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Читать онлайн.Il ragazzo al quale avevo passato la palla, dribblò, fece un tiro in sospensione e perse.
Io usai il rimbalzo, poi lanciai la palla con una mano, facendola piombare sul tabellone. Prese i bordi del canestro e ci cadde dentro.
Il comandante della Marina ci inflisse due settimane di solco. Kabilis e io andammo a Bangkok. Ci siamo incontrati…
Crammer piegò le ginocchia, sollevò la palla per un tiro in sospensione. Proprio quando stava per lanciare la palla feci un salto fino al cielo per togliergliela di mano, poi dribblai e feci io il tiro che aveva provato a fare lui.
Continuammo a giocare con foga per trenta minuti.
Gli altri giocatori si ritirarono lentamente, sedendosi sul pavimento per riprendere fiato.
Crammer continuò a inseguirmi, cercando di prendere la palla.
Corsi per fare canestro, facendo rimbalzare la palla. Mi fece uno sgambetto da dietro. Caddi violentemente per terra, ma sempre tenendo stretta la palla.
Spari, un mortaio che esplode intorno a noi.
Mi alzai, tenendo ancora la palla sotto il braccio.
Stavamo attraversando la giungla. Ero un medico, e stavo lavorando su un soldato ferito. Degli spari dal limite della radura e Kabilis cadde, sanguinando furiosamente..
“Brindley! – esclamò Crammer – muoviti!” Cercò di strappare via la palla dal mio braccio.
Io la passai all’altra mano, da dietro la schiena.
Abbiamo combattuto contro l Viet Cong tutta la notte, perdendo tre dei nostri uomini, più sei feriti. Che cosa è successo a Kabilis?
Lanciai la palla a Crammer e mi avviai verso le gradinate, dove mi sedetti con la testa tra le mani.
“Charley”. L'allenatore si sedette accanto a me. "Stai bene?"
No, c'è qualcosa che non va in me.
"Sì, sto bene."
"Johnson – disse l'allenatore -Portami quella panca per esercizi. Penso che sia meglio che Charley si sdrai per qualche minuto. ”
Pad? iPad! Quel dottore in blu, all’ ospedale, disse che c'era un iPad nel soppalco di un fienile rotondo!
La campanella suonò per la fine della lezione. La giornata scolastica era finita.
"Sei sicuro di stare bene?"
"Sto bene, coach." Tacqui per un attimo. "Non si preoccupi. Stavo solo … um … pensando al mio compito di spagnolo. "
Sul marciapiede, mentre aspettavo l'autobus, cercai di fare ordine nella mia mente..
Così tante cose strane. Un tizio in una stanza d'ospedale, vestito con un abito azzurro. È quello che mi ha parlato dell'iPad nel soppalco del fienile rotondo. Un iPad è un computer. Che cos'è un computer?
Qualcuno mi venne alle spalle. Alzai gli occhi: Crammer.
Spero che inizi a blaterare del suo posto in fila. Questa volta, andrà lui a terra.
"Dove hai imparato a giocare a basket?"
Avrei voluto rispondere “dai Marines.” Aspetta un minuto: ero un maestro sergente nell'aeronautica. Come sono arrivato ai Marines e in Vietnam? Dove diavolo è il Vietnam? Ah, sì. Nel Sud-est asiatico.
"Uhm, ho quattro fratelli. Giochiamo a pallone nel cortile di casa. "
"Giocherai per la squadra?"
"Non lo so."
Vidi Patsy e Melody uscire dalle doppie porte dell'edificio scolastico. Le salutai con la mano. Loro fecero altrettanto, sorridendo.
Crammer si voltò verso di loro. "Sono amiche tue?" La sua espressione sembrava quella di uno che aveva appena visto qualcosa di schifoso.
"Sì, sono amiche mie.” dissi. Mi avviai verso le ragazze. "Puoi prenderti il mio posto in fila. “ gli dissi, senza neanche voltarmi.
"Ehi!” mi gridò Patsy.
"Ciao. Che autobus porta le ragazze? ”
"Um … il tre- rispose Melody – Ma noi andiamo a piedi."
"Quanto vi fate a piedi?" chiesi.
"Circa due miglia."
"È una lunga camminata."
"Meglio che salire sull'autobus.” disse Patsy.
Io detti un’occhiata al punto in cui si sarebbe parcheggiato l'autobus numero tre. Ember era in fila, e parlava con Henry Witt.
"Fammi indovinare – dissi – A Ember e alla sua banda adorano farvi delle serenate sull'autobus."
Patsy annuì.
I quattro scuolabus si fermarono e i ragazzi si misero tutti in fila.
"Devo tornare a casa a fare i compiti.” dissi.
"Non dimenticare il pranzo.” esclamò Melody.
"Ok. Ci vediamo domani sulle gradinate.
Trovai la mamma in cucina, che preparava la cena. Le baciai la guancia.
"Com'e andata a scuola oggi?"
"Bene. Molto bene."
"Davvero?"
Annuii .
"Vado a studiare. Stasera ho molti compiti.”.
"Pensavo che odiassi fare i compiti!"
“Ho alcuni compiti interessanti. Storia e poesia. "
Mi fissò per un momento, poi sorrise. "Potresti raccogliere delle uova per me?"
"Certo."
Afferrai il cestino delle uova e mi diressi fuori. Sui gradini del portico, mi fermai a guardare attraverso il cortile, oltre il filo del bucato e oltre l’officina da fabbro. Lì stava il nostro fienile. Era enorme perché papà soleva metterci molto fieno per l'inverno. Era anche diverso dalla maggior parte dei granai; era rotondo.
Come faceva quel dottore in blu a sapere del nostro fienile rotondo? E se c'è davvero un iPad nel soppalco, tutto diventa molto più strano.
Nel fienile, salii la scala.
Wow, tonnellate di fieno!
Mi guardai attorno nell'enorme soppalco.
Sicuramente, mi hanno lasciato un indizio; altrimenti, non lo troverò mai.
Molte vecchie imbracature erano appese alle pareti. Ragnatele ovunque.
I ragni abitano qui da decenni.
Una vecchia lanterna a olio di carbone, un fucile rotto, una sella da mulo di cuoio imbottita di paglia … tutto era ricoperto di polvere e ragnatele.
Aspetta un attimo.
Attraversai il fieno fino alla lanterna. Era perfettamente pulita; niente polvere, niente ragnatele.
Non è qui da molto tempo. Una lanterna che illumina la strada?
Ho scostato il fieno, fino alle assi del pavimento, ed eccola lì: una scatola di cartone delle dimensioni giuste. E altre due scatole.
All'interno della prima trovai un iPad.
Mi sedetti di nuovo contro il muro, sbalordito.
Quell' uomo all’ospedale, ha detto che avrei trovato il cellulare qui.
Quindi, quello era un sogno?
Avevo settantanove anni e stavo morendo. Sapevo che sarei finito qui, nella mia casa di quando avevo quattordici anni. Sono nel mio corpo da adolescente, ma ho tutti i miei ricordi e le mie conoscenze di settantanove anni di vita!
Questo è un’allucinazione infernale e maledettamente elaborata.
Mi guardai attorno. Ogni dettaglio era stato ricreato alla perfezione.
Sono