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La plebe, parte IV. Bersezio Vittorio
Читать онлайн.Название La plebe, parte IV
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isbn
Автор произведения Bersezio Vittorio
Жанр Зарубежная классика
Издательство Public Domain
Se quell'anima, racchiusa in un corpo quasi morto del tutto, con nessun altro spiraglio sulla vita che gli occhi, di cui non si poteva manco valere a manifestare le proprie sensazioni e volontà; se quell'anima, dico, era conscia di sè, giudichi il lettore quale dovesse essere il suo supplizio!
Il marchese ed il frate s'accostarono al letto del giacente, mentre gli altri con rispetto se ne scartavano.
– Nariccia, disse Baldissero, a cui parve uno degli occhi dell'assassinato si fissasse sopra di lui; mi riconoscete?
Non un moto, non il menomo cenno, non un batter di ciglio che indicasse l'infermo avesse udito; ma quella pupilla velata, dal fondo dell'occhiaia, continuò a restar fissa sul volto del marchese.
Padre Bonaventura insinuò dolcemente sotto le coltri la sua mano e prese la destra dell'assassinato.
– Ci riconoscete? diss'egli a sua volta, curvandosi verso il giacente, e colla sua voce dolcereccia e l'accento d'ostentata benevolenza.
Nariccia stette immobile, e il suo sguardo non si deviò nemmanco menomamente dalla direzione che aveva prima. La mano che fra' Bonaventura aveva presa non rispondeva in alcun modo alla stretta, ma era dura, ghiacciata come quella d'un cadavere. Il gesuita la abbandonò con un certo ribrezzo e si trasse in là; anche il marchese provò una specie di fastidio per quello sguardo atono, semispento, vitreo che si ostinava a star fiso su di lui: vide che non c'era nulla da fare e s'allontanò di alcuni passi.
– Avete voi qualche sospetto intorno agli assassini; credete voi di poterne scoprire le traccie? domandò egli al Commissario.
– Sono persuaso che già li conosco, almeno i principali: rispose il signor Tofi; quanto al trovarne io traccie, questo pezzo d'abito signorile, che viene a confermarmi nell'idea essere fra loro e dei principali alcuni che vestono panni fini, questo servirà di prova accusatrice irrepugnabile, perchè si troverà senza fallo il sarto che ha cucito e trapunto queste lettere e saprà dirci per cui.
Affondò le due mani nelle grandi tasche del suo soprabito, appoggiò il suo mento quadrato sul duro cravattone e stette innanzi a S. E. nella mossa del soldato senz'armi in presenza del suo superiore.
Il marchese fece un allo di licenza e di saluto che significava non avergli più nulla da domandare, e badasse pure ai fatti suoi, e si mosse per uscire; ma Padre Bonaventura domandava in quella al medico che ancora non era dipartitosi dal fianco del giacente:
– Crede Ella che questo sventurato possa sopravvivere, o che almeno in lui la vita possa durare ancora alcun poco?
Il medico si strinse nelle spalle e rispose:
– Sopravvivere, no certo; sarebbe un vero miracolo, e non ci credo; ma però questo suo stato, e fors'anche con qualche miglioria potrebbe prolungarsi per alcuni giorni, come pure potrebbe avvenire fra pochi minuti eziandio la morte.
Messer Tofi, che non trascurava nulla, che per le cose del suo mestiere aveva una fortunata feracità d'idee, erasi andato a piantare in faccia al ferito, appiè del letto, e ne guardava con tanta intentività la faccia terrea e immota che pareva una maschera di creta, da far credere volesse co' suoi occhi penetrare entro quella testa e leggergli il segreto del delitto di cui era vittima nelle pieghe del cervello. Gli parve che alle parole del medico qualche cosa avvenisse in quell'occhietto appannato che guardava senza espressione dal fondo dell'occhiaia, una lieve modificazione si facesse, una specie di turbamento vi si manifestasse. Tofi s'abbrancò alla sbarra del letto e si curvò verso il giacente con un evidente interesse, guardandolo con più attenzione.
– Se così è, diceva fra' Bonaventura, continuando il suo colloquio col medico, sarebbe forse opportuno dire su questo infelice le orazioni dei moribondi.
– Sì, sì: esclamò vivamente il Commissario di Polizia; glie le dica, Reverendo. La carità le impone di non lasciar partire quest'anima poveretta senza i supremi conforti della religione.
