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tasca. E anche guidando continuò a sentire la voce stridula della signora Rondel che pontificava il suo sermone nell’indifferenza della notte.

       CAPITOLO 5

      Wayne non aveva mai pensato al suo appartamento come ad un’attrazione: ma dopo aver visto casa dei Rondel, la sua gli sembrò uscire direttamente dalle pagine di A.D. Quello di Wayne era un appartamento monoambiente, decorato in stile assolutamente californiano: la sua funzione primaria era un’efficienza cruda e squallida. Le pareti erano pulite, bianche, i mobili economici ma funzionali. Ciò che più lo colpiva però, entrando e accendendo la luce, era che l’appartamento era pulito e senza odori. Wayne non era un casalingo coscienzioso e sugli scaffali c’era polvere, ma almeno era tutto al proprio posto e il tappeto dorato non era cosparso di rifiuti.

      A volte ci serve davvero una brutta esperienza per apprezzare ciò che abbiamo, pensò Wayne guardandosi attorno.

      Però la sterile qualità del suo appartamento lo annoiava.Volendo essere critico, avrebbe dovuto estendere la critica anche al proprio stile di vita. A parte la TV e un paio di stampe appese per rallegrare le pareti nude, c’era poco che potesse davvero definire di sua proprietà. Fece un inventario e si sentì ancora più depresso. Nel cucinotto aveva i suoi piatti e i suoi utensili, un tostapane-forno e un computer da tavolo che gli appartenevano; nella stanza da letto c’era una Calotta Onirica e un armadio pieno di vestiti. Quelle cose e la biblioteca in continua crescita contenente testi di riferimento – molti dei quali, comunque, conservati anche allo Studio – erano gli unici oggetti che non aveva ereditato assieme all’appartamento.

      Pensandoci si rese conto che la maggior parte dei Sognatori che conosceva non erano persone di mondo ne’ materialisti. La cosa più bella che si poteva dire di loro era che, la realtà, la sopportavano; le loro vere vite erano nel Sogno e il mondo era semplicemente un indirizzo dove soddisfare le proprie necessità fisiche. Tutto ciò che contava per loro era vissuto nella loro mente e si propagava ad altre persone attraverso la Calotta Onirica. Wayne si domandò se era così che il fastidioso Rondel riusciva a sopravvivere con sua madre in quella casa – trattandola come un fenomeno temporaneo, da sopportare con quieta dignità finché non riusciva a scappare nel Sogno.

      Si sentì pervadere da un’ondata di pietà per se stesso e cercò di fugarla. Forse i Sognatori erano ancor peggio di tutti gli altri? Gli altri, quelle masse senza volto che fungevano da spettatori notturni, non avevano neanche l’immaginazione per creare i propri Sogni. Vivevano le loro vite svolgendo lavori che la maggior parte di loro odiava, e il loro solo sfogo era sintonizzarsi sui Sogni indiretti creati da altri. Almeno la vita dei Sognatori godeva di un’indipendenza liberatrice rispetto alle catene della vita terrena.

      Era una razionalizzazione familiare. Aveva sentito le stesse argomentazioni d’élite, o variazioni sul tema, ogni qualvolta i Sognatori si riunivano per parlare della loro esistenza. Era la verità, oppure tutti affermavano pubblicamente la stessa cosa per mascherare le loro insicurezze? Durante le feste, nelle sale degli studi della Dream, sembravano coraggiosi — ma Wayne si chiedeva se quegli stessi Sognatori da soli, la notte, non soffrissero mai quei momenti di calma disperazione che egli stesso aveva sofferto; consapevoli di avere innanzi a loro una vita vuota, consapevoli che le loro realtà più vivide erano fermamente ancorate alla finzione scenica.

      Con Marsha tutto era diverso. Allora la vita aveva uno scopo, o almeno così sembrava; se Wayne aveva qualche dubbio sulla validità della sua vita e del suo lavoro, era facile seppellirlo dietro la maschera di una relazione sentimentale. Se non altro, essere impegnato con Marsha lo aveva protetto da verità più spiacevoli su se stesso.

      Ma Marsha per vivere vendeva polizze assicurative. Non c’era nessuno al mondo più fermamente abbarbicato alla realtà di Marsha Framingham. La loro attrazione iniziale era sembrata la prova del vecchio detto secondo cui gli opposti si attraggono, ma un anno di convivenza aveva dimostrato che una coppia ha bisogno di avere qualcosa in comune per far crescere una relazione. Marsha aveva poca consapevolezza, o poca solidarietà, per le necessità artistiche di lui, e gli orari di lavoro invertiti del Sognatore gli offrivano sempre meno tempo da passare con lei.

