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grande espettazione: tali erano Piccini, Traetta e Guglielmi. Un giorno per dar loro dell'emulazione ed animo, Voi avete, disse loro, nel conservatorio di Loreto un rivale, cui è assai malagevole il vincere: se non fate tutti i vostri sforzi per eguagliarlo almeno, egli resterà solo, e sarà desso certamente l'uomo del secolo. Al sortire di questa eccellente scuola, non tardò Sacchini a farsi conoscere colle sue opere. Sin dal 1762 fu egli chiamato per il teatro di Roma, ove soggiornò per lo spazio di sette o otto anni. Faceva pur non dimeno di tempo in tempo alcune scorse nelle primarie città dell'Italia, e gl'intendenti furon di avviso, che se Piccini lo superava nel comico, Sacchini sorpassavalo di lunga nel tragico. L'abilità, che con un continuo esercizio aveva il Sacchini acquistata sul violino, gli diè quella facilità di spargere ne' suoi accompagnamenti l'eleganza ed il brio che vi spiccano. Nel 1769 fu scelto per succedere a Galuppi nell'impiego di direttore del Conservatorio dell'Ospedaletto di Venezia; e nel tempo che occupò questo posto, oltre alle composizioni sagre che vi publicò, ebbe l'onore di formare un gran numero di buone cantanti, tra le quali si sono distinte la Gabrieli, la Conti, Pasquali ec. In quest'occasione è da rimarcarsi, che tutti i gran compositori italiani sono nel tempo medesimo eccellenti maestri di canto: il che si confà al sistema adottato ne' conservatorj d'Italia, dove il canto, e la composizione vocale sono i più essenziali oggetti, non riguardandovisi il resto se non come accessorio. Le opere di Sacchini essendo state conosciute in Londra, fecero nascer la brama agli amatori inglesi di possederlo come compositore del loro teatro. Pria di portarsi in quell'isola, fece un viaggio in Germania, passò a Stutgard ed a Monaco, dove fu sentita la sua musica co' più grandi applausi: venne poi in Olanda, e giunse finalmente in Londra nel 1771. Compose quivi pel teatro italiano molti eccellenti melodrammi tragici, come Montezuma, Perseo, il Cid, e più altri di un'estrema bellezza. Il suo soggiorno in Inghilterra sarebbe stato assai favorevole alla sua fortuna, se la passione per le donne trascinato non lo avesse in considerabilissime spese, che a tal segno lo rovinarono che a capo di alcuni anni fu costretto per i gran debiti ad abbandonare quel paese. Allora fu, che il suo amico M. Framery l'invitò di venire a Parigi verso il 1782, e scrivere per quel teatro con delle condizioni, che gli convenne accettare. Arrivato in Francia, “non tardò, dice M. Choron, di arricchire la nostra scena lirica; Renaud fu rappresentato nel febbrajo del 1783 a cui seguirono ben tosto Chimène e Dardanus. Sacchini giungendo ad un'epoca in cui Gluck e Piccini ci avevano già familiarizzati con la musica forestiera non eccitò dapprima tutto l'entusiasmo ch'egli doveva attenderne: le prime sue opere furono anche accolte con una specie d'indifferenza. Non fu così però dell'Edipo a Colone: l'interesse del poema fece sentire tutte le bellezze della musica di Sacchini; cosicchè quest'opera ottenne sotto tutti i rapporti, un meritevole successo, che si è sostenuto non solo fin al presente, ma che va a crescere eziandio di giorno in giorno. Si crederebbe tuttavia che la sua rappresentazione incontrò tutte le immaginabili difficoltà, e che Sacchini per tal ragione disgustato del soggiorno di Parigi, preso aveva la risoluzione di tornare in Inghilterra, ove i suoi protettori, dopo aver pagati tutti i suoi debiti, lo invitavano di venir quivi a godere d'una sorte felice, che avevangli procurata?” Ma la morte gliene tolse il comodo; i dispiaceri che aveva provati in occasione dell'Edipo, e che la di lui sensibilità rendeva ancora più vivi, esaurito avevano le sue forze, ed egli venne a soccombere ad un attacco di podagra salitagli al petto li dì 7 ottobre del 1786, in età di soli 51 anni. Le qualità singolari di questo cel. compositore sono la facilità, la grazia e la nobilezza, che mai lo abbandonano, sino nelle più energiche espressioni, il suo canto è così facile, e così naturale, che par che si formi e da se stesso si produca in bocca al cantante. Questo canto così amabile e facile seppe egli adattare alla sua musica di chiesa, senza confondere questo stile con quello del teatro, e senza allontanarsi dalla severità ch'egli esige. Pura e svelta è la sua armonia, ed eccellente soprattutto nello stile religioso ideale, la sua orchestra è sempre brillante, sempre ingegnosa, e d'un'inimitabile chiarezza. Siccome sonava egli superiormente di violino, i suoi accompagnamenti danno gran risalto a quest'instrumento, ed egli ha dato anche dell'effetto ai secondi violini. Il lettore ci saprà buon grado di rapportar quì l'elogio che ne ha fatto il gran Piccini in una lettera da lui inserita nel giornale di Parigi, ecco le sue parole. “Che