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l'assenza del “caro Ulisse„, il quale nel 1595 fu con Antonio De' Medici alla guerra in Ungheria11, il poeta dovette farse avvedersi come era fallace la virtú da lui cantata immortale e come la non fida Penelope sapeva intessere varie tele di colpe.

      II

      Nell'estate del 1598 su la famiglia Bentivoglio passava con tragica ombra una strana sciagura, che quarant'anni di poi porgeva argomento a uno sciatto romanzo di Girolamo Brusoni: la tragedia, se tale quella sventura, era stata velata di mistero, e il romanzo La Fuggitiva12 lasciando indovinare facilmente il nome dei personaggi e dei luoghi, parve ralluminarla; però esso ebbe, senza merito artistico, una grande fortuna. Ma quanta parte del lavoro fu imaginaria? Spoglio d'ogni particolare inutile e d'ogni sfogo di secentismo ne resta questo.

      – Ulisse Bentivoglio, a festeggiare la recente nascita d'un figliolo, indisse una giostra nella quale il fratello di lui, Francesco, fu vinto solo da un incognito cavaliere: Flaminio Malvezzi, “giovinetto di mediocre fortuna ma di nobili spiriti„ e fatale amante di Pellegrina, che fino a quel dí “era rimasta indifferentissima degli amori„. Il valoroso Malvezzi presto ammalò di passione e la contessa durante un'assenza del marito lo consolò di baci; indi, in villa a Bagnarola, di qualche cosa di piú; e tanto andò la bisogna, come dice il Boccaccio, che l'adulterio venne a conoscenza della signora Isotta Manzoli, la zia del marito. Ma i consigli di questa dama prudente all'imprudente Pellegrina tornarono vani; vane le esortazioni di Filippo Pepoli, quando seppe anche lui la brutta faccenda, all'amico Malvezzi, per salvare l'onore del povero Bentivoglio; e alla fine una traditrice cameriera rivelò la tresca al suo innamorato, il figlio maggiore del conte! Il conte chiarito di tutto dal figlio dié incarico a suo fratello Francesco di ammazzargli o fargli ammazzare il Malvezzi e ripose la sorte della moglie in balía del granduca di Toscana. Onde meglio sarebbe stato per Pellegrina fuggire con l'altro suo amante, un Riario, che inutilmente gliene avea fatta proposta, perché un dí arrivò a Bagnarola Antonio De' Medici ad assassinarla. —

      Poco nel romanzo e meno, ma peggio, nella storia.

      “Questa donna – Pellegrina – non seppe contenersi nelle sue inclinazioni; il perché da' figliuoli mal sopportata, fu con motivo d'andare a spasso nelle valli d'Argenta sommersa in quell'acque per opera del figlio Francesco, che facendo nascere l'accidente da un meditato ripiego lasciò dar volta al legno ov'era, e la povera dama restò miseramente, senza verun aiuto, sommersa„13.

      Il drudo Flaminio Malvezzi trovò la morte nel 1629 militando in Fiandra sotto le insegne del marchese del Vasto14: il marito Ulisse morí nel 1618, già vedovo da undici anni della seconda moglie Virginia Olivi: dei cinque figli di Pellegrina, Giorgio era stato ucciso a Firenze nel 1611 dal cavaliere Lanfreducci15; Francesco, il probabile matricida, benché protonotario apostolico e cavaliere di Malta, fu decapitato a Roma in Torre di Nona il I dicembre del 1636 per mala vita e per aver offeso in satire il papa Urbano VIII16; Bianca, se non finí tragicamente, fu cagione di tragedia, sempre per quella necessità d'atavismo che l'esperienza fermò nell'adagio – Chi di gallina nasce convien che raspi. —

