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quinto da quest'ultima epoca fino al trattato di Westfalia. Nel sesto da questo fino al trattato di Passarowitz. Nel settimo da quest'ultimo fino alla rivoluzione francese. Nell'ottavo da questa al congresso di Vienna. Nel nono esporremo i rapporti delle scienze belliche colla letteratura e colle belle arti, determineremo in quale scientifica categoria la guerra possa essere considerata e quale sia l'importanza dello studio di essa per la sua pratica applicazione come arte, e termineremo col riassumere tutto quanto dicemmo nei nostri discorsi. Confidiamo che il piú dei lettori voglia prender diletto da una scienza di cui è tanta l'importanza e l'altezza che piú addentro si guarda e piú s'ama.

      DISCORSO II

      Delle differenze tra la scienza militare degli antichi e quella de' moderni.

      Avendo nel primo nostro discorso dichiarato i legami che ha la scienza militare con le altre tutte, mostreremo ora in questo le differenze di essa scienza tra' vari popoli in tempi diversi. E perché la piú chiara ed esatta distinzione si è quella fra antichi e moderni, cosí riserbando ad altro luogo il parlar d'altre cose attinenti all'arte della guerra, terremo qui ragionamento dei caratteri particolari i quali separano le usanze guerriere degli antichi da quelle de' popoli moderni, e dimostreremo come tali differenze risultino dallo stato civile e dalla istruzione scientifica delle nazioni.

      Non v'ha dubbio che presso le genti barbare non v'ha scienza bellica, ma sí veramente solo ci ha in quella vece l'istinto della guerra. Di strattagemmi componesi, per cosí dire, la guerra, la quale è soggetta ad un certo calcolo. Per esserci dunque una scienza bisogna che lo stato delle societá sia tale che nelle loro leggi e nella loro coltura intellettuale ci sia qualche cosa di comune. La scienza militare in tal caso seguirá questa tendenza e salirá veramente a quel grado che se le conviene. Dopo le quali premesse ci occorre questa prima quistione: fino a qual punto la scienza militare ottenne ne' prischi tempi il carattere di generalitá che hanno le scienze tutte?

      L'antichitá presentava nel suo complesso popoli costituiti in una gradazione diversa della scala sociale. Leggi teocratiche ed una civiltá stazionaria regnavano nelle vaste e misteriose contrade dell'Egitto e delle Indie. Misto di leggi militari e teocratiche era il reggimento della monarchia persiana. Le coste dell'Asia minore si governavano con forme republicane, le quali meglio si confacevano allo spirito commerciale che dominava in quei popoli. Delle orde nomadi occupavano il centro dell'Asia. La gran famiglia celtica stendevasi in quasi tutta l'Europa meridionale, ed i sarmati e gli scandinavi ne tenevano il settentrione. Tutte queste nazioni erano veramente societá poco avanzate per rispetto alla civiltá ed alla scienza in gradi diversi. La Grecia con le sue colonie e Roma con l'Etruria presentavano i soli popoli in cui la civiltá non solo era inoltrata, ma portava seco medesima il seme di maggior progresso. La civiltá delle coste occidentali dell'Africa avea apparenza di forestiera, perché introdotta dalle colonie colá stabilite, ma l'interno del paese era barbaro o ignoto. Da questa breve esposizione risulta che piú differenze che somiglianze vi erano tra le varie nazioni del mondo antico; e sarebbe un far onta alla sagacitá de' nostri lettori il dimostrare la disparitá compiuta cosí negli usi e costumi come nelle idee e ne' sentimenti onde era separato il mite popolo delle Indie dall'orgoglioso persiano o dal parto feroce, il superstizioso egiziano dall'ateniese elegantissimo, e la intelligenza pronta del greco dalla gravitá de' romani o dall'ignoranza de' celti.

      Or se ne' popoli dell'antichitá le differenze erano molto maggiori delle somiglianze nel complesso della loro esistenza, per logica deduzione ciò doveva dare le stesse conseguenze riguardo alla coltura ed allo scibile. L'applicazione di questo principio al nostro scopo ci rende certi che l'arte militare appresso gli antichi aveva un carattere proprio e locale che la faceva rassomigliare ad una letteratura anzi che ad una scienza, giacché quella è sempre l'espressione della societá nella quale fiorisce, e questa veste sempre il carattere dell'universalitá.

