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Lo assedio di Roma. Francesco Domenico Guerrazzi
Читать онлайн.Название Lo assedio di Roma
Год выпуска 0
isbn 4064066072926
Автор произведения Francesco Domenico Guerrazzi
Жанр Документальная литература
Издательство Bookwire
[1] Il rescritto tutto di mano di Cosimo I suona così: «veggasi, e provveggasi, ci si spendano attorno fino a trecento scudi, e non vi si facciano mangerie.»
Consideriamo questi uomini pratici, questi moderati, i quali, secondochè altra volta notammo, tolsero questo nome al modo stesso degli antichi Imperatori, che Affricano, o Asiatico, o Germanico appellaronsi per le stragi, che menarono in coteste parti di mondo; moderati per avere assassinato la santa moderazione; consideriamo, dico, questi uomini alla prova: con qual norma regolarsi non sanno; ora rendono omaggio allo scambio libero, ed ora lo rinnegano, anzi la stessa legge in parte lo accarezza, e in parte lo schiaffeggia; durante la stessa sessione un Ministro scema il porto delle lettere, perchè il buon prezzo cresce lo spaccio, e nello spaccio sta il guadagno; un'altro aumenta il costo dei trasporti sopra le ferrovie, perchè il rincaro quando l'oggetto è necessario non dissuade la gente da procurarselo. Fanno, e disfanno: adesso pare, che consentano, quanto all'aumentato prezzo dei trasporti, a rimettere le cose come prima e ne hanno presentato la legge al Parlamento, che ne voterà la soppressione con la medesima ressa insensata, e servile con la quale testè ne votava la instituzione: trafitti dal successo i Ministri piegano il capo a mutare la legge sul bollo e sul registro, senza però rimettere di un pelo dell'arrogante pertinacia a volere sgararla nelle proposte che sbalestrano a vanvera, nè i fidi Acati a cessare di un attimo dal servire cotesti buoni Signori di coppa e di coltello. Se tu avverti ai quotidiani svarioni economici contrastanti fra loro, e agli atti schiaveschi dei nove Ministri nostri tu pendi incerto se avrai a definire il Ministero o confusione divisa in nove capi, o trattato delle servitù in nove volumi.—
Economie non seppero, nè vollero fare: promisero prima, poi, secondo il solito, non attennero, e parvero, e furono modi di usuraio che abbindola lo scapestrato per cavargli di sotto il babbo morto. Alla prova ogni Ministro difese il suo bilancio con la ferocia di quei di Saragozza che contesero ai Francesi casa per casa, e stanza per istanza. Curioso poi è questo, che nonostante il crescere delle spese vantano economie, come se tu potessi consolarti di civanzo fatto, dove ti mostrino come invece di aggravarti del doppio ti hanno stremato solamente di un terzo. Per inquisire le ladronaie mancò il coraggio ai nostri uomini di stato ai quali sembra spediente imitare gli ordini religiosi, che negano sempre quando odono accusato reo di grave colpa un frate; con l'arco del dosso lo difendono, e poi di subito tramutatolo di Arno in Bacchiglione sopiscono o credono avere sopito lo sconcio fatto; Rimasta ferma la spesa possiamo senza tema di andare lontano dal vero, asserire che il disavanzo annuale batte in quattrocento milioni, o giù di lì. Alla fine del 1865 quando nel pozzo di San Patrizio avremo buttato la barca, e il palischermo salderemo con un debito nuovo di 766 milioni; questo affermano i moderati, figuratevi gl'intemperanti! Non mancarono persone amiche al Ministero per ammonirlo come essendosi riscontrato nel bilancio del Brasile un manco di quaranta milioni tra la spesa annuale e la entrata i rappresentanti della nazione ne menassero scalpore quasi fosse loro cascato addosso il finimondo, nè si tenessero quieti finchè non ebbero ottenuto il pareggio. La Francia dopo lo impero, che aveva a fondare la pace perpetua, s'indebita di trecentotrentasei milioni l'anno, e se non provvede corre a vele gonfie alla ruina; su di che tu giudica se le spese della Francia possano razionalmente confrontarsi con quelle d'Italia, e se fie dato alla Italia sostenere un carico al quale non regge la Francia.—Antico è il vizio, nè si vorrebbe senza ingiustizia apporre in tutto al presente Ministero; se non lo creava il Cavour, lo crebbe a dismisura, a mo' del mercante sbilanciato negl'interessi che tira innanzi riavvallando le cambiali alla scadenza; certo se non fu egli che disse: «dopo me il diluvio» lo penso, e lo fece.—
Se a Ludovico Ariosto era commesso assettare le faccende dello erario io penso, che ci si sarebbe disposto con fantasie alquanto meno bizzarre di quelle del Minghetti, comecchè facilmente più leggiadre; le si conoscono dall'universale; esse consistono in quattro maniere di balzelli; tassa sopra le rendite mobili; dazi sopra la consumazione delle derrate cresciuti; nuovi dazi imposti: per ultimo il conguaglio sopra la tassa prediale: da quello che avrebbero gittato si augurava dentro quattro anni mettere in pari la uscita con la entrata ordinaria.
Economie veramente non se ne sono fatte; ma in mancanza di meglio si ripromettono da capo; partiti vecchi, e soliti a comparire in tutte le vigilie delle votazioni dei bilanci,—tappeti del Corpus Domini, che si levano dalle finestre passata la processione. Simili promesse il Ministro adopera per abbarbagliare i deputati come il fanciullo piglia il sole dentro lo specchio e lo vibra negli occhi ai viandanti[1].
[1] Le economie magnificate dal Ministero sovente sonano scherzo amaro levando a mo' di esempio 5 milioni, e dovrebbero essere 10, dalle spese ordinarie, e portandoli nelle straordinarie per sopperire alle garanzie assunte dallo Stato in pro dei concessionarii delle Strade Ferrate.—Discorso del Dep. Saracco. Tornata 11 Decembre 1863. Paghiamo più che in Francia la giustizia, l'amministrazione interna, più a ragguaglio la guerra, più la marina, degl'ispettori di lavori pubblici ne possediamo tre cotanti più che in Francia….!
Dalla prima tassa il Ministro faceva capitale cavarne un cinquanta milioni, e tanti ne distribuì sopra le provincie italiane, assegnando a ciascheduna la sua quota: la quale misura era desunta da quattro fondamenti, i quali furono chiariti inetti a partorire giudizio buono, onde i censori ne proponevano altri, i quali a posta loro erano ripresi come fallaci: stando a quel modo le cose pareva razionale si rigettassero tutti, e su norme più idonee si stabilisse il giudizio; ma questo ai Ministri del regno italico sarebbe sembrato troppo grave scandalo, però tennero fermi i fondamenti loro, accettarono i proposti, e composto così un guazzabuglio di spropositi, stimarono ne uscirebbe spillato l'archetipo perfetto; di vero, anco Dio o non cavò fuori dal caos la luce? Nè i Ministri sè estimano niente meno di Dii, e del non avere saputo o voluto torre Roma al Papa si consolano di un'altro furto, che gli hanno fatto; hanno rubato a quel meschino di Pio IX la sua infallibilità.—
Ed è anco più strano questo altro, che il Ministro avendo prima chiesto da simile balzello cinquanta milioni, poi per istralcio si accomadasse a trenta; su di che mettiamo da parte la sconvenienza di vedere il Governo, che adopera col Parlamento a mo' di creditore di fallito; ci sembrerebbe onesto, che il Ministro domandasse leale quello, che a punto gli abbisogna o giù di lì; ma venti milioni meno su cinquanta dimostrano che o il Ministro non seppe quanto gli occorreva, o chiese pensatamente troppo per procurarsi stoppa a tappare buchi inopinati, e questo, è metodo che meritamente si biasima, imperciocchè palesi incapacità, o malafede nel Ministro, il quale chiese più che gli bisognava, e insipiente prodigalità nei Deputati, che glielo concedevano.
Adesso poi sento, che dal complesso delle nuove tasse il Ministero spera cavare somme inferiori a quella, che egli si augurava prima raccogliere dall'unica sopra la rendita mobile; e qui confesso, che mi si annebbia lo intelletto; e tanto danaro si raffida riscotere a patto, che fruttino dal primo