Non era del tutto un trasporto di zelo cattolico che movesse il signor Tofi a parlare così: ma era il desiderio di assicurarsi meglio se quella sembianza d'emozione ch'egli aveva creduto di scorgere nel paralitico era vera, se l'anima racchiusa in quel cadavere aveva tuttavia coscienza di sè e delle cose circostanti e poteva in qualche pur lievissima guisa manifestare esteriormente le sue sensazioni.
Padre Bonaventura cominciò la recitazione di quelle tristi preci: il medico si ritrasse in là come colui del quale non è necessaria la presenza, e si ridusse col giudice nel vano d'una finestra a discorrere sottovoce; il marchese invece non solo si fermò, ma venne riavvicinandosi al giacente, per associarsi ancor egli a quell'atto pietoso: il Commissario stette al suo posto, curvando sopra il letto verso la faccia di Nariccia la sua lunga persona.
Egli non aveva travisto, sotto quell'appannatura onde quei loschi occhietti erano velati, un osservatore, qual era il Commissario, potè scorgere una emozione di spavento, di cordoglio disperato, la quale cercava, penosamente direi quasi, manifestarsi, e non ci riusciva che a stento. Si sarebbe detto che quelle pupille volevano rotare sgomentite e non erano capaci che a girar lentamente, che volevano domandar pietà e nol potevano, che volevano piangere e non trovavan lagrime. Il volto di messer Tofi veniva esprimendo una strana soddisfazione che pareva quasi un sorriso. Appena fu se lasciò finire le preghiere sul labbro del gesuita.
– Egli ci ode, egli ci vede, egli capisce e può farsi intendere: esclamò il Commissario. Dottore, venga un po' qua e presti attenzione. Credo aver trovato il modo di far parlare questo morto.
Il medico ed il giudice s'accostarono vivamente: anche il marchese ed il gesuita s'aggrupparono intorno al letto non senza un po' d'emozione.
Tofi spiegò quello che aveva osservato.
– Ed ora: soggiunse: stieno attenti tutti che riusciremo a metterci in rapporto con quell'anima chiusa in quel corpo intormentito.
Si pose vicino al capezzale di Nariccia, e curvandosi verso di lui, gli disse:
– Per prima cosa rassicuratevi sulla vostra sorte. Il vostro male è grave, ma non è disperato; se anzi vi mettete con buon coraggio nel vostro interno a volere riagire contro questo intorpidimento che vi allaccia, riuscirete a superarlo più presto. Potrete guarire ed avrete ancora lunghi anni da vivere.
Gli astanti intorno al letto, dominati da un pungente interesse, tenevano gli sguardi fissi su quella faccia di morto con occhi semivivi: non un moto, non un cenno, nulla che potesse fare arguire il giacente avesse udito.
Tofi continuava:
– E più presto vincerete questo vostro torpore, più presto potrete darci i ragguagli perchè noi possiamo cogliere gli scellerati. Sarete vendicato (si curvò ancora più sul capo di lui) e potrete riavere tutto ciò che vi fu tolto.
Un fugace bagliore, come un piccolo guizzo, spento poi tosto, animò l'occhio destro dell'assassinato.
– Hanno visto? esclamò il Commissario. Per me non v'è più dubbio: egli comprende.
Il medico dichiarò che quel menomissimo accenno poteva essere puramente automatico.
– Non è vero che voi ci comprendete? soggiunse Tofi, curvandosi di nuovo sul giacente. Date retta, messer Nariccia: vegliamo fare una prova: metteteci da parte vostra ogni sforzo, tutta la buona volontà, perchè ciò vi deve interessare più di tutti noi. Se voi mi udite, se voi comprendete quel che dico, volgete il vostro sguardo verso di me.
Tutti si chinarono ansiosi a vedere se questa prova riuscisse. Le pupille di Nariccia stettero un momentino immote; poi lentamente, come con fatica, si mossero e la destra si volse verso Tofi, mentre la sinistra si volgeva appiè del letto, il qual modo era quello di guardare pe' suoi occhi loschi. Una lieve esclamazione uscì dal petto dei testimoni di quell'atto che prendeva una strana importanza.
– Vedete s'egli ci comprende! esclamò Tofi con trionfo. Oh noi lo faremo parlare, e la verità verrà fuori anche da quelle labbra morte. Fate attenzione,