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disse Claudio.

      Ma il domani era nell'oscuro grembo degli Dei.

      La mattina seguente, quando Frida e le due fanciulle scesero di buon'ora per la colazione, furono stupefatte di vedere Luisa – ancora nell'abito bianco della sera innanzi – seduta, sul divano, colla faccia pallida e gli occhi rossi. Alle loro domande essa rispose tremