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molti soldi. A volte Julie addirittura mi sgridava se spendevo i miei soldi con leggerezza. Insomma, non erano certo ricchi sfondati… per quel che so. Però stavano bene.”

      “La vicina di casa ci ha riferito che a Julie piaceva disegnare. Era solo un hobby o ci faceva anche soldi?”

      “Era più un hobby” disse Sara. “Era abbastanza brava, ma sapeva di non essere niente di spettacolare.”

      “E che mi dici dei suoi ex? O delle ex fidanzate di Josh?”

      “Julie aveva qualche ex, ma nessuno l’ha presa male quando si sono lasciati. Tra l’altro, vivono tutti quasi dall’altra parte del Paese. So per certo che due di loro sono sposati. Quanto a Josh, non credo avesse delle ex. Cioè… accidenti, non lo so. Però erano davvero una bella coppia. Sul serio, al punto da essere quasi disgustosi in pubblico. Quel genere di coppie.”

      La visita sembrava troppo breve per finire, ma Mackenzie aveva solo un’altra questione da approfondire e non sapeva bene come arrivarci. Ripensò a quelle strane voci nel libretto degli assegni degli Sterling, ancora incapace di comprenderli.

      Probabilmente non è niente, pensò. Ognuno tiene il libretto in modo diverso, tutto qui. Però vale la pena controllare.

      Pensando alle abbreviazioni che aveva visto nel libretto degli assegni degli Sterling, Mackenzie proseguì. Mentre apriva la bocca per parlare, sentì il cellulare di Harrison vibrargli in tasca. Lui controllò rapidamente e ignorò la chiamata. “Scusa” disse.

      Ignorando l’interruzione, Mackenzie chiese: “Sai per caso se Julie o Josh fossero coinvolti in un’organizzazione di qualche tipo, oppure un club o una palestra? Un posto a cui dovessero versare soldi con regolarità?”

      Julie ci pensò per un momento, ma scosse la testa. “Non mi risulta. Come ho detto… non spendevano molti soldi. L’unico pagamento mensile di Julie di cui sono a conoscenza, a parte le bollette, era il suo account Spotify, ovvero solo dieci dollari.”

      “E per caso qualcuno, tipo un avvocato, ti ha già contattata per la disposizione dei loro averi?” chiese Mackenzie. “Mi dispiace chiederlo, ma potrebbe essere importante.”

      “No, non ancora” rispose. “Erano così giovani, non so nemmeno se avessero già preparato un testamento. Accidenti… adesso è questo che mi aspetta, vero?”

      Mackenzie si alzò, incapace di rispondere alla domanda. “Grazie ancora per aver parlato con noi, Sara. Se ti viene in mente qualunque cosa riguardo quello che ti ho chiesto, ti prego di chiamarmi.”

      Così dicendo, passò a Sara un biglietto da visita. Sara lo prese e lo mise in tasca mentre li accompagnava alla porta. Non con fare sgarbato, ma era chiaro che non vedeva l’ora che se ne andassero.

      Una volta chiusa la porta alle loro spalle, Mackenzie si trovò sul portico di Sara con Harrison. Pensò di riprenderlo per aver rivelato così velocemente a Sara che c’erano stati altri omicidi che potevano essere correlati a quello della sorella. Però era stato un errore in buona fede, uno che anche lei aveva fatto in un paio di occasioni all’inizio della sua carriera. Perciò lasciò correre.

      “Posso farti una domanda?” le chiese Harrison.

      “Certo” disse Mackenzie.

      “Perché ti sei fissata sulla loro situazione economica? C’entra quello che hai visto dagli Sterling?”

      “Sì. Per adesso è solo una sensazione, ma alcune delle transazioni erano…”

      Il cellulare di Harrison ricominciò a vibrare. Lui lo prese con aria imbarazzata. Controllò il display, fece per rimettersi il telefono in tasca, poi però lo tenne in mano mentre tornavano all’auto.

      “Scusa, devo rispondere” disse. “È mia sorella. Ha chiamato anche mentre eravamo dentro, il che è strano.”

      Mackenzie non gli prestò molta attenzione mentre salivano in auto. Sentì distrattamente quello che diceva al telefono. Tuttavia, una volta che ebbe avviato l’auto e si fu immessa in strada, capì dal suo tono di voce che doveva essere successo qualcosa di grave.

      Quando Harrison chiuse la chiamata, aveva un’espressione scioccata. Il labbro inferiore era arricciato in una smorfia.

      “Harrison?”

      “Mia madre è morta stamattina” disse.

      “Oh mio Dio” disse Mackenzie.

      “All’improvviso… per un attacco di cuore. Lei…”

      Mackenzie capì che stava lottando per non scoppiare in lacrime. Lui voltò la testa dall’altra parte, guardando fuori dal finestrino del passeggero, e si lascò andare.

      “Mi dispiace così tanto, Harrison” gli disse. “Devi tornare a casa. Ci penso io a prenotare un volo. Hai bisogno di altro?”

      Lui si limitò a scuotere brevemente la testa, ancora con lo sguardo rivolto al finestrino, mentre piangeva in modo un po’ più aperto.

      Mackenzie prima chiamò a Quantico. Non riuscì a parlare direttamente con McGrath, così lasciò un messaggio alla sua segretaria, informandola di quello che era successo e che Harrison sarebbe tornato a Washington il prima possibile. Poi chiamò l’aeroporto e prenotò il primo volo disponibile, che sarebbe decollato dopo tre ore e mezza.

      Appena terminò la chiamata, il suo cellulare squillò. Rivolgendo uno sguardo solidale verso Harrison, rispose. Le sembrava terribile tornare a pensare al lavoro dopo quella notizia, ma aveva un caso da risolvere e ancora nessuna pista.

      “Sì, sono l’agente White” disse.

      “Agente White, sono l’agente Dagney. Ho pensato che volesse essere informata che abbiamo una potenziale pista.”

      “Potenziale?” ripeté lei.

      “Insomma, sicuramente combacia con il profilo. È un tizio arrestato più volte per effrazione domestica, due delle quali includevano aggressione e violenza sessuale.”

      “Nella stessa zona dei Kurtz e degli Sterling?”

      “È qui che la cosa si fa promettente” disse Dagney. “Uno dei casi in cui c’è stata violenza sessuale si è verificato nello stesso gruppo di villette a schiera dove vivevano i Kurtz.”

      “Abbiamo un indirizzo dove trovare questo tizio?”

      “Sì, lavora in un’officina. Una piccola. E abbiamo la conferma che in questo momento si trova lì. Il suo nome è Mike Nell.”

      “Mi mandi l’indirizzo e andrò a parlare con lui. Si sa niente dei registri finanziari richiesti da Harrison?” chiese Mackenzie.

      “Non ancora. Ma se ne stanno occupando alcuni dei nostri uomini. Non dovrebbe volerci molto.”

      Mackenzie chiuse la telefonata e fece del proprio meglio per lasciare a Harrison un momento per il suo dolore. Adesso aveva smesso di piangere, ma stava chiaramente facendo uno sforzo per ricomporsi.

      “Grazie” disse Harrison asciugandosi una lacrima dal viso.

      “Per cosa?” replicò Mackenzie.

      Lui si strinse nelle spalle. “Per aver chiamato McGrath e l’aeroporto. Mi dispiace per questo fastidio nel bel mezzo di un caso.”

      “Non è un fastidio” disse lei. “Harrison, mi dispiace tanto per la tua perdita.”

      Poi la macchina si fece silenziosa e, che le piacesse o meno, la mente di Mackenzie scivolò nuovamente in modalità lavorativa. Da qualche parte là fuori c’era un assassino, che apparentemente voleva vendicarsi delle coppie felici. Forse la stava aspettando proprio in quel momento.

      E Mackenzie non vedeva l’ora.

      CAPITOLO SETTE

      Lasciare Harrison al motel fu una sensazione dolceamara. Mackenzie avrebbe voluto fare di più per lui, o almeno offrirgli qualche altra parola di conforto. Alla fine, invece, si limitò a salutarlo con un abbozzato cenno della mano mentre lui saliva nella sua stanza a fare le valigie e chiamare un taxi che lo portasse in aeroporto.

      Una

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