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Documenti Umani. Federico De Roberto
Читать онлайн.Название Documenti Umani
Год выпуска 0
isbn 4064066072629
Автор произведения Federico De Roberto
Жанр Языкознание
Издательство Bookwire
Tornando all'ordine di idee interrotto dianzi, un'altra accusa fatta ai nostri novellieri naturalisti è quella del regionalismo. «Voi mi date dei marinai di Aci-Trezza, dei mulattieri di Licodia, dei contadini di Viagrande: che geografia è cotesta? Come volete che io m'interessi ad una gente che non so neppure dove stia di casa?» La quistione è che se voi non potete interessarvi a questi ignorati, lo scrittore non può conseguire una fedeltà di rappresentazione se non mettendosi innanzi dei modelli; ora, se io sono vissuto in Sicilia, non posso pigliare i miei modelli nel Friuli! Ed una quistione strettamente connessa con questa, è l'altra dello stile che i novellieri regionalisti sono costretti a foggiarsi per la necessità di quel che si potrebbe chiamare il colore locale della rappresentazione artistica. I popolani di Sicilia parlano un loro particolare dialetto; quando io li introduco in un'opera d'arte ho due partiti dinanzi a me: il primo, che è l'estremo della realtà, consiste nel riprodurre tal'e quale il dialetto—come hanno tentato per le loro regioni il D'Annunzio, lo Scarfoglio, il Lemonnier—il secondo, che è l'estremo della convenzione, consistente nel farli parlare in lingua, con accento toscano e con sapore classico. Ora, se nel primo caso io rischio soltanto di non farmi comprendere dai lettori che ignorano il dialetto, nel secondo rischio addirittura di farli ridere tutti. Fra i due partiti estremi, io tento, con l'esempio del Verga, una conciliazione; sul canovaccio della lingua conduco il ricamo dialettale, arrischio qua e là dei solecismi, capovolgo dei periodi, traduco qualche volta alla lettera, piglio di peso dei modi di dire, cito dei proverbii, pur di conseguire questo benedetto colore locale non solo nel dialogo, ma nella descrizione e nella narrazione ancora.
Per venire ai presenti Documenti umani—Ella troverà che ho divagato un po' troppo—questa che io chiamerei localizzazione artistica vi manca. In alcuni racconti non è neppur detto il luogo dove l'azione si svolge; là dove è detto, potrebbe essere spostato impunemente. È naturale: se si vuole un modello che convenga a tutti, bisognerà sacrificare la precisione. E vede come la differenza dei punti di partenza si trascina dietro la differenza dei processi? Nelle novelle realiste della Sorte io dovevo descrivere delle varietà di costumi: i miei personaggi erano diversi, necessarii, tipici, l'osservazione esteriore era minuziosa; in queste novelle ideali ho dovuto notare delle gradazioni di sentimenti: i personaggi sono dei prestanome, si rassomigliano un po' tutti; l'analisi psicologica soverchia ogni cosa.
L'analisi psicologica! Se ne ragionassimo un poco? In che cosa consiste essa? Essa consiste nell'esposizione di tutto ciò che passa per la testa ai personaggi, delle loro sensazioni, dei loro sentimenti e delle loro volizioni. Dato un personaggio con un certo carattere e messo in presenza di una certa situazione, l'analisi psicologica consiste nel rintracciare tutti i movimenti interiori di questo personaggio, come egli apprezzi questa situazione, che cosa essa gli suggerisca, quali partiti gli si presentino per uscirne, e per quale trafila di impulsi e di ragionamenti egli si apprenda all'uno piuttosto che all'altro. Alcuni scrittori eccellono in questo genere: Paolo Bourget specialmente, pel cui ingegno io professo una grandissima stima. Quando però si è letta una di queste pagine così precise, in cui l'azione del personaggio è legittimata da cento motivi uno più sottile e più profondo dell'altro, vien fatto istintivamente di domandare all'autore: «Come li avete saputi? Il vostro personaggio vi ha egli raccontato tutto ciò ch'egli ha provato, sentito, ricordato, previsto, trascurato, ponderato? Se no, come avete fatto ad entrare nel suo cervello ed a leggervi quel che vi si passava?…» Victor Hugo, nell'Homme qui rit, ha un'epica descrizione del naufragio di una nave di Baschi, nessuno dei quali però si salva. Ragazzo, appena finito di leggerla, io domandavo a chi ne sapeva più di me: «O come ha fatto Victor Hugo a risaper tutto quel che è avvenuto a bordo della Mattutina dal momento della partenza fino al naufragio, se nessuno è sopravvissuto per dargliene la notizia e se nessun altro poteva esser presente, in mezzo al mare?» E quelli che ne sapevano più di me, mi rispondevano: «È tutta forza di fantasia e di imaginazione!»
