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avevano già dato l'estremo saluto, lavandogli il corpo tre volte prima di avvolgerlo nel sudario bianco. I suoi occhi erano chiusi in un'espressione pacifica, le sue mani erano incrociate sul petto, la mano destra sulla sinistra. Sul suo corpo non c'erano ferite né cicatrici. Negli ultimi sei anni era vissuto e morto nel complesso, non era mai uscito dalle sue mura. Non era stato ucciso da colpi di fucile o dai droni come molti altri mujaheddin.

      "Come?" Domandò Awad in arabo. “Come è morto?"

      "Ha avuto un infarto durante la notte", rispose Tarek. L'uomo si trovava al lato opposto della bara di pietra, di fronte a Awad. Molti nella Confraternita consideravano Tarek come il secondo di Bin Mohammed, ma Awad sapeva che il suo ruolo era stato poco più che quello di messaggero e custode mentre la salute del vecchio peggiorava. "L'infarto ha causato un attacco di cuore. È morto immediatamente; non ha sofferto".

      Awad posò una mano sul petto immobile del vecchio. Bin Mohammed gli aveva insegnato molto, non solo sulla fede, ma anche sul mondo, delle infinite difficoltà e di cosa significasse guidare un gruppo.

      E lui, Awad, davanti a sé vedeva non solo un cadavere ma anche un'opportunità. Tre notti prima Allah gli aveva regalato un sogno, anche se ora era difficile chiamarlo così. Era un presagio. In sogno aveva visto la morte di Bin Mohammed e una voce gli aveva annunciato che lui avrebbe guidato la Fratellanza. La voce, ne era certo, apparteneva al Profeta, che parlava a nome dell'Unico Vero Dio.

      "Hassan sta facendo un'incursione per le munizioni", disse piano Tarek. “Non sa ancora che suo padre è morto. Ritorna oggi; presto saprà che il mantello della guida della Fratellanza cadrà su di lui... "

      "Hassan è un debole", disse Awad all'improvviso, più duramente di quanto intendesse. "Mentre la salute di Bin Mohammed peggiorava, Hassan non ha fatto nulla per impedire che ci indebolissimo di riflesso".

      "Ma…" Tarek esitò; era ben consapevole del carattere irascibile di Awad. "I doveri della leadership spettano al figlio maggiore..."

      "Questa non è una dinastia", ribatté Awad.

      "E allora a chi...?" Tarek si interruppe mentre si rendeva conto di ciò che Awad suggeriva.

      Il giovane socchiuse gli occhi ma non disse nulla. Non ne aveva bisogno; uno sguardo valeva più di una minaccia. Awad era giovane, non aveva ancora compiuto i trent'anni, ma era alto e forte, la sua mascella era rigida e irremovibile come la sua convinzione. Pochi avrebbero alzato la voce contro di lui.

      "Bin Mohammed voleva che io avessi la guida", disse Awad a Tarek. "Lo ha detto lui stesso". Questo non era del tutto vero; il vecchio aveva detto in diverse occasioni che vedeva il potenziale di grandezza in Awad e che aveva le doti naturali di un vero leader. Awad aveva interpretato questa affermazione come una dichiarazione di intenzioni del vecchio.

      "Non mi ha mai detto nulla di simile", osò dire Tarek, per quanto lo pronunciò silenziosamente. Il suo sguardo era rivolto verso il basso, per non incrociare gli occhi scuri di Awad.

      "Perché sapeva che anche tu sei un debole", lo sfidò Awad. “Dimmi, Tarek, quanto tempo è passato dall'ultima volta in cui ti sei avventurato fuori da queste mura? Per quanto tempo hai vissuto lontano dalla protezione di Bin Mohammed, senza preoccuparti di proiettili e bombe? " Awad si sporse in avanti, sopra il corpo del vecchio, mentre lui tranquillamente aggiunse: "Quanto pensi di poter durare protetto solamente dai tuoi vestiti quando prenderò il potere e ti caccerò?"

      Il labbro inferiore di Tarek si mosse, ma nessun suono gli uscì dalla gola. Awad fece un sorrisetto; Tarek, piccolo e confuso, aveva paura.

      "Continua", supplicò Awad. "Dimmi cosa ne pensi".

      "Per quanto tempo..." Tarek deglutì. “Quanto pensi che durerai tra queste mura senza il finanziamento di Hassan bin Abdallah? Saremo nella stessa posizione. Solo in posti diversi".

      Awad sorrise. "Sì. Sei astuto, Tarek. Ma io ho una soluzione". Si chinò sulla lastra e abbassò la voce. "Sostienimi in ciò che dico".

      Tarek alzò bruscamente lo sguardo, sorpreso dalle parole di Awad.

      "Dì loro che hai sentito quello che ho sentito io", continuò. “Dì loro che Abdallah bin Mohammed mi ha nominato leader in punto di morte, e giuro che avrai sempre un posto nella Fratellanza. Uniremo le nostre forze. Il nostro nome risuonerà in ogni dove. E la volontà di Allah, la pace sia su di Lui, sarà fatta”.

      Prima che Tarek potesse rispondere, una sentinella urlò nel cortile. Due uomini spalancarono le pesanti porte di ferro appena in tempo perché due camion entrassero, con i battistrada sporchi di sabbia e di fango provocato dalla pioggia recente.

      Comparvero otto uomini - tutti coloro che erano partiti erano tornati - ma Awad capì immediatamente che l'incursione era andata male. Non avevano riportato munizioni.

      Degli otto, uno si fece avanti, gli occhi spalancati fissi sulla lastra di pietra tra Awad e Tarek. Hassan bin Abdallah bin Mohammed aveva trentaquattro anni, ma aveva ancora l'aspetto scarno di un adolescente per via della barba non completamente sviluppata.

      Un lieve gemito sfuggì alle labbra di Hassan quando riconobbe la figura distesa sulla lastra. Mentre correva verso la salma, le sue scarpe sollevarono la sabbia dietro di lui. Awad e Tarek fecero un passo indietro, facendogli spazio mentre Hassan si accasciava sul corpo di suo padre singhiozzando forte.

      Un debole. Awad sogghignò alla scena a cui stava assistendo. Prendere il controllo della Fratellanza sarebbe stato facile.

      Quella sera nel cortile, la Fratellanza eseguì il Salat-al-Janazah, le preghiere funebri per Abdallah bin Mohammed. Ogni persona presente si inginocchiava in tre file di fronte alla Mecca, il figlio Hassan subito dietro al cadavere e le sue mogli che seguivano la fine della terza fila.

      Awad sapeva che immediatamente dopo i riti, il corpo sarebbe stato sepolto; La tradizione musulmana imponeva che un corpo fosse sepolto il più presto possibile dopo la morte. Fu il primo ad alzarsi dopo la preghiera e parlò con tono infervorato. "Fratelli" iniziò. "È con grande dispiacere che ci congediamo da Abdallah bin Mohammed qui sulla terra".

      Tutti gli occhi si voltarono, alcuni confusi per la sua improvvisa interruzione, ma nessuno si alzò o disse qualcosa contro di lui.

      "Sono passati sei anni da quando l'ipocrisia di Hamas ci ha visto esiliati da Gaza", continuò Awad. “Per sei anni siamo stati banditi nel deserto, vivendo grazie alla carità di Bin Mohammed, razziando e catturando ciò che riuscivamo. Sei anni ormai abbiamo vissuto nella menzogna e nell'ombra di Hamas. Di Al-Qaeda. Dell'ISIS. Di Amon".

      Si fermò per incrociare gli sguardi del suo uditorio. "Basta così. La Fratellanza non si nasconderà più. Ho escogitato un piano e prima della morte di Abdallah, l'ho esposto a lui nel dettaglio ricevendo la sua benedizione. Noi, fratelli, attueremo questo piano e diffonderemo la nostra fede. Uccideremo gli eretici e il mondo intero conoscerà la Fratellanza. Ve lo prometto".

      Molte, o meglio la maggior parte delle teste annuì nel cortile. Un uomo si alzò in piedi, un fratello duro e un po' cinico di nome Usama. "E qual è questo piano, Awad?" chiese, con tono di sfida. "Che grande piano hai in mente?"

      Awad sorrise. “Stiamo per orchestrare la jihad santa più straordinaria mai effettuata sul suolo americano. Qualcosa che farà impallidire l'attacco di Al Qaeda a New York".

      "Come?" Domandò Usama. "Come realizzeremo tutto questo?"

      "Tutto sarà rivelato", rispose Awad con pazienza. “Ma non questa notte. Questa è una serata di commiato”.

      Awad aveva un piano. Era un piano a cui lavorava da qualche tempo. Sapeva che era possibile; aveva parlato con il Libico e aveva saputo dei giornalisti israeliani e dell'addetto congressuale di New York che sarebbe presto arrivato a Baghdad. Era fortuito il modo in cui tutto sembrava essere andato nel modo migliore, compresa la morte di Abdallah. Awad era persino arrivato al punto di negoziare un accordo preliminare con il trafficante d'armi che aveva accesso all'attrezzatura necessaria per l'attacco a una città degli Stati Uniti, ma aveva mentito sulla condivisione con Abdallah. Il vecchio era un leader, un amico e un benefattore della Fratellanza - e per questo Awad

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