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che l’avrebbe rifatto un milione di volte per lei.

      “Fratello,” disse una voce.

      Dario si voltò e fu emozionato di vedere sua sorella Sandara farsi avanti insieme a Gwendolyn e all’uomo che Sandara amava, Kendrick. Dario notò il sangue che scorreva lungo il braccio di Kendrick, i graffi freschi sulla sua armatura e sulla sua spada, e provò un’ondata di gratitudine. Sapeva che se non fosse stato per Gwendolyn. Kendrick e il loro popolo, lui e la sua gente sarebbero morti sicuramente sul campo.

      Loti si fece da parte mentre Sandara si avvicinava e abbracciava Dario.

      “Sono in debito con voi tutti,” disse Dario guardandoli. “Io e tutto il mio popolo. Siete tornati indietro ad aiutarci quando non eravate tenuti a farlo. Siete dei veri guerrieri.”

      Kendrick si fece avanti e gli mise una mano sulla spalla.

      “Sei tu il vero guerriero, amico mio. Hai dimostrato grande valore oggi sul campo di battaglia. Dio ha ricompensato il tuo valore con questa vittoria.”

      Gwendolyn si avvicinò e Dario chinò la testa.

      “La giustizia ha trionfato sulla malvagità e sulla brutalità,” disse. “Traggo un piacere personale, per molti motivi, dal guardare la tua vittoria e il tuo permesso di poterne fare parte. So che mio marito, Thorgrin, farebbe lo stesso.”

      “Grazie, mia signora,” le disse commosso. “Ho sentito raccontare grandi cose di Thorgrin e spero di incontrarlo un giorno.”

      Gwendolyn annuì.

      “Quali sono i tuoi piani per il tuo popolo oggi?” gli chiese.

      Dario ci pensò, rendendosi conto di non averne idea: non ci aveva pensato. Non credeva neppure di poter sopravvivere.

      Prima che potesse rispondere si udì un improvviso trambusto e dalla folla emerse un volto che conosceva bene: era Zirk, uno degli allenatori di Dario, insanguinato per la battaglia, senza camicia e con i grossi muscoli in mostra. Era seguito da mezza dozzina di anziani del villaggio e da un grosso numero di paesani che non sembravano per niente soddisfatti.

      Zirk guardò Dario con sguardo torvo e con aria di sufficienza.

      “Sei fiero di te?” gli chiese con tono denigratorio. “Guarda cos’hai fatto. Guarda quanti di noi sono morti qui oggi. Hanno subito tutti delle morti insensate. Erano tutti bravi uomini e sono morti a causa tua. Tutto per il tuo orgoglio, per la tua arroganza, per il tuo amore per questa ragazza.”

      Dario arrossì e si sentì avvampare di rabbia: Zirk ce l’aveva sempre avuta con lui, fin dal primo giorno che l’aveva incontrato. Per qualche motivo aveva sempre dato l’idea di sentirsi minacciato da Dario.

      “Non sono morti a causa mia,” rispose Dario. “Hanno avuto una possibilità di vita grazie a me. Di vivere sul serio. Sono morti per mano dell’Impero, non per mano mia.”

      Zirk scosse la testa.

      “Sbagliato,” ribatté. “Se ti fossi arreso, come ti avevamo detto di fare, a tutti noi mancherebbe un pollice adesso. Invece ad alcuni di noi manca la vita. Il loro sangue macchia le tue mani.”

      “Tu non capisci niente!” gridò Loti in sua difesa. “Eravate semplicemente tutti troppo spaventati da ciò che Dario faceva per voi!”

      “Pensi che sia finita qui?” continuò Zirk. “L’Impero ha milioni di uomini dietro a questo. Ne hai uccisi un pochi. Quando verranno a saperlo torneranno con un esercito cinque volte più grande. E la prossima volta ciascuno di noi verrà macellato, e prima torturato. Hai siglato una sentenza di morte per tutti noi.”

      “Sbagli!” disse Raj. “Ti ha dato una possibilità di vivere. Una possibilità d’onore. Una vittoria che non meritavi.”

      Zirk si voltò verso Raj lanciandogli un’occhiataccia.

      “Queste sono state le azioni di un ragazzino folle e avventato,” rispose. “Un gruppo di ragazzi che avrebbe dovuto ascoltare i propri anziani. Non avrei mai dovuto allenare nessuno di voi!”

