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“Chi ha riportato il crimine?”

      La voce rispose: “Ha chiamato un agente del BAU da Phoenix, Arizona. So quanto sembri strano, ma …”

      Calò il silenzio.

      Petrie disse: “Risposta al Codice Tre?”

      Ruhl sapeva che Petrie stava chiedendo se usare le luci lampeggianti e la sirena.

      La voce chiese: “Quanto distate dal posto?”

      “Meno di un minuto” Petrie ribatté.

      “Meglio restare in silenzio allora. Tutta questa faccenda è …”

      La voce svanì di nuovo. Ruhl immaginava che la donna non volesse attirare l’attenzione. Qualunque cosa stesse davvero accadendo in quel quartiere lussuoso e privilegiato, era senz’altro meglio tenere i media lontani il più a lungo possibile.

      Infine, la voce ricomparve: “Fate un controllo, OK?”

      “Ricevuto. Siamo diretti sul posto.”

      Petrie pigiò sull’acceleratore e sfrecciarono lungo la strada, immersa nel silenzio.

      Ruhl si guardò intorno stupito, mentre si avvicinavano alla villa dei Farrell. Non era mai stato così vicino. La casa si estendeva in ogni direzione, e a lui appariva più un country club che l’abitazione di qualcuno. L’esterno era illuminato con cura, per protezione, senza dubbio, ma anche per ostentare gli archi, le colonne e le grandi finestre.

      Petrie parcheggiò l’auto nel vialetto circolare, e spense il motore. Lui e Ruhl uscirono dall’auto e si diressero verso l’enorme entrata. Petrie suonò il campanello.

      Dopo alcuni istanti, un uomo alto e snello aprì la porta. Ruhl dedusse dallo smoking elegante e dalla sua espressione severa e boriosa, che fosse il maggiordomo della famiglia.

      Sembrò sorpreso al vedere i due poliziotti, e per niente contento.

      “Potrei chiedervi a cosa è dovuta la vostra presenza?” l’uomo domandò.

      Il maggiordomo non sembrava avere alcuna idea del fatto che potesse esserci un problema all’interno della villa.

      Petrie guardò Ruhl, che sentiva ciò che il suo mentore stava pensando …

      Solo un falso allarme.

      Probabilmente uno scherzo.

      Petrie disse al maggiordomo: “Potremmo parlare col Signor Farrell, per favore?”

      Il maggiordomo sorrise in maniera altezzosa.

      “Temo che non sia possibile” l’uomo disse. “E’ profondamente addormentato, e ho ordini molto precisi”

      Petrie lo interruppe: “Abbiamo ragione di essere preoccupati riguardo alla sua sicurezza.”

      Il sopracciglio del maggiordomo si sollevò.

      “Davvero?” disse. “Gli darò un’occhiata, se insistete. Proverò a non svegliarlo. Vi assicuro, si lamenterebbe in maniera piuttosto accesa.”

      Petrie entrò seguendo il maggiordomo nella casa, senza chiedere permesso. L’abitazione era vasta: un colonnato marmoreo conduceva ad una scalinata coperta da un tappeto rosso, fiancheggiata da un corrimano rosso curvo. Ruhl trovava sempre più difficile credere che qualcuno vivesse davvero lì. Assomigliava piuttosto ad un set cinematografico.

      Ruhl e Petrie seguirono il maggiordomo in cima alle scale, poi lungo un ampio corridoio fino ad un paio di porte doppie.

      “La camera padronale” il maggiordomo disse. “Aspettate qui un momento.”

      Il maggiordomo oltrepassò le porte.

      Poi, sentirono un grido di orrore.

      Ruhl e Petrie si precipitarono all’interno e si ritrovarono in un soggiorno; da lì entrarono in un’enorme camera da letto.

      Il maggiordomo aveva già acceso le luci. Per un attimo Ruhl avvertì quasi un dolore agli occhi, dovuto al repentino cambio di illuminazione. Poi, lo sguardo gli cadde su un letto a balze. Come ogni altra cosa nella casa, anche questo era enorme: sembrava un elemento uscito fuori dalla scena di un film. Ma, per quanto fosse grande, era sovrastato dal resto della grandezza della camera.

      Ogni elemento nella camera padronale era oro e bianco, ad eccezione del sangue sparso su tutto il letto.

      CAPITOLO TRE

      Il maggiordomo era poggiato alla parete e si guardava intorno con un’espressione gelida. Anche a Ruhl sembrò che l’aria fosse uscita dai polmoni.

      L’uomo era lì, sul letto: il ricco e famoso Andrew Farrell era morto e coperto di sangue. Ruhl lo riconobbe avendolo visto molte volte in televisione.

      Quello era il primo cadavere di un morto ammazzato che avesse mai visto. Non si sarebbe mai aspettato una scena simile, strana e irreale.

      Quello che rendeva tutto particolarmente bizzarro era la donna seduta su una poltrona riccamente decorata, proprio accanto al letto. Ruhl riconobbe anche lei. Si trattava di Morgan Farrell, precedentemente nota come Morgan Chartier, una famosa modella, che ormai si era ritirata a vita privata. Il defunto aveva trasformato il loro matrimonio in un evento mediatico, e gli piaceva mostrare la donna in pubblico.

      Indossava una vestaglia sottile e costosa, che era macchiata di sangue. Era seduta immobile, con in mano un grosso coltello dal manico intagliato, insanguinato, come la mano della donna.

      “Merda” mormorò Petrie in tono stupito.

      Poi, parlò nel suo microfono.

      “Questa è una chiamata quattro-Frank-tredici da casa Farrell. Abbiamo un vero cento-ottantasette qui, davvero. Mandate tre unità, inclusa una squadra omicidi. Contattate anche il coroner. Meglio anche dire al Capo Stiles di arrivare.”

      Petrie ascoltò la risposta nel proprio auricolare, poi sembrò riflettere per un istante.

      “No, non fatelo diventare un Codice Tre. Dobbiamo mantenere quanto più possibile il silenzio intorno alla vicenda.”

      Nel frattempo, Ruhl non riuscì a staccare gli occhi dalla donna. Aveva pensato che era bella, quando l’aveva vista alla TV. Abbastanza stranamente, gli appariva ancora bella persino ora. Sebbene avesse in mano un coltello insanguinato, sembrava delicata e fragile quanto una statuina di porcellana.

      Era anche immobile, come se fosse stata fatta di porcellana, immobile quanto il cadavere, ed apparentemente inconsapevole delle presenze appena giunte nella stanza. Persino i suoi occhi non si muovevano, mentre continuava a fissare il coltello nella sua mano.

      Mentre seguiva Petrie verso la donna, si rese conto che la scena non gli appariva più come un set cinematografico.

      Sembra più l’allestimento di un museo delle cere, pensò.

      Petrie toccò gentilmente la donna sulla spalla e disse: “Signora Farrell …”

      La donna lo guardò, senza tradire neppure un po’ di stupore.

      Sorrise e rispose: “Oh, salve, Agente. Mi chiedevo quando sarebbe arrivata la polizia.”

      Petrie indossò un paio di guanti di plastica, subito imitato da Ruhl, tolse delicatamente il coltello dalla mano della donna, e lo porse a Ruhl, che lo mise delicatamente all’interno di un sacchetto.

      Nel frattempo, Petrie si rivolse alla donna: “La prego mi dica che cos’è successo.”

      La donna esplose in una risatina piuttosto musicale.

      “Beh, che domanda sciocca. Io ho ucciso Andrew. Non è ovvio?”

      Petrie rivolse uno sguardo a Ruhl, come per chiedere …

      E’ ovvio?

      Da un lato, non sembrava esserci una spiegazione alternativa che giustificasse questa scena bizzarra. Dall’altro …

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