in tono inespressivo. Poi fece per chiudere la porta.

      Non appena Ike si fu leggermente allontanato, Zero sollevò un piede e diede un forte calcio proprio sotto alla maniglia della porta. Questa si aprì, andando a sbattere forte contro il ragazzo e gettandolo a terra sul tappeto marrone.

      Zero lo raggiunse in un secondo e gli bloccò la gola con un avambraccio. “La conosci”, ringhiò. “L'ho visto nei tuoi occhi. Dimmi dove è andata, o io…”

      Udì un ringhio e poi un Rottweiler nero e marrone dal collo spesso si gettò verso di lui. Ebbe a malapena il tempo di reagire, e non poté fare a meno di seguire il cane rotolando con lui. Il cane digrignò i denti mordendo l'aria e alla fine trovò il suo braccio e affondò i canini nella sua carne.

      Zero strinse forte i denti e continuò a rotolare in modo che l’animale fosse sotto di lui, e lo spinse con il braccio, cercando di reprimere la forza del cane e di liberare il suo avambraccio.

      Il ragazzo si alzò in piedi e fuggì dalla stanza mentre Zero cercava intorno a sé qualsiasi cosa potesse afferrare. Il cane si dimenò e si agitò sotto di lui, cercando di liberarsi, ma Zero gli pizzicò le zampe in modo che non riuscisse a rimettersi in posizione di attacco. La sua mano raggiunse una logora coperta appoggiata sul divano di pelle.

      Con la mano libera diede un solo colpo al muso del cane, non sufficientemente forte da ferirlo gravemente, ma abbastanza deciso da stordirlo e indurlo a lasciagli il braccio. Nel mezzo secondo prima che le mascelle si serrassero di nuovo, avvolse la coperta intorno alla testa del cane e rilassò le gambe in modo da poter rialzarsi.

      Quindi passò l'estremità della coperta sotto il suo corpo e legò le estremità dietro la testa, fino ad avvolgere la parte anteriore del Rottweiler nella coperta. Il cane si agitò e si lasciò andare, cercando di liberarsi, e a momenti ci sarebbe riuscito. Quindi Zero si alzò in piedi e si precipitò all'inseguimento dello spacciatore.

      Scivolò in una minuscola cucina appena in tempo per vedere Ike che stava estraendo una piccola e brutta pistola dal cassetto. Cercò di puntarla verso di lui, ma Zero fece un balzo in avanti e lo fermò, poi con una stretta che slogò, o forse spezzò, una delle dita del ragazzo, gliela tolse di mano.

      Ike strillò forte e si rannicchiò, tenendosi la mano, mentre Zero gli puntava la pistola alla fronte.

      “Non spararmi”, piagnucolò. “Non sparare. Per favore, non sparare”.

      “Dimmi quello che voglio sapere. Dov'è Sara? Quando l'hai vista per l'ultima volta?”

      “Va bene! Ok. Senti, è venuta da me, ma non poteva pagare, quindi ci siamo accordati, lei mi avrebbe aiutato con delle commissioni in città…”

      “Droga”, lo corresse Zero. “Le hai chiesto di consegnare droga. Fai prima a dirlo”.

      “Si. Droga. Erano passati solo pochi giorni, e lei stava bene, ma poi le ho dato un grosso lotto di pillole… “

      “Di cosa?”

      “Pillole da prescrizione. Antidolorifici. Ed è sparita, amico. Non si è mai presentata, non ha mai consegnato. La mia gente era incazzata. Ho perso mille dollari. E ha persino preso una delle mie macchine, perché non ne aveva una sua…”

      Zero rise forte. “Le hai dato un migliaio di dollari di droga e lei è scappata?”

      “Proprio così”. Alzò lo sguardo su Zero, tenendo le mani in alto, vicino al viso, sulla difensiva. “Se ci pensi, sono io la vittima qui…”

      “Sta zitto”. Spinse delicatamente la canna contro la fronte di Ike. “Dove doveva andare, e che tipo di macchina aveva?”

*

      Zero si mise alla guida dell'Escalade nera, che aveva “preso in prestito” da Ike insieme alla sua pistola, e usò il GPS del suo telefono per guidare il più velocemente possibile verso il punto di riconsegna, cercando nel frattempo una berlina Chewy azzurra del 2001 a quattro porte.

      Non ne vide nessuna prima di raggiungere il punto di consegna, che con suo grande dispiacere non era altro che un centro ricreativo locale. Ma non poteva preoccuparsene al momento. Invece pensò tra sé: che cosa aveva fatto Sara? Dove era andata?

      Prima ancora di porsi la domanda, già aveva la risposta. Insieme a quel pensiero, gli tornò alla memoria il profumo del sale.

      Non era un segreto nella loro famiglia che Kate, la madre di Maya e Sara, avesse un posto preferito nel mondo. Aveva portato le ragazze lì in tre diverse occasioni; la prima volta, Maya aveva otto anni e Sara sei e aveva detto loro: “Questo è il mio posto preferito”.

      Era una spiaggia del New Jersey, e Zero, in un altro contesto, avrebbe trovato quella frase imbarazzante. La spiaggia era troppo rocciosa e l'acqua, tolti i due mesi più caldi dell'estate, era sempre troppo fredda, ma non era quello che Kate amava. Lei amava il paesaggio. Ci andava ogni anno quando era una bambina, per tutta l'adolescenza, e provava un amore viscerale e incondizionato per quel posto.

      La spiaggia. Sapeva che Sara sarebbe andata alla spiaggia.

      Cercò sul suo telefono le spiagge più vicine e si diresse lì come un maniaco, tagliando la strada ad altre macchine, ignorando qualsiasi segnaletica e sorprendendosi di tanto in tanto che nessun poliziotto lo fermasse. I parcheggi sulla spiaggia erano piccoli, lunghi e stretti e pieni di macchine e famiglie felici. Ma non vide alcun veicolo che corrispondesse a quello descritto da Ike.

      Cercò in tre delle spiagge più grandi e vicine alla casa e al lavoro di Sara ma non trovò nulla. Stava scendendo rapidamente la sera. Nel frattempo, era stato eletto un nuovo presidente degli Stati Uniti; l'ex presidente della Camera aveva fatto il giuramento proprio quel pomeriggio. Maria era stata invitata alla cerimonia, e molto probabilmente si trovava già a qualche cocktail party, pieno di politici soffocanti e individui facoltosi, sorseggiando champagne e parlando pigramente di un futuro luminoso, mentre Zero cercava sua figlia sulla costa di Jacksonville, proprio quella figlia che, l'ultima volta che si erano visti, aveva chiamato la polizia e gli aveva urlato che non voleva vederlo mai più.

      “Dai, Sara”, mormorò mentre accendeva i fari. “Dammi un segno, aiutami a trovarti. Ci deve essere una…”

      Si interruppe quando si rese conto del suo errore. Stava cercando tra le spiagge pubbliche. Spiagge famose. Ma la spiaggia di Kate era piccola e poco frequentata. E Sara aveva un carico di droga del valore di mille dollari. Non avrebbe voluto trovarsi nei dintorni di altre persone.

      Si avvicinò al lato della strada e consultò nuovamente il telefono. Cercò freneticamente spiagge meno popolari, spiagge rocciose, luoghi in cui la gente non andava spesso. Fu una ricerca difficile, e stava perdendo la speranza, quando pensò di cercare tra le immagini: a quel punto la vide…

      Una

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