      “Sbagliato!” esclamò Loc portandosi accanto a Loti. “Queste sono state le azioni valorose di un uomo. Un uomo che conduce i ragazzi a diventare uomini. L’uomo che tu fingi di essere ma non sei. Non è l’età a fare l’uomo, ma il valore.”

      Zirk arrossì e lo guardò torvo, stringendo la presa attorno all’elsa della sua spada.

      “Così parla lo storpio,” rispose Zirk avvicinandoglisi minacciosamente.

      Bokbu emerse dalla folla e portò una mano avanti fermandolo.

      “Non vedi cosa ci sta facendo l’Impero?” disse. “Creano divisione tra noi. Ma noi siamo un popolo. Siamo uniti nella nostra causa. Sono loro il nemico, non noi stessi. Ora più che mai vediamo che dobbiamo stare uniti.”

      Zirk mise le mani sui fianchi e guardò Dario con serietà.

      “Sei solo un ragazzino stupido che dice scemenze,” disse. “Non potrai mai sconfiggere l’Impero. Mai. E noi non siamo uniti. Io disapprovo tutte le tue azioni di oggi, le disapproviamo tutti,” disse, indicando metà degli anziani e un largo gruppo di abitanti. “Unirsi a te significa unirsi alla morte. E noi intendiamo sopravvivere.”

      “E come pensi di farlo?” chiese Desmond con rabbia, portandosi accanto a Dario.

      Zirk arrossì e rimase in silenzio: a Dario apparve chiaro che non aveva un piano, proprio come gli altri. Stava parlando per la paura, per la frustrazione e l’impotenza.

      Bokbu alla fine si fece avanti, si portò tra loro e spezzò la tensione. Tutti gli occhi si voltarono verso di lui.

      “Siete entrambi nel giusto e nel torto,” disse. “Ciò che conta ora è il futuro. Dario, qual è il tuo piano?”

      Dario sentì tutti gli occhi voltarsi verso di lui in un teso silenzio. Rifletté e lentamente un piano iniziò a delinearsi nella sua mente. Sapeva che c’era un’unica strada da prendere. Troppo era accaduto.

      “Porteremo questa guerra alla soglia d’accesso dell’Impero,” disse rinvigorito. “Prima che possano riorganizzarsi gliela faremo pagare. Raccoglieremo gli altri villaggi di schiavi, formeremo un esercito ed insegneremo loro cosa significhi soffrire. Può darsi che moriremo, ma moriremo tutti da uomini liberi, combattendo per la nostra causa.”

      Si levò un forte grido di esultanza da dietro Dario, dalla maggior parte degli abitanti, e vide che molti di loro si raggruppavano alle sue spalle. Un piccolo gruppo si raccolse invece attorno a Zirk, guardandolo con incertezza.

      Zirk, chiaramente infuriato e in minoranza, arrossì e lasciò la presa sulla spada. Si voltò e se ne andò di corsa, scomparendo nella folla. Un piccolo gruppo di persone se ne andò insieme a lui.

      Bokbu si fece avanti guardando Dario con solennità, la faccia segnata dalla preoccupazione, dall’età, da rughe che avevano visto troppo. Guardò Dario con occhi colmi di saggezza. E di paura.

      “Il nostro popolo si rivolge a te perché li guidi,” disse sottovoce. “È una cosa molto sacra. Non perdere la loro fiducia. Stai per guidare un esercito. Il compito è ricaduto su di te. Hai dato inizio a questa guerra: ora devi portarla a termine.”

*

      Gwendolyn si fece avanti mentre gli abitanti iniziavano a dileguarsi, affiancata da Kendrick e Sandara, Steffen, Brandt, Atme, Aberthol, Stara e decine di altri uomini. Guardò Dario con rispetto e vide la gratitudine nei suoi occhi per aver deciso di andare in suo aiuto sul campo di battaglia. Dopo la loro vittoria si sentiva vendicata. Sapeva di aver preso la decisione giusta, per quanto fosse stata dura. Aveva perso decine dei suoi uomini e piangeva la loro perdita. Eppure sapeva anche che se non fosse tornata indietro Dario e tutti gli altri che ora erano lì sarebbero sicuramente morti.

      Vedendo Dario lì in piedi, così coraggioso nell’affrontare l’Impero, le era venuto in mente Thorgrin e si sentiva spezzare il cuore al pensiero. Si sentiva determinata a ricompensare il coraggio di Dario a qualsiasi costo.

      “Siamo qui pronti a sostenere la vostra causa,” disse Gwendolyn. Ordinò l’attenzione

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