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Melchiorre Reviglione, e ne fece fare la proposta al Conte di Lemos, offrendosi di andar lui in Spagna, giacchè essendo «pensionato del Re» nessuno avrebbe mai potuto intendere lo scopo del viaggio, che sarebbe stato attribuito ai suoi particolari interessi. La guerra pel Monferrato assopì la faccenda, ma nel novembre 1616 fra Cornelio se ne andò a Roma per parlarne al Ministro di Savoia, l'Abate Scaglia Conte della Verrua, al quale già si era offerto prima quale agente di fiducia mandandogli una cifra e qualche lettera di poca importanza: l'Abate non lo ritenne altrimenti che un furbo, desideroso di assicurarsi in Madrid la pensione, posta in pericolo dall'essere succeduto il Duca di Ossuna al Conte di Lemos, mentre egli trovavasi «da tanto tempo pensionato dal Re»; infine poi fra Cornelio, divenuto già gottoso, non volle contentarsi di 300 ducati d'oro fattigli offrire dal Duca pel viaggio, ma a noi basta che sia accertato il fatto della pensione già ottenuta da antica data144. Così non a torto poi il Campanella ebbe a mettere innanzi i tanti premii che il Re avea dati; e s'intende che per un servigio di quel genere i premii erano un fatto naturalissimo, ma veder premiato e notoriamente premiato anche fra Cornelio giudice di S.to Officio, senza che il Nunzio Aldobrandini se ne fosse mai curato in alcun modo, non può non dirsi un fatto veramente scandaloso.

      Dobbiamo aggiungere ancora qualche parola sulla promozione avuta egualmente dall'Avvocato De Leonardis, di cui il Campanella poi nella Narrazione disse che avea «più presto avvocato contra per diventar Consigliero». Non pare che l'appunto possa qui dirsi fondato. Oltrechè abbiamo testualmente la Difesa scritta dal De Leonardis, ed ognuno è in grado di valutarla, sappiamo che egli non diventò Consigliere a un tratto, ma prima passò all'ufficio di Fiscale della Vicaria, e più tardi all'ufficio di Consigliere; percorse quindi la carriera giudiziaria comune, nella quale non poteva incontrare obiezioni, giacchè era universalmente riconosciuta la sua cultura e la sua buona morale, come l'attestano varie scritture del tempo. Non siamo riusciti a trovare nell'Archivio di Stato il Privilegio della sua nomina ad Avvocato Fiscale, dove avrebbe veramente potuto esservi qualche parola di ricordo de' suoi meriti speciali anche per la causa degl'incriminati della congiura, giacchè il Governo spagnuolo non si sarebbe fatto scrupolo di parlarne; abbiamo soltanto trovato l'esecutoria di tale Privilegio in data del 2 novembre 1601. Ed abbiamo poi trovato anche il Privilegio della nomina a Consigliere in data di Valladolid 3 aprile 1602, la comunicazione fattane al Consiglio in data del 1o maggio, e l'annotamento dell'esecutoria in data dell'11 ottobre detto anno; nè il Privilegio reca alcuna menzione del servizio prestato nella causa della congiura, come s'incontra p. es. in persona dello Xarava145. Dopo ciò possiamo venire all'esposizione del processo dell'eresia.

      CAP. V

SÈGUITO DE' PROCESSI DI NAPOLI E DELLA PAZZIA DEL CAMPANELLAB. – Processo dell'eresia (maggio 1600 a settembre 1602)

