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nella sua stessa mente, Maria sentì crescere la propria frustrazione. Comprendeva la preoccupazione dell'Agente Waywood e desiderava davvero essere d'aiuto. Ma, per colpa di Lore, riusciva a malapena a spiccicare una parola. Parlare per lei equivaleva a camminare su un tapis roulant: si sforzava, ma non arrivava mai da nessuna parte.

      La poliziotta ignorò lo scatto del collega e tornò a rivolgersi a Maria.

      “L'uomo che cerca la tua amica, si chiama Kyle. Lo hai già visto prima? L’hai mai sentita menzionarlo?”

      Maria provò a scuotere la testa, ma non le riuscì neppure quello. Marlow si morse il labbro e giocherellò con il taccuino nelle mani. Maria comprese da quei gesti che stava riflettendo, probabilmente era incerta se chiederle qualcos’altro.

      Infine, la poliziotta si fece avanti e strinse la mano di Maria. La guardò intensamente negli occhi.

      “Kyle … lui è un vampiro, non è vero?”

      Waywood alzò le braccia al cielo, deridendola.

      “Sadie, sei diventata pazza! Quelle storie sui vampiri sono stupidaggini!”

      La poliziotta si voltò rapidamente, guardando profondamente il partner.

      “Non osare ripetere una cosa simile” lei disse. “Sono un’agente di polizia. E' mio dovere interrogare questa testimone. Come posso interrogarla in modo corretto, se non le dico quello che sappiamo?” Prima che il poliziotto avesse la possibilità di replicare, Sadie aggiunse: “E io sono l'Agente Marlow, grazie mille.”

      Waywood la guardò con irritazione.

      “Agente Marlow” rispose a denti stretti “è mia opinione personale che parlare di vampiri ad un testimone mentalmente instabile sia una cattiva idea.”

      Lì sul letto, Maria cominciò a dondolarsi. Sentì la parte sana di lei, sepolta così profondamente da quello che Lore le aveva fatto, cominciare ad emergere. In qualche modo, il fatto che la poliziotta credesse nei vampiri stava aiutando le parti intrappolate della sua mente a liberarsi. Provò a parlare, e finalmente, un suono le fuoriuscì dalla gola.

      “Guerra.”

      I due poliziotti smisero di litigare e guardarono Maria.

      “Che cos'ha detto?” chiese Waywood, perplesso.

      Marlow si precipitò sul letto e si sedette accanto a lei.

      “Maria?” lei disse. “Dillo di nuovo.”

      “G …” Maria provò. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Stava ritornando lucida. La sua mente si stava liberando. Alla fine, riuscì a ripetere la parola. “Guerra.”

      Marlow guardò il suo collega. “Penso che stia dicendo ‘guerra.’”

      Lui annuì, mentre la preoccupazione si dipingeva sul suo volto.

      Maria fece un altro respiro profondo, tentando di aiutare la parte lucida della sua mente a prendere il controllo: voleva dire loro quello di cui aveva disperatamente bisogno.

      “Vampiro” disse a denti stretti. “Vampiro. Guerra.”

      Il volto della donna impallidì.

      “Vai avanti” la esortò Marlow.

      Maria si leccò le labbra. Fece appello ad ogni energia residua.

      “Kyle” rispose con una smorfia. “Capo.”

      Marlow strinse la mano di Maria. “Kyle guiderà una guerra di vampiri?”

      Maria ricambiò la stretta di mano della donna e annuì.

      “Scarlet” aggiunse. “Unica. Speranza.”

      L’agente di polizia fece un sospiro e si raddrizzò. “Sai dove si trova Scarlet?”

      Maria digrignò i denti e cercò di parlare ancora. “Con Sage … il castello.”

      Improvvisamente, un dolore acuto prese a pulsare nella testa di Maria. La ragazza emise un grido e si strinse forte la testa, tirando i capelli con le mani. Comprese subito che la parte sana della sua mente stava soccombendo di nuovo al danno che Lore le aveva causato. Se ne stava andando.

      “Aiutatemi!” gridò.

      La ragazza cominciò a tirare le manette e ad agitarsi.

      Colta dal panico, Marlow si alzò. Fece un cenno al partner e ordinò “Fallo entrare”.

      Provò a calmare Maria, ma la ragazza aveva perso il controllo. Continuava a gridare. La porta emise un bip e lo psicologo si precipitò all'interno.

      “Che cosa è successo?” l'uomo urlò.

      “Niente” rispose Marlow, facendosi da parte. “Si è solo rivoltata.”

      Si allontanò, mentre lo psicologo provava a calmare Maria, e si posizionò accanto al partner.

      “Lo hai chiamato tu?” chiese, il respiro reso affannoso dall’angoscia.

      “No” fu la risposta laconica.

      La poliziotta lo guardò risentita e prese il suo walkie-talkie. Ma Waywood si fece sotto e lo afferrò con le mani.

      “Non farlo” l'uomo sbottò. “Il capo non vuole sentir parlare di questo schifo. Ha la sua intera squadra fuori al lavoro, e tu vuoi disturbarlo perché una ragazzina folle crede che ci sia una guerra di vampiri!”

      Superando anche le urla di Maria, Sadie Marlow replicò in un tono precipitoso e insistente.

      “Il capo ci ha mandati qui per una ragione. Perché voleva interrogare una cosiddetta “ragazzina folle” se non perché pensa che possa essere di aiuto? Kyle vuole Scarlet Paine. Quella ragazza” indicò Maria, “è l'aiuto più importante di cui disponiamo per trovarla, e forse mettere la parola fine a questa storia. Se lei sa qualcosa, allora sono sicura che il capo vorrà saperlo.”

      Waywood scosse la testa.

      “Bene” replicò, restituendole il walkie-talkie. “C'è la tua carriera in gioco, non certo la mia. Lascia che il capo creda che sei una matta.”

      Marlow prese lo strumento dal partner e premette il bottone.

      “Capo? Sono Marlow. Sono all'istituto con la testimone.”

      Il walkie-talkie crepitò.

      La poliziotta stette ad aspettare, pesando le parole da utilizzare. “Dice che ci sarà una guerra di vampiri. Guidata da Kyle. E la sola persona che può fermarla è Scarlet Paine.”

      Lei notò lo sguardo irritato del partner e si sentì una vera stupida. Poi, il walkie-talkie crepitò di nuovo, e si udì la voce del capo della polizia.

      “Sto arrivando.”

      CAPITOLO SEI

      Scarlet tossì e si tolse la polvere dagli occhi. Era confusa e provò a capire che cosa stava accadendo. Un istante prima, gli Immortali stavano avanzando su di lei e Sage, e, subito dopo, una tremenda esplosione aveva scosso il castello. Poi, il soffitto era crollato, facendo cadere mattoni, pezzi di legno e pesanti pezzi di tegole in ardesia.

      Scarlet si guardò intorno, e scoprì che si trovava bloccata in uno spazio libero sotto le macerie. Era così buio che le risultò difficile vedere. La polvere le ostruiva i polmoni, rendendole difficile respirare.

      “Sage?” Scarlet gridò nell'oscurità.

      Qualcosa si mosse accanto a lei.

      “Scarlet?” si sentì la voce di Sage. “Sei tu?”

      Il cuore di Scarlet parve balzarle fuori dal petto, quando si rese conto che il suo amato era ancora vivo. Si fece largo tra macigni e detriti verso la forma curva di Sage. Lo raggiunse e lo baciò.

      “Ti ho trovato” sussurrò.

      “Scarlet, è troppo tardi” fu la replica.

      Ma Scarlet non ascoltò. Mise le braccia intorno al busto nudo di lui, e lo fece sedere. Lui si piegò, debole: era a malapena in grado di tenersi su.

      “Che

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