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DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

      CAPO I

      I DISTRETTI IDROGRAFICI

      Art. 64.

      Distretti idrografici

      1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

      a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

      1. Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

      2. Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      3. Lemene, Fissaro Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      4. bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      b) distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115Kmq, comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

      1. Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      2. Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      3. Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      4. Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      5. Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      6. bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      7. bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      8. fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      9. Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      10. Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      11. bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.00 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;

      e) distretto idrografico dell'Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

      1. Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      2. Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      3. Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      4. bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      5. bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      6. Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie di circa 8.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

      1. Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      2. Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      3. Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      4. Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      5. Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      6. Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      7. Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      8. Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      9. Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      10. bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      11. bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      12. bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      13. bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      14. bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

      h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.

      CAPO II

      GLI STRUMENTI

      Art. 65.

      Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale

      1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

      2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo-valle.

      3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 3, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 5 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

      a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonché dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

      b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause;

      c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;

      d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:

      1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;

      2) dei pericoli di siccità;

      3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;

      4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonché del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;

      e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;

      f) la individuazione delle prescrizioni,

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