      III

      Andrea di Bartolommeo Barbazza fu, chi credesse ai suoi ammiratori contemporanei, un grand'uomo. Per l'esperienza sua nelle “arti cavalleresche„ acquistò nome come padrino in duelli, maestro e giudice di campo in tornei e giostre, compositore di querele non solo fra concittadini ma sí fra ragguardevoli personaggi stranieri che ricorsero fiduciosi al suo consiglio; piú, quale cittadino benemerito ottenne sommi onori in patria, a Bologna, dove a venticinque anni, nel 1607, fu eletto degli “anziani„ e rieletto nella stessa carica nel 1616 e nel '28, e nominato senatore nel '46 e nel '51 gonfaloniere; piú ancora: egli ebbe lode di poeta “insigne„ e compose nientemeno che una “favola tragicomica boschereccia„, L'amorosa Costanza; una favola musicale, Atlante; un “intermezzo per musica„, Apollo e Dafne; un volume di “lezioni accademiche„ e non so quanti sonetti stampati qua e là per le raccolte17. Ma il gran fatto della sua vita fu in partecipare alla liberazione di Giambattista Marini incarcerato a Torino e la grande opera sua in difender l'Adone: egli fu protettore e amico del piú famoso poeta del secolo XVII!

      Tra le molte è memorabile questa lettera che il Marini gli aveva scritta a Bologna dopo lo spavento della pistolettata del Murtola: “Veramente io confesso di dover non meno alla memoria che V. S. serba di me et al zelo che mostra alla mia salvezza, che alla protezione della fortuna, che con particolar privilegio mi liberò di sí grave pericolo… Son vivo, sig. Barbazza, e godo piú di vivere nella grazia di V. S. che nella luce del mondo; et credami che vive un suo servidore prontissimo a spendere in suo servigio quest'avanzo di vita in quel fervore di volontà che si richiede a tante obbligazioni. Io pensava di venire in persona a servirla et a godere le delizie del carneval bolognese, ma questo disturbo mi ha impedito… Delle mie poesie non ho che mandare a V. S., perché tutti i pensieri mi son fuggiti dal capo al romor delle archibugiate. Le Muse son come gli usignuoli, i quali se mentre stanno a cantar sopra un arbore sentono lo scoppio del cacciatore, sbalorditi dalla paura non vi tornano a trescar per un pezzo…„18.

      Non è meraviglia dunque se il Barbazza di ritorno di Francia co'l cardinale Ferdinando Gonzaga, del quale a trent'anni era divenuto maestro di camera e co'l quale aveva viaggiato anche in Spagna; il Barbazza, che da Caterina De' Medici aveva ricevuto in dono una collana d'oro e la croce dell'ordine di San Michele, e in Torino riceveva omaggi come poeta e diplomatico egregio, s'adoperò affettuosamente a salvare il poeta dalle calunnie e dalla prigione. Per amore del Barbazza il Gonzaga s'uní con l'ambasciatore d'Inghilterra a impetrar il perdono del duca, e il Marini libero e grato chiamò Andrea “difensore della sua riputazione„19.

      E che meraviglia se piú tardi il letterato bolognese assalí l'autor dell'Occhiale nelle Strigliate a Tommaso Stigliani, che stampò co'l leggiadro pseudonimo di Roberto Pogommega?20Peccato che “per accidente„ rimanesse fuori da esse Strigliate questo Sonetto “molto galantissimo„, come fu detto dall'Aprosio che lo riferí nella sua Biblioteca:

      Mentre, Stiglian, vo' pel tuo Mondo in busca

      E in lodarti il cervello mi lambicco,

      Trovo che 'l naso in ogni buco hai ficco

      Onde tanto saver non ha la Crusca.

      È il tuo stil piú piccante di lambrusca

      E del tuo Mondo novo assai piú ricco,

      Onde pien di stupor tutto m'incricco,

      Ché il tuo splendor l'istesso Apollo offusca.

      Han le tue rime cosí nobil metro

      Che qualora con esse altrui scorreggi

      Mi raccapriccio ed ascoltando impietro:

      Che se canti d'amore o se guerreggi,

      O se rompi agli eroi su 'l fronte il pletro

      Nell'armonia con gli asini gareggi.

