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tristezza, ed ora era come se l’avesse esposto in modo che tutto il mondo ne fosse testimone. Il playboy di Envill, ed Amministratore Delegato della Brandy Blue non permetteva agli estranei di vedere i suoi sentimenti reconditi. Forse era ancora così, e questa vulnerabilità era riservata a lei. Lana non voleva accettare l’ultima parte. Se lui le stesse mostrando un lato diverso di sé, allora anche lei avrebbe forse dovuto far emergere i propri demoni. Alcune cose erano difficili da lasciare andare, anche quando era il momento di intraprendere un cammino diverso. Aveva proseguito inserendo l’autopilota per troppo a lungo per cambiare così facilmente le cose.

      Alzò gli occhi al cielo. “In che senso, ‘meglio’?”

      Sullivan si avvicinò a lei prima di rispondere. “Sei viva, respiri, e sei sveglia. Tanto per iniziare”. Si fermò accanto al suo letto e posò una mano sul braccio di lei. “Mi rendo conto che sia difficile essere incapaci per un certo periodo, ma cerca di ricordarti che sei quasi morta. Per me non sei mai stata più bella di adesso, perché mi rendo conto che potrebbe essere andata molto peggio”.

      Lana prese un respiro che aveva trattenuto senza accorgersi, perché lo shock l’aveva scossa. Più lui parlava, più lei veniva messa all’angolo. Quelle parole…le facevano venire la pelle d’oca, e le facevano venire voglia di porre domande per le cui risposte non era pronta. Sullivan non era incline a professare cose poetiche tutti i giorni. Lei aveva un aspetto orribile, e lo sapeva per certo. Lui però aveva ragione su una cosa: era fortunata di essere ancora viva, e lo apprezzava. Non avrebbe mai più preso niente alla leggera. Ciò non significava che non fosse più che pronta ad uscire dall’ospedale e vegetare nel proprio letto per una settimana o venti.

      “Che ci fai qui, Sully?” era stanca di ignorare ciò che le dava veramente fastidio. Il suo improvviso desiderio di trascorrere più tempo con lei era strano. “Abbiamo fatto il nostro meglio per porre della distanza fra di noi quando siamo uno in prossimità dell’altra. Che cos’è cambiato?”

      Lui inarcò un sopracciglio e le rivolse il suo sorriso più seducente. Avrebbe voluto dire che non aveva nessun effetto su di lei, ma sarebbe stata una bugia. Le aveva sempre fatto perdere un battito o due. Sullivan Brady ed il suo fascino erano troppo potenti per ogni femmina mortale—diavolo, forse sarebbe stato in grado di sedurre anche una dea. “Credo sia abbastanza ovvio” le disse lui.

      “Chiaramente non lo è, o non te l’avrei chiesto”. Sospirò. “Sono abbastanza irritata, e non ho la pazienza per sopportare le tue stronzate. Dimmi solo qual è questo tuo nuovo gioco in modo da poter apportare i relativi cambiamenti”. Invece di risponderle, lui avvicinò una sedia al letto e si accomodò. Unì le mani muovendo le dita quasi con fare pensieroso. Stava veramente cercando di farla arrabbiare? “Ti rendi conto che lo stress di ogni genere fa male al mio cuore che sta cercando di guarire, vero? Se stai cercando di farmi avere una ricaduta, stai facendo un ottimo lavoro”.

      Sullivan si accigliò. “Non è mai stata mia intenzione, e mi scuso se rappresento la causa di ogni genere di tensione fra di noi”. S’interruppe per un momento e poi si avvicinò a lei, posando i gomiti sul bordo del letto. “Mi piacerebbe che ricominciassimo. Non so per certo che cosa sia andato male, e rimpiango qualsiasi ruolo io abbia rappresentato in questa nostra animosità”.

      Lana fece congiungere le sopracciglia. Il suo giudizio iniziale era corretto. Si trattava di universo alternativo; o così, o era morta e si trovava in una qualche tipo di inferno. Avrebbe senso se si facesse ausilio della sua analogia che metteva in paragone Sullivan a Lucifero. Forse era l’angelo caduto portato in vita per torturarla.

      “D’accordo” era esasperata. “Cercherò di trattenermi dal comportarmi da stronza con te. Non ti faccio altre promesse”.

      “Per ora accetto questa” disse. “Vorrei chiederti un favore”.

      Certo che voleva. Sullivan non aveva mai fatto niente senza un secondo fine. Non sarebbe dovuta essere sorpresa dall’improvviso cambio di direzione, ma, tristemente, lo era. “Che cosa vuoi?” domandò con fare sprezzante. “Mi piacerebbe liberarmi di te il prima possibile in modo da riposarmi”.