      Ed ecco pertanto la piú evidente diversitá tra l'arte militare degli antichi e quella de' moderni: che l'una è locale, l'altra generale, perché tra i primi le differenze sono maggiori delle somiglianze e nei secondi le somiglianze sono molto piú delle differenze. Infatti la dominazione romana, il cristianesimo, il sistema feudale, la letteratura classica hanno stabilito fra' moderni popoli quella specie di comunione, quella somiglianza, diciam cosí, di fisonomia che non poteva, come notammo, esser mai tra i loro predecessori. E però l'arte militare nella novella Europa ha preso quel carattere scientifico ed universale che non si ebbe mai appresso gli antichi. Per giugnere a questa veritá, ricordevoli del metodo da noi adottato nel precedente discorso, dimostreremo come gli uomini, le armi e gli ordini antichi, comparati co' nostri, indicano nel tempo stesso non meno le differenze dello stato dell'arte militare presso i popoli dell'antichitá che quelle delle arti e delle scienze tutte. E però si consideri:

      1. La facilitá che essi avevano di muovere i loro eserciti formati in ordine profondo grazie al limitato materiale di cui usavano, perché le loro armi non domandavano una consumazione perenne di munizioni da guerra.

      2. La parte secondaria che la cavalleria e le macchine di guerra tenevano ne' loro eserciti.

      3. La facilitá di governare masse limitate nel numero e nei bisogni in virtú della scelta degli uomini e dell'educazione che ricevevano.

      4. La poca importanza delle nozioni topografiche e geografiche, la quale risulta dalle antecedenti circostanze che erano proprie del sistema guerriero dell'antichitá, ond'è che il lavoro della penna e lo studio, cosí importanti pei moderni, erano quasi di niun valore per gli antichi; diversitá, secondo noi, la piú notabile, perché ben applicata può servir di misura al merito de' gran capitani delle varie etá e giovare ad assegnar loro quel posto che meritano nella opinione dei posteri.

      Ma qui crediam necessario prevedere qualche obbiezione che alla terza di queste proposizioni potrebbe farsi. Forse ci si dirá che il numero limitato è tutto al piú applicabile solo a' greci ed a' romani ne' loro tempi gloriosi, ma non mai a' popoli orientali o a' barbari nomadi cosí dell'Europa come dell'Asia e dell'Africa.

      A ciò rispondiamo che sebbene il padre della storia ci dia convincenti pruove della massa quantunque esagerata pur sempre numerosa dei persiani e di altri popoli dell'Oriente, nondimeno facciamo osservare che noi ignoriamo come sussistevano queste informi aggregazioni di uomini e come si amministravano, che poco sappiamo anche come combattevano, e che dalla sola rassegna dell'esercito persiano deduciamo che non vi era né scelta negli uomini né uniformitá nelle armi né in conseguenza negli ordini. Ma conosciamo per altro che metodi imperfetti servivano a muovere masse enormi, le quali operavano col loro peso e non mai con la loro intelligenza, e che l'arte mancava di regole certe e non poteva essersi elevata all'altezza di scienza. Il primo carattere, del pari che il piú gran risultamento di essa, consiste non solo nel far vincere, ma nell'avere negli ordini di che riparare ai rovesci. Imperciocché come osserva col suo alto senno il Segretario fiorentino, non ci è scienza guerresca ove non ci è un sistema di spiegare le proprie forze a proposito o con misura perché le speranze rinascano di continuo; speranze che non ingannano finché quell'ordine sussiste, laddove il valore individuale privo di direzione e di speranze perde il suo primo vigoroso impulso. E cosí quel grande ingegno nota e spiega la salda intrepidezza delle legioni anche ne' loro giorni sinistri e lo scoraggimento dei Galli dopo il primo loro assalto non riuscito1.

      L'osservazione del Machiavelli è applicabile cosí a' popoli nomadi d'Oriente che alle nazioni celtiche ed alle orde scitiche. Senonché queste avevano sui primi il vantaggio di uomini meglio preparati alla guerra pel loro stato sociale, di un armamento piú uniforme e piú compito, e se non di ordini militari positivi, almeno di quelle abitudini che ne tengono luogo e che ne producono i risultamenti. Crediamo cosí aver risposto all'obbiezione che poteva farcisi e dichiarato perché ci limiteremo a comparar coi moderni i soli popoli inciviliti dell'antichitá, giacché questi soli avevano fatto della guerra una scienza.

      La piú ristretta cognizione dell'istoria antica è sufficiente a far conoscere che i greci ed i romani, benché forniti di ordinanze ed armi diverse, avevano di comune la profonditá dell'ordine piú o meno flessibile nel movimento delle sue frazioni. È chiaro come simile ordinanza non solo agevoli i movimenti, ma renda il capitano padrone di masse disposte in un ordine mobile e concentrate sui circoscritti spazi; vantaggi tutti di cui sono privi i moderni per la natura delle armi da

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<p>1</p>

Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, libro III, capitolo XXXVI.