      I. Rammentiamo innanzi tutto, circa l'eresia, che dapprima il Papa avea manifestato di volere a Roma gl'incriminati o sospetti in tale materia finita la causa della congiura (4 10bre 1599); ma in sèguito, vista senza dubbio l'impossibilità della cosa, giacchè il Governo Vicereale non si sarebbe lasciato trarre di mano i frati che il processo della congiura mostrava colpevoli, avea spedito ordine mediante il Card.l di S.ta Severina che se ne occupasse il Nunzio, con ogni probabilità perchè il Vescovo di Caserta Ministro della S.ta Inquisizione Romana nel Regno trovavasi assente, in compagnia del Vicario Arcivescovile della Curia napoletana, il quale presedeva il tribunale diocesano di S.to Officio (4 febbraio 1600)146; il Nunzio poi, che molto volentieri ne avrebbe fatto di meno, vista la profonda dottrina del Campanella, il quale sviluppava tante profezie e produceva tante citazioni in suo favore, scrisse subito al Card.l S. Giorgio, ed anche al Card.l di S.ta Severina, che «se pur tal negotio dovea spedirsi qua» in Napoli, reputava necessario l'intervento di qualche persona pratica e buon Teologo (11 febbraio). Così scorse ancora un certo tempo, sino a che non fu disponibile l'uomo capace di stare a fronte del Campanella secondo le preoccupazioni del Nunzio, e solo verso la fine di aprile si potè costituire il tribunale per l'eresia, associando a' due Giudici prima designati il Vescovo di Termoli. Era costui quel fra Alberto Tragagliolo da Firenzuola Domenicano, che abbiamo già visto Commissario generale del S.to Officio sin dall'ottobre 1592 e durante i processi avuti in Roma dal Campanella nel 1594-1595, divenuto molto benevolo verso il filosofo in tale occasione e senza dubbio assai competente ed opportuno nel caso attuale. Malamente designato dal Fontana col nome di «frater Albertus Tragnolus» e poi anche con quello di fra Alberto Drago 147, così ritenuto dall'Ughelli e dopo di lui anche da Quétif ed Echard 148, malamente creduto Firenzuola e non Tragagliolo dal Capialbi149, egli cognominavasi Tragagliolo ed era nativo di Firenzuola nel Piacentino: avea già funzionato da Commissario del S.to Officio in Faenza, in Genova, in Milano, quando venne chiamato Commissario generale in Roma da Clemente VIII; poi dietro la morte di Mons.r Francesco Scoto fu promosso al Vescovato di Termoli, secondo il Fontana e l'Ughelli il 29 novembre 1599, ma certamente provvisto di exequatur soltanto all'ultimo di febbraio 1600, con esecutoria in data degli 8 marzo, come risulta dalle scritture esistenti nell'Archivio di Napoli150. Può dirsi con sicurezza che si pensò a lui per la causa del Campanella più che all'ultima ora, essendogli stata mandata a Napoli la nomina di Commissario della causa dopo la sua partenza da Roma; ond'egli assai probabilmente non giunse nemmeno a vedere la sua Chiesa, obbligato ad un lavoro assiduo pel processo di cui andiamo ad occuparci, fino al tempo della sua morte, che avvenne disgraziatamente otto mesi dopo, succedendogli nel carico di giudice D. Benedetto Mandina Vescovo di Caserta. Quanto al Vicario Arcivescovile, abbiamo già avuta occasione di rilevare che teneva detto officio il Rev.do Ercole Vaccari (ved. pag. 44): qui dobbiamo aggiungere che per le molteplici e gravi faccende della Curia Arcivescovile erano allora i carichi distribuiti a più persone in qualità di Vicarii, e nelle scritture del tempo, oltre il Vaccari, designato «Vicarius generalis capitularis et locumtenens in spiritualibus», troviamo il Rev.do Curzio Palumbo, designato «Vicarius generalis Monialium et locumtenens in civilibus»; e vedremo nel processo figurare da giudice o «congiudice» prima il Vaccari con la qualità di Delegato, poi il Palumbo con la qualità di subdelegato, poi ancora il Rev.do Alessandro Graziano successo al Vaccari dopo la morte dell'Arcivescovo Card.l Gesualdo.