Ora, l'analisi psicologica è anch'essa il prodotto di un particolar genere d'imaginazione: l'imaginazione degli stati d'animo. In un sol caso essa può essere il prodotto reale dell'osservazione immediata, ed è quando lo scrittore fa argomento della propria analisi sè stesso. Mettendosi direttamente in iscena, o prestando la propria coscienza ad uno dei suoi attori, egli potrà sviscerare gli stati d'animo più complessi, più delicati e più rari che nel campo di quella coscienza e sotto la propria diretta percezione si svolgono. Ma in tutti gli altri casi, quando studia dei caratteri dissimili dal suo, e specialmente in tutta la grande categoria dei caratteri femminili, ciò che cade sotto la sua diretta osservazione non sono che gli atti, le parole, i gesti. Ora, se si riflette che non solamente il numero dei gesti, delle parole e degli atti non è proporzionato al numero infinito dei pensieri—che, per dir meglio, non hanno numero, essendo una successione continua ed omogenea—ma che i medesimi atti, le medesime parole, i medesimi gesti servono a diversissimi uomini, per diversissimi motivi in diversissime circostanze, si vede quanta poco probabilità di successo vi sia nel desumere dagli indizii esteriori il processo latente che si svolge nelle singole coscienze. Se si riflette ancora che noi stessi non ci sappiamo spesso dar conto di noi stessi, l'impresa apparisce in tutta la sua ingrata difficoltà. Le ricostruzioni psicologiche dei romanzieri, pertanto, sembrano poggiate sopra una base poco solida e risultanti da induzioni più o meno possibili; e, in fondo, anche quando lo scrittore non parla di sè stesso, la sua analisi altruistica si risolve nel prevedere simpaticamente ciò che, nella pelle dei suoi personaggi, egli stesso proverebbe e penserebbe. I realisti, invece, presumendo di dar l'impressione del reale, fanno agire i loro personaggi, riproducono ciò che in essi è apparente, lasciando ai lettori l'imaginare quel che vi si passa internamente; tal'e quale come nella realtà, in cui noi vediamo degli uomini e delle donne che parlano e che si muovono, e non delle anime messe a nudo e starei per dire scorticate. Cercando di fare intravedere le modificazioni interiori dai segni esterni, rappresentando una situazione d'animo con un gesto o con una parola che la riassumono, si può ben dire che i realisti, invece dell'analisi psicologica, procedono per mezzo della sintesi fisiologica.
Molte di queste cose, in forma diversa, sono state recentemente dette da Guy de Maupassant, con l'autorità che gli viene dalla forte produzione, nella prefazione di Pierre et Jean. Ma il Maupassant, pure ammettendo la legittimità dei varii metodi, tiene troppo al suo e lascia intravedere assai chiaramente le sue preferenze. Per essere veramente disinteressati, dopo la critica dell'analisi psicologica, bisognerebbe farne la difesa. Un analista, infatti, potrebbe rispondere: «Ciò che preme sopra tutto è l'anima umana. Noi non possiamo leggervi dentro, ma vale per noi infinitamente di più la ricostruzione verosimile di uno stato psicologico, che tutti i fatti e gli atti più veri. Il fatto, la parola, il segno esteriore non sono che dei momenti; il pensiero, che non è, ma diviene continuamente, è quello che caratterizza l'individuo e che importa conoscere. Ciò è tanto vero, che le azioni possono essere, e sono spesso, contrarie alle intenzioni: sono questi contrasti quelli che vanno studiati. Del resto, se voi presumete che i vostri lettori possano ricostrurre i processi intimi dagli indizii che voi ne date, noi non facciamo che metterci al posto dei vostri lettori, e scriviamo le nostre ricostruzioni. Del resto ancora, se è vero che ciascun uomo ha una psiche diversa, è ancor vero che la natura umana è una, ha un fondo uniforme, e che le differenze da uomo ad uomo non sono determinate se non dal diverso sviluppo che certe facoltà e certe tendenze prendono in seguito a circostante speciali e riconoscibili. Nulla, in tutto ciò, che precluda la via all'analisi degli stati d'animo più disparati.» E non sarebbero neanche necessarie tante dimostrazioni: basterebbe che gli analisti dicessero: «Noi siamo fatti in modo da analizzare!» Stendhal, che ha un'imaginazione psicologica, scrive la Certosa e Armanzia; Flaubert, che ne ha una tutta fisica, scrive Salammbô e la Tentazione di Sant'Antonio….
Siamo sempre lì: i metodi sono molteplici, l'arte è una. Chi vuol rappresentare degli stati d'animo deve naturalmente ricorrere all'analisi psicologica; l'analisi psicologica essendo la narrazione del pensiero, ne deriva come nuova conseguenza che lo scrittore è costretto ad adoperare una forma tutta personale. Altra grossa quistione: Obbiettivismo, subbiettivismo; accademia