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Storey. Keith Dixon
Читать онлайн.Название Storey
Год выпуска 0
isbn 9788873043591
Автор произведения Keith Dixon
Жанр Триллеры
Издательство Tektime S.r.l.s.
Storey era un progetto per lei. Câera stato un momento in cui ci sarebbe potuto essere qualcosa tra loro, ma lui sbagliò la tempistica e smisero di parlarsi per tre mesi. Poi ripresero, ma in modo diverso. Apprezzava il fatto che lei avesse ancora voglia di parlargli nonostante fosse partito con due soli giorni di preavviso e lasciando a lei il compito di vendere i mobili prima che il padrone di casa li desse via. Era piena di risorse â avrebbe gestito la cosa.
Lei disse, âUn tipo è passato di qui per parlare con te ieri sera. Lâho sentito bussare alla tua porta ripetutamente, sono uscita. Ha detto che lavorava con te, voleva parlare.â
âChe aspetto aveva?â
âPoco più alto di te, capelli chiari rasati, grandi labbra, molto rosse, come se portasse il rossetto o qualcosa del genere.â
âRick. Immaginavo sarebbe venuto.â
âGrazie per avermi avvertito.â
âCosa gli hai detto?â
âOra guarda, qui viene il bello, sai? Sono quasi sempre stata una ragazza piuttosto tranquilla, ma così mi fai perdere la pazienza, Storey. Non ho bisogno di tutta la tua storia passata a riversarsi allâentrata di casa mia. Ho la mia vita, sai? Capisco se devi occuparti dellâorganizzazione del funerale e tutto, ma non dovevi mollare tutto di colpo. Non mi interessa il tuo stress, non mi interessa del tuo lavoro. Non mi interessa delle tue librerie. Non hai il diritto di buttarmi tutto addosso e andartene nel Midlands.â
âDâaccordo. Mi sono comportato male. Quindi, cosâhai detto a Rick?â
Ora la poteva vedere a fissare il soffitto, cercando di ricordare cosa le aveva detto il consulente riguardo al controllo della rabbia. Stava contando fino a dieci. O immaginando gli angeli. Lui non aveva idea di cosa fece per calmarsi.
Disse, âGli ho detto che te ne eri andato. Non ho detto dove o perché. Ho fatto finta di non sapere. Non è quello che volevi?â
âNon hai menzionato mio padre? O Coventry?â
âHo seguito le tue istruzioni.â Sembrava roba forte ora, era un po' arrabbiata, un tono che riconosceva bene. âCosa vorrebbe questo Rick, in ogni caso? Pensavo avessi dato le dimissioni.â
âLâho fatto. Probabilmente pensa che può farmi cambiare idea. Si è sempre creduto un po' uno strizzacervelli. Pensava di conoscermi meglio di quanto mi conoscessi io.â
âDai, Storey, tu non ti conosci affatto. Brancoli nel buio.â
âMi inchino al tuo sapere superiore.â
âGuarda la tua storia recente. Ti dirà tutto quello che devi sapere.â
âDevo andare. Il microonde ha appena suonato.â
âSì, giusto, non lasciare raffreddare il tuo hamburger.â
âEâ un polpettone.â
âCosì ti sei già integrato. Mi fai paura, davvero.â
âTi chiamo quando mi sono sistemato meglio.â
âPare che andrà così,â disse, attaccando il telefono.
CAPITOLO TRE
JANICE LO VIDE attraverso la vetrina prima di entrare. La faccia tosta â sedersi nel suo posto preferito, rilassarsi su quella sedia nonostante appartenesse a lui. Lo vedeva di bellâaspetto del tipo carnagione scura, come Pierce Brosnan se avesse avuto genitori greci, quel tipo di mento scuro irsuto e la nera peluria spessa. Gli abiti sembravano cadergli bene addosso, mostrando il suo petto robusto e i suoi fianchi stretti, quelli di un uomo che si manteneva in forma, non un ragazzo senza struttura. Non aveva nessun angolo morbido, era definito e spigoloso e i suoi occhi sembravano guardarti dentro.
Poteva essere interessante. Bello conoscere un uomo che potrebbe prendere il comando, per una volta. Vide questo in lui, quella brama di dominare, di fare andare le cose a modo suo. Le sarebbe potuta piacere la sfida, se non avesse avuto altri piani.
Così eccolo lì, ad alzare gli occhi dal suo libro ora, vedendola e sorridendole allo stesso tempo, sapendo che avrebbe varcato la soglia, e aspettando solo che lei arrivasse. Il sorriso non ha toccato il suo sguardo, pensò lei, era qualcosa che aveva fatto con la bocca, un dovere sociale, prendendo atto che il gioco stava per iniziare.
Disse, âPensavo non saresti mai tornata, visto che sono stato così sgarbato e tutto il resto. Pensavo di avere rotto la magia.â
Lei guardò la sua camicia scollata, a mostrare un po' di peluria riccia affiorare, la giacca blu navy che indossava sopra che probabilmente era di Next e proveniente da un negozio di beneficenza, il libro ora a faccia in giù sul tavolo â Furore â e pensò a quello che faceva per vivere: perito assicurativo. Non se lâera bevuta. Lui si comportava come se avesse una missione, qualcosa che avrebbe fatto nella vita, un qualche posto dove sarebbe stato. Non era uno scribacchino o qualcuno che osservava cifre e faceva calcoli. Câera troppa vitalità nei suoi occhi. Qualcosa di sinistro ma intrigante.
Disse, âOffrimi un caffè.â
Lui la fissò per un momento ma poi sospirò e si alzò e andò al bancone facendole un cenno disinvolto mentre si metteva in fila. Non le aveva nemmeno chiesto cosa volesse. Probabilmente già lo sapeva dopo tutto il tempo passato a guardarla.
Non stare al suo gioco, diceva lei a se stessa. Non farti ammaliare.
Si sedette e prese fuori il suo Microsoft Surface Pro 3 portatile, aprì la tastiera flessibile e toccò lo schermo per evidenziare il file aperto. Appoggiò il suo smartphone Moto G sul tavolo accanto ad esso. Le piacevano i suoi congegni e conosceva i nomi e le caratteristiche di ciascuno di essi. E per qualche ragione voleva convincere questo Storey che era sincera, che era una giornalista per davvero, che il suo lavoro era in qualche modo importante. Di solito quando entrava da Starbucks scriveva il giornale, o talvolta lavorava a una delle sue didascalie. Le spie le chiamavano così â false identità create per salvarsi la pelle. Lei ne aveva circa dieci al momento e ogni giorno provava ad aggiungere un altro particolare, unâaltra caratteristica o eventi di vita, almeno a due delle identità . Inventandosi man mano.
Dandole qualcosa da fare mentre aspettava che David fosse cotto al punto giusto.
Storey tornò con il caffè per lei e un altro per sé.
Lei disse, âNon sei venuto per due giorni.â
âTi sono mancato?â
âNon mi può mancare qualcuno che non conosco.â
âDevo scusarmi con te.â
Lei stava mettendo dello zucchero nel suo caffè e si fermò.
Disse, âNon ti stavo pedinando. Non voglio che lo pensi. Mi è capitato solamente di essere qui quando sei entrata. Ho pensato che sembravi interessante. Sai cosa voglio dire, vedi qualcuno e pensi che ti piacerebbe conoscerlo, vedere come parla e cosâha da dire.â
Si appoggiò indietro e la guardò, come se pensasse di stare a farle un regalo.
Janice si trattenne un attimo, poi disse, âTi dispiace se mi metto a lavorare? Anche se mi piacerebbe stare qui a chiacchierare.â
Le piacque il modo in cui lui sorrise e poi scosse la testa con approvazione, come se la gara in cui si stavano misurando fosse avanzata di livello e lui sapesse che avrebbe dovuto alzare la posta in gioco. Ma non stare al suo gioco, non farti ammaliare.
Nellâaprire il portatile