      Il 18 aprile 1600, alle istanze del Nunzio, il quale in data del 14 aveva ancora mostrato di non sapere dove S. S.tà volea che si trattassero le materie appartenenti al S.to Officio, il Card.l di S.ta Severina rispondeva, avere S. S.tà «per satisfare a cotesti Signori et Ministri Regii» risoluto che la causa spettante al S.to Officio si trattasse in Napoli dal Nunzio, dal Vicario Arcivescovile e dal Vescovo di Termoli, il quale da tre giorni era partito per Napoli, onde egli dirigeva al Nunzio medesimo la lettera scritta per lui; e soggiungeva essere intenzione di S. S.tà, che procurassero di terminar presto la causa, ma ne inviassero a Roma un breve Sommario, coll'avviso su' meriti del processo, e col parer loro intorno alla spedizione, prima di dare la sentenza. Analogamente egli scriveva pure al Vescovo di Termoli ed al Vicario Arcivescovile, aggiungendo al Vescovo, che per essere persona «molto ben pratica, et anco informata delle altre cause conosciute in questa santa Inquisitione contra il Campanella, ove abiurò come sospetto vehementemente di heresia l'anno 1591», non gli diceva altro, bensì offriva di mandargliene le scritture se lo reputasse necessario: dalle quali parole risultano chiariti assai bene gli antecedenti così del Vescovo di Termoli come del Campanella, e chiarita la posizione giuridica in cui il Campanella veniva a trovarsi, cioè la posizione di relapso, qualora le nuove accuse di eresia fossero state provate. Siffatte lettere leggonsi nel processo di Napoli, 2o volume dell'intero processo, costituendone i primi atti151. Sappiamo poi dal Carteggio del Nunzio che egli vide il Vescovo di Termoli il 5 maggio, e in tale data gli consegnò ad un tempo la lettera del Card.l di S.ta Severina e il processo di Calabria portato da fra Cornelio fin dal novembre e giacente presso di lui. Così al Vescovo di Termoli veniva in realtà «deferita ogni cosa», come il Nunzio ebbe a dire più tardi, ed egli, presa stanza nel convento di S. Luigi dell'ordine de' Minimi di S. Francesco di Paola, posto presso Palazzo Reale, si diede con molta alacrità a compiere il suo mandato. Gli altri colleghi si occuparono della causa piuttosto con la

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<p>144</p>

Ved. nell'Arch. di Stato in Torino Lettere Ministri Due Sicilie, maz. 2.o, let. del 4 e del 14 giugno 1613, dell'8 novembre 1616 e 6 gennaio 1617; inoltre Lettere Ministri Roma maz. 27, fasc. 2o, let. del 26 novembre 1616.

<p>145</p>

Per le esecutorie di entrambi i Privilegi successivamente avuti, ved. i Registri Sigillorum vol. 38 e 39 alle date suddette. Pel Privilegio della nomina a Consigliere, ved. i Reg.i Privilegiorum vol. 123 fol. 168: quivi i meriti della sua persona sono espressi ne' seguenti termini, «cuius nobis et eruditio ac diligentia, et quidem probitas atque prudentia probantur, quandiu hactenus officium Advocati fiscalis nostrae Magnae Curiae Vicariae et alia munia cum laude exercuisti». Per la comunicazione fattane al Consiglio, ved. i Reg.i Notamentorum S. R. C. ab anno 1599 usque et per totum annum 1609, data suddetta.

<p>146</p>

Questa lettera del S.ta Severina non si trova nel Carteggio esistente in Firenze, ma è citata nelle due lettere del Nunzio al S. Giorgio e al S.ta Severina degli 11 febbraio (ved. Doc. 87 e 88, pag. 63). L'assenza del Vescovo di Caserta dal Regno rilevasi dalla lettera precedente del Nunzio del 16 novembre 1599 (vedi Doc. 54, pag. 51).

<p>147</p>

Fontana, Sacrum Theatrum Dominicanorum, Rom. 1666, pag. 589 e 544.

<p>148</p>

Ughelli, Italia Sacra, Venet. 1720, t. 8, p. 37. – Quétif et Echard, Scriptores ordinis Praedicatorum, Lutet. Parisior. 1721, t. 2, p. 343-44.

<p>149</p>

Nella sua Narrazione il Campanella lo nomina due volte, dicendolo Tragagliola, e il Capialbi lo corregge sempre dicendo «leg. da Firenzuola»; inoltre il Capialbi lo dice di Firenzuola in Toscana, ma anche l'Ughelli l'avea già dichiarato «Insuber».

<p>150</p>

Vedi i Registri Comune vol. 29 (an. 1599-1603) fol. 28 t.o, dove il Vescovo è cognominato «tragaiolo», e i Registri Sigillorum vol. 37 (an. 1600), data 8 marzo, dove si legge: «Exequotoria de bulle apostolice del Vescovato della città di termole in persona del Rev. frate Alberto tragarola taxato nihil solvat» etc. Anche nel processo del Campanella non di rado il cognome del Vescovo trovasi scorretto; ma nel Carteggio del Nunzio (Lettere dal 1597 al 1598, Filza 210) può vedersene la firma autografa sotto una Fede rilasciata per aver ricevuto un frate prigione inviato da Napoli, e del pari se ne legge molto esattamente il cognome ne' preziosi documenti del processo di Giordano Bruno raccolti dal Berti.

<p>151</p>

Vedi Doc. 308, pag. 256.