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che avevano avuto. Che cosa si aspettava da lui? “A patto che smetti di chiamarmi Lisanna. Ti ho detto tempo fa…che non sono più quella bambina”.

      “Sarai sempre Lisanna per me” spiegò. “Non ti chiamerò più diversamente. Forse dovresti pensare al perché sei così insistente sul voler essere Lana, invece di insistere che Lisanna non esiste più.

      “Sono la stessa persona, idiota”, ribatté lei. “La differenza è che la ragazzina ingenua è diventata cinica troppo velocemente. Riconosco subito le stronzate, ed a proposito ne sto guardando una in questo momento”.

      “Il riflesso sembra famigliare, non è vero?” rispose lui. “Nemmeno io mi trattengo. Abbiamo finito la gara a chi piscia più lontano? Puoi ritirare gli artigli abbastanza a lungo per intrattenere una conversazione importante?”

      Lana lo guardò. A volte lo odiava veramente. Non voleva veramente pensare a quando provava qualcosa di interamente diverso. “Dì ciò per cui sei qui prima che cambi idea”.

      Lui le rivolse un ghigno. Alcuni lo trovavano rassicurante, ma lei lo vedeva per ciò che era. Una sfida—offerta ed accettata. Sullivan credeva di vincere qualcosa, e lei glielo concesse allo scopo di porre prima fine alla sua disperazione. Il più velocemente avrebbero finito questa conversazione, più velocemente lo avrebbe potuto cacciare.

      “Che graziosa” disse in tono falsamente benevolo. “Volevo parlarti di dove andrai quando verrai dimessa”.

      “Facile” rispose. “A casa mia. Dove altro andrei?”

      Sullivan esalò con forza. “Devi guarire a lungo. Non pensi sarebbe saggio restare vicino a chi ti vuole bene per farti aiutare se avrai bisogno?”

      Ah. Intendeva questo quando si riferiva a sua madre. Forse se ne sarebbe occupata da sola, ma non poteva vivere alla villa, con i ricordi che tali mura richiudevano. Trattenevano quella parte di sé che aveva lasciato andare tanto tempo prima. Non voleva veramente ritornate ad essere quella ragazzina ingenua. Lana aveva lavorato troppo a sodo per diventare una donna forte ed indipendente, e non sarebbe più stata una ragazzina bisognosa. Sua madre avrebbe compreso.

      “Sono in grado di prendermi cura di me stessa. Fra l’alto ho molti amici, se avrò bisogno di qualcosa potrò chiamare loro”.

      “Perché sei così testarda?” Era assolutamente incazzato con lei. Lana non era in grado di sforzarsi affinché le importasse.

      “Fa parte del mio fascino” ribatté prima di sorridere con fare orgoglioso. “E a te piace, per la maggior parte delle volte”.

      “Morditi la lingua” le disse. “Non ammetterò mai un apprezzamento nei confronti di qualche tipo di tortura”.

      Lana poteva ribattere, ma decise di lasciar stare. Lui forse non voleva ammettere il fatto che gli piacesse disputare con lei, eppure lo faceva regolarmente. Che cosa aveva detto riguardo a loro due? Uno psichiatra si sarebbe divertito a svelare le dinamiche fra di loro. Ma invece di proseguire, decise di fargli una piccola offerta di pace.

      “Hai fatto il tuo dovere, Sully” disse dolcemente. Si stava veramente stancando. “Va’ a casa e dì a mia madre che me la caverò. Non c’è ragione che io resti alla villa. Lei hai già abbastanza cose di cui occuparsi, senza aggiungere me al suo onere”.

      “Potremmo assumere un’infermiera per aiutarti” offrì.

      Lana emise una rasata nasale. “Io sono un’infermiera. Non lascerò che un’altra si prenda cura di me in convalescenza”.

      “Vorrei che tu cambiassi idea”. Si allungò verso di lei, ma sembrò ripensarci e ritrasse la mano. “Ma non forzerò le cose. Almeno pensaci, e fammi sapere se cambierai idea”.

      “D’accordo” rispose poi. “Ma non sarà così”.

      Sullivan annuì e si alzò in piedi. “Adesso ti lascio riposare”.

      Mentre lui si diresse verso la porta, Jessica oltrepassò la soglia. Si fermò alla vista di Sullivan. “Non mi sono accorta che ci fossi tu”, disse. “Torno più tardi”.

      “Non essere ridicola”, disse Lana. “Sully se ne sta andando, ed anche se così non fosse, preferirei la tua compagnia rispetto alla sua. Entra”. Sullivan raddrizzò la schiena alle sue parole e si voltò verso di lei. I muscoli della sua mascella si contrassero quando il ragazzo strinse lo sguardo su Lana. A Sully non era piaciuto il fatto che…

      Jessica spostò lo sguardo fra Sullivan e Lana. “Non voglio interrompere niente”.

      “Allora non saresti dovuta venire”, commentò Sullivan a denti stretti. “Se non fosse per te, lei non sarebbe in questo letto”.

      Jessica impallidì. Lana rivolse un’occhiata a Sullivan. “Non te ne stavi andando?”

      “Credo che mi tratterrò ancora un pochino” rispose. “Non è sicuro lasciarti con una vipera nella stanza”.

      Lana desiderò dargli un pugno nel suo bel viso. Se avesse avuto le forze, e se ne fosse stata in grado, l’avrebbe fatto. La colpa non era da affidare a Jessica per ciò che aveva fatto Imogen Duncan. “Vattene prima di dire qualcosa che rimpiangerai” gli disse. “Jessica è mia amica. La maggior parte dei giorni invece tu non mi piaci nemmeno”.

      “Idem” disse lui. “Ma proteggo comunque coloro di cui m’importa. Non mi devi piacere poi così tanto. Tua madre significa molto per la mia famiglia”.

      Quindi lui si trovava qui perché la sua famiglia voleva proteggere la madre di Lana? La cosa l’aveva sicuramente fatta scendere dal piedistallo. Forse lo aveva spinto a dire quelle cose, ma aveva ricevuto il messaggio. Lana inarcò un sopracciglio e ribatté. “Possiamo lasciare mia madre fuori da questa storia, così come la connessione di Jessica con Imogen. Non siamo responsabili per ciò che fanno le altre persone, oppure punterei il dito contro di te per la mia situazione attuale”. Sullivan impallidì. “Che c’è?’ Non ti piace quando ti ricordano che hai avuto una cotta per una psicopatica? Almeno ne è valsa la pena? Per favore dimmi che almeno ti ha dato—“

      “Basta” esclamò lui. Il suo viso riacquistò colore e le sue guance si fecero rosse dalla furia. “Hai ragione. Io ed Imogen siamo usciti insieme, e se potessi cambiare la cosa lo farei. Ma dato che non ne ho la possibilità, devo convivere con i miei errori. Non significa che non abbia apportato le modifiche necessarie per allontanare quella pazza stronza dalla mia vita. Anche tu dovresti fare lo stesso”.

      “Accetto il tuo consiglio”. Inclinò la testa come se ci riflettesse. “Ma sono soddisfatta delle mie scelte”. Poi si voltò vero l’amica e le sorrise, forse con troppa gioia. Sullivan poteva ficcarsi i suoi consigli in un posto inconveniente. “Jessica, vieni a sederti dove ha liberato il posto Sullivan” Lana indicò verso di lei. “Puoi comunicarmi i progressi nel caso Imogen”.

      Sullivan rise con fare maniacale, ma Jessica sembrava a disagio. Fece ciò che le aveva chiesto Lana e si accomodò alla sedia. Sedeva rigidamente, non toccando nemmeno lo schienale della sedia. Sullivan fissò Jessica che gli dava le spalle, e Lana temette ciò che avrebbe potuto fare. Nel suo sguardo era chiaro l’odio che provava. Parte di esso poteva essere rivolto verso sé stesso, ma non ne era certa.

      “Imogen marcirà in prigione. Mi assicurerò che sia così” disse lui con decisione.

      “È malata” disse Jessica a bassa voce restando rivolta verso Lana. “Ha bisogno di aiuto, non di essere punita”.

      A Lana non piaceva trovarsi nel mezzo di ciò che sembrava una discussione famigliare. Si massaggiò entrambe le tempie. Che cos’aveva fatto per meritarsi tutto questo? Oh sì, esatto, aveva insistito con Sullivan come faceva sempre. Perché non riusciva a tenere la bocca chiusa con lui? Sullivan aveva tirato tutte le corde in lei nel peggior modo possibile, e lei aveva esagerato le cose. Doveva trovare il modo di portare un po’ di pace nella stanza. Solo una cosa avrebbe funzionato—Sully doveva andarsene.

      “È una decisione del tribunale” Lana guardò fra i due. “Non ho intenzione di fare da arbitro fra di voi. Ho cose più importanti da fare. Come, per esempio, boicottare i muri bianchi. Sto

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