dirò io di quel gran talento che ha dispiegato il Sacchini in tutte le città d'Italia, in Allemagna, in Inghilterra, e finalmente in Francia? Quell'andamento facile, quel canto melodioso, quel carattere or grave, or allegro, brillante, patetico, amoroso, malinconico, e sempre sostenuto! Quella progressione incantatrice, senza che mai venga urtato l'orecchio, fin nelle transizioni le più aspre, ch'egli ha sempre così bene preparate, e ben risolute! Quella precisione esatta, in cui nulla potete togliere, nè aggiungere, ove tutto è finito! La ricchezza de' suoi accompagnamenti, così ben distribuiti, adattati così a proposito, senza recare alcun danno alla parte cantante (ch'egli ha considerata sempre come principale), e nel grado più sublime di nobilezza! Quel superbo colorito! Quei cori, ove le quattro parti sono tanto ben disposte; ove nulla vi sta ozioso, ove aspirano tutte allo stesso scopo, ove non si distingue una sola misura inutile, ove in somma ciascuna parte forma separatamente una cantilena così ben tirata, così ben modulata, che anche isolata diviene un pezzo capitale! Io darò fine al suo elogio debole omaggio dal mio canto, ma molto ben meritato dal suo, con dir che la morte ce lo ha rapito assai presto; che con un talento così trascendente, egli era degno di più felice sorte, che meritava di essere più conosciuto, più studiato a fondo. Io priego il lettore a non volermi accusare di parzialità, o di adulazione: non si adulano i morti. Io sento, ed ho sempre sentito ciò che avanzo, e lascio al tempo ed agli intendenti la cura di apprezzar le sublimi produzioni lasciateci da sì grand'uomo.” Il dotto Carpani rassomiglia al Correggio il Sacchini, e descrivendo la facilità del suo stile, e la maniera ch'ei teneva nello scrivere: “Sacchini, egli dice, non trovava una cantilena, se non gli stava la sua bella accanto, e se i suoi gattini non gli scherzavano intorno. E ben se ne risente di questo tenero e giocoso consorzio la graziosa e seducente sua musica.” (Lett. 13). Questo valente compositore portava nella società la sensibilità, che regnava nelle sue opere. Generoso, benefico all'eccesso, non era mosso che dal piacer di dare, e più spesso si sarebbe procurato un tal piacere, se meno trascurato avesse i suoi affari. Buon parente, buon amico, buon padrone; poco avanti di rendere l'estremo sospiro, con moribonda voce egli disse a un suo domestico: Povero Lorenzo, che diverrai tu ora? Uno de' suoi ammiratori ha fatto mettere il suo busto in Roma nella chiesa di S. Maria della Rotonda.

      Saffo, celebre cantatrice e poetessa era di Mitilene, le lettere e la musica furono il suo trattenimento, e cercò d'inspirare questo gusto alle altre donne di Lesbo. Ella, secondo Ateneo, adoperò sempre l'instromento pectide ossia lira coperta pel canto: e come introdusse nell'ode un nuovo metro, inventò anche nella musica un nuovo modo, detto Mixo-Lydio, che fu adottato, al dir di Plutarco, da' poeti tragici come molto adatto per il patetico, e le scene lugubri. In mezzo alle lodi di tutta la Grecia, che le diè sino il nome di decima Musa, in mezzo alle spiritose sue doti personali conservò sempre un decoroso e modesto contegno; noi abbiamo riferita la passione che concepì per ella il giovane Alceo, e qual decente condotta seco lui essa tenne (V. t. 1, pag. 16). Coll'esempio di Saffo si mossero allo studio della musica molte donne, e sin da' paesi stranieri vennero ad accrescere il numero delle sue discepole, tra le quali molto si distinsero Erinna e Demofila. Quest'ultima propose a Saffo, che sarebbe alla patria di grande utilità, e di particolare onore alla loro memoria l'aprire una scuola d'arte armonica, in cui si potessero educare le giovani più civili, e più ingegnose: piacque a Saffo il progetto, e s'innalzò la scuola delle zitelle cantatrici sotto la direzione di Demofila, e secondo Filostrato, sotto il consiglio di Saffo. La superiorità del suo genio servì a muovere contro di lei la rivalità, e l'odio di alcune donne potenti. Saffo oppose loro verità ed ironie, il che finì d'irritarle (Aten. l. 1). Quindi ebbe ella a lamentarsi delle loro persecuzioni; e questo divenne un altro delitto (V. Horat. l. 2, od. 13). Obbligata a fuggire, venne a cercare un asilo in Sicilia, ove dopo alcun tempo le si innalzò una statua scolpita per mano di Silanione, uno de' più celebri artisti del suo secolo, che fu poi rubata da Verre, come abbiamo da Tullio (in Verr. l. 4, c. 57). Il dotto ab. Barthelemy crede così poter smentire quel che vien detto, ch'ella s'imbarcasse per quest'isola, tratta dall'amor di Faone, che l'aveva abbandonata, ed è da osservarsi, egli dice, che tutto ciò che narrasi dei costumi libertini di Saffo, non si trova che negli scrittori di molto posteriori ai tempi in cui dessa viveva, cioè sette secoli innanzi

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