      Lana voleva del tempo per piangere in pace. Avrebbe mai imparato? A Sullivan non importava veramente di lei. Si trattava di un’astuzia tramite la quale lui controllava tutto ciò che lo circondava, ed in qualche modo ora includeva molto di più di ciò che le piaceva.

      “Non è male come credi” disse lui, un po’ preso alla sprovvista dal tono acerbo di lei. “Ti prometto che ciò che devo chiederti ti aiuterà”.

      “Sono certa che nella tua mente sia così” ribatté. “Ma siamo onesti. Non ha niente a che vedere con me. Riguarda unicamente te e qualsiasi insicurezza che ti porti dietro”.

      Sullivan sussultò. “Non sono affatto insicuro”.

      Lana sorrise con fare derisorio. “L’importante è che tu ne sia convinto. Ma un tizio che cambia ragazza così spesso come fai tu non è una persona come si deve”.

      La bocca di Sullivan formò una linea retta, e contrasse i muscoli delle guance. Non gli piaceva nemmeno un po’, ma era così. Molto tempo prima lei aveva realizzato che la mancanza d’interesse di lui nei confronti di Lana non aveva a che fare non lei personalmente. Sullivan aveva problemi molto più grandi, ed avevano avuto inizio quando sua sorella era scomparsa anni prima. Parti del suo guscio avevano iniziato a creparsi quando l’aveva rivista qualche mese prima di quel momento. Le lacune nella sua famiglia avevano iniziato ad essere colmate da una fragile colla, ed una sola mossa falsa avrebbe potuto far crollare tutto ciò che lo circondava. Lana comprendeva Sullivan molto meglio di quanto lui se ne rendesse conto. Non voleva rendere niente permanente in quanto temeva di perdere nuovamente qualcosa di così caro. Solo perché lei aveva riconosciuto tale colpa non significava doverla accettare.

      Qualche istante più tardi Sullivan disse, “Non sono venuto qui per discutere con te. Ciò che devo chiederti è abbastanza importante. Tua madre è preoccupata da molto tempo riguardo al tuo benessere. Ciò di cui volevo parlarti ha a che fare con lei, e per estensione, con te”.

      “Che cosa c’entra mia madre con tutto questo?” La paura la pervase alle parole di lui. Le stavano nascondendo qualcosa di importante? “Sta bene?”

      “Tua madre sta bene”, la rassicurò. “È solo molto preoccupata per te, ma ho una soluzione che vi aiuterà”.

      “Oh?” inclinò la testa di lato. “E che cosa ha inventato il potente Sullivan per risolvere tutti i nostri problemi?” si portò una mano sul cuore e disse con fare sprezzante, “oh, che cosa faremmo senza di te?”

      Lui strinse i denti e contrasse la mano attorno al bracciolo della sedia. L’aveva fatto incazzare. Era bello vedere che non aveva perso il suo tocco.

      “Quando eri incosciente pensavo di aver perso la tua insolenza. Sto iniziando a rimpiangere il fatto che non sia stato così, adesso che mi ha colpito nuovamente”.

      “Si apprezza con il tempo. Sei abbastanza fortunato perché non mi hai ancora apprezzata completamente. Non ti preoccupare, sono sicura che tu non sia l’unico a non possedere l’abilità di abituarsi alla mia magnificenza”.

      Qualcosa che lei non comprendeva completamente era come riuscisse ad articolare ciò che diceva. Apriva la bocca e le parole uscivano. Per la maggior parte ne traeva vantaggio, ma a volte desiderava rimangiarsele. Non voleva veramente far disperare Sullivan, ed era stanca. Forse sarebbe stato più facile farlo arrivare al punto. Specialmente se riguardava sua madre…

      “Lisanna” disse sospirando. “Porti un uomo forte all’alcolismo. Non sopporterei di vedere che cosa faresti ad uno debole”. Scosse il capo. “Fidati, sono molto più che in grado di gestirti. Mi gusto l’idea che un giorno avrò quel piacere”.

      “Come se ti darei mai la possibilità” ribatté lei. “Lasciamo perdere questo battibecco e ritorniamo al problema principale. Che cosa vuoi? Così posso cacciarti e dimenticarmi della tua esistenza”.

      Ridacchiò. “Fa finta fin che vuoi, ma sappiamo entrambi che tu pensi a me più di quanto tu stessa desideri”.

      “Per favore”, disse Lana con fare derisorio.

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