      IV

      Nel 1613 Ferdinando Gonzaga rinunciando al cappello cardinalizio e assumendo nome e potere ducale concesse ad Andrea Barbazza l'ufficio di cameriere segreto e l'onore di intimo consigliere. Ma presto il poeta sentí noia della corte di Mantova, e poiché aveva trentadue anni e nell'amor delle muse non trovava tutti i conforti che sono nell'amor delle donne, venne a Bologna a prender moglie: una figlia del conte Ulisse Bentivoglio Manzoli e di Pellegrina Bonaventura, quella tal signora famosa per errori e bellezza, pareva fatta per lui. E la sera del 23 aprile 1614 fu conchiuso il matrimonio con rogito del notaio Ercole Fabrizio Fontana, e tre giorni dopo la contessina Bianca Bentivoglio e il cavaliere Andrea Barbazza, testimoni i conti Battista Bentivogli e Alessandro Barbazza, si giurarono fede eterna nella chiesa

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<p>11</p>

Ghis., T. XX, 16 agosto 1595.

<p>12</p>

Cito il mio libro Romanzieri e romanzi del cinquecento e del seicento, avvertendo il lettore che ne scrisse assai male il noto critico Zannoni nel fasc. XXIV della Nuova Antologia (1891), pag. 781-783. – Delle persone mascherate nella Fuggitiva diedero i nomi veri il Ghiselli, il Mazzucchelli, il Giordani ed altri, ma non furono concordi a determinare quello dell'amante piú fortunato di Pellegrina: che fosse Fl. Malvezzi dice il Montefani (Spoglio delle famiglie bolognesi, ms. nella R. Bibl. di Bologna), fam. Bentivoglio. – L'anno della morte di Pellegrina cercai inutilmente nelle memorie e nei diari bolognesi. Il cavalier Saltini, a cui mi rivolsi e a cui debbo grazie, suppone come probabile il 1598 (estate) ed io tengo certa questa data, per piú ragioni che sarebbe troppo lungo dichiarare. È curioso che il marito e i figli della Bonaventura “adirono„ all'eredità de' beni di lei soltanto il 22 maggio 1615: ma forse fu perché si sopisse il ricordo della sua fine. Infatti il notaio che redasse il rogito non sapeva pur egli la data della morte di Pellegrina e scriveva: “… cum multis annis iam elapsis ab intestato decesserit Ill. et Ecell. dona Peregrina De Bonaventura et de Capellis…„ (Scritture della fam. Bentivoglio: Archivio di Stato di Bologna).

<p>13</p>

Ghiselli, op. cit., T. XXVI.

<p>14</p>

Montefani, Fam. Malvezzi.

<p>15</p>

Galeati, Diario (Bibl. Com. di Bologna), all'11 maggio 1618; Ghiselli, T. XXII, al 23 dicem. 1611.

<p>16</p>

Galeati, op. cit.

<p>17</p>

Del Barbazza letterato e poeta e accademico Gelato, Incognito, della Notte, etc., dissero anche troppo il Fantuzzi (Scrittori bolognesi), il Mazzucchelli, l'Aprosio (Biblioteca, 1673, pag. 324-329); io, per il breve mio studio, credo d'aver detto abbastanza pur essendomi dimenticato di ricordare che il Barbazza fu anche autore d'un dramma – Il Ratto di Proserpina – recitato a Bologna nel 1640. Dimenticanza grave!

<p>18</p>

Lett. del Marini, ediz. 1673, pag. 269.

<p>19</p>

Vedi il Mazzucchelli e l'Aprosio (Biblioteca, pag. 324); e per le relazioni tra il Marini e il Barbazza, il Menghini, Vita e opere di G. B. Marini (Roma, 1888).

<p>20</p>

Spira, appresso Henrico Starckio, MDCXXIX, in-12. Ma non Roberto, Robusto Pogommega. Errore gravissimo!