      Sei mesi prima, nel disperato tentativo di mantenere la relazione, Wayne aveva commesso un atto imperdonabile: aveva chiesto a Marsha di sposarlo.

      Lei l’aveva guardato a lungo prima di rispondere. “No”, aveva detto, “in queste circostanze non funzionerebbe mai, e non acconsentiresti mai alle circostanze che potrebbero permetterlo.”

      “Mettimi alla prova.”

      “Devi lasciare la Dreaming.”

      Si erano lasciati una settimana dopo. Era stata una rottura amichevole, come vanno queste cose. Si erano promessi di rimanere amici ma, con pochi interessi in comune, i loro passi si incrociavano raramente. L’ultima volta che Wayne l’aveva sentita, Marsha era impegnata con un agente di cambio e non era mai stata tanto felice.

      Wayne si domandò se uno dei fattori che lo avevano spinto con tanta veemenza verso Janet Meyers non fosse che, fisicamente, lei e Marsha si assomigliavano: nessuna delle due era una bellezza mozzafiato, ma entrambe sapevano radiare un senso di calore e intelligenza che lui tanto ammirava in una donna. La differenza tra le due era che Janet, al contrario di Marsha, era una Sognatrice e sapeva riconoscere quei suoi bisogni speciali, gli umori, i dubbi, perché rispecchiavano i suoi. Lei e Wayne potevano condividere il mondo unico del Sogno e le sue particolari problematiche. I due potevano sostenersi l’un l’altro nei momenti di crisi; insieme formavano un duo che avrebbe potuto sconfiggere le tempeste emotive. Se lui avesse potuto farglielo capire…

      Improvvisamente l’appartamento gli parve freddo e solitario. Il mondo attorno a lui era immobile e si sentiva tagliato fuori, isolato dal flusso dell’umanità. Persone più decenti a quell’ora erano addormentate, molte di loro indossavano la Calotta Onirica e vivevano attraverso le fantasie pre-digerite di altri. Wayne era invaso dalla necessità di tuffarsi e di nuotare col branco, di perdersi nell’identità di massa e di arrendersi ai problemi fino al giorno successivo.

      Senza neppure pensare, si avvicinò alla TV e accese sul canale dei notiziari. Lo schermo si riempì di linee scritte e i suoi occhi le scandagliarono per diversi minuti senza assorbire alcun dato. Quando alla fine si rese conto di ciò che stava facendo, chiese alla TV di mostrargli la programmazione dei Sogni di quella notte. Se Sognare era problema suo, lo avrebbe fatto diventare anche parte della soluzione.

      Lesse attentamente le offerte delle stazioni emittenti più importanti. C’erano un paio di titoli che sembrano interessanti, realizzati da Sognatori che rispettava come professionisti; ma erano tutti già iniziati. Entrare a Sogno iniziato in un certo senso era peggio che arrivare a metà film; lasciava lo spettatore terribilmente disorientato e insicuro di se stesso. Wayne sicuramente non aveva bisogno di una cosa del genere, quella notte.

      Continuò a scorrere la lista dei programmi finché non arrivò alle stazioncine più piccole e specializzate. C’erano un paio di trasmittenti di Los Angeles che offrivano esperienze religiose ispiranti; si promuovevano in maniera esplicita così che nessuno potesse reclamare con la Commissione Comunicazioni per esser stato soggetto a propaganda contro la propria volontà. Dopo l’arringa fanatica della signora Rondel, però, certo Wayne proprio non aveva bisogno di un’altra dose di religione.

      Restavano le trasmittenti porno. Arrivando a quei programmi Wayne si rese conto che era proprio ciò che aveva cercato. Il senso di amore frustrato per Janet, la solitudine, il buco vuoto nella sua anima – emozioni che crescevano fino a superare il punto di sopportazione. In qualche modo dovevano essere catalizzate. Anche se sapeva complessivamente troppo dell’industria Onirica del porno, anche se sapeva che non era altro che un tormentone gigantesco, aveva bisogno di un modo per scaricare la tensione dal corpo. Questo andava pure bene.

      Passò rapidamente in rassegna i programmi. C’era erotismo per assecondare ogni gusto immaginabile, normale, gay o fetish. Wayne era sempre stato considerato uno “rigido” alla Stazione perché non riusciva a coinvolgersi nelle fantasie più stuzzicanti; faceva un buon lavoro con l’erotismo normale, ma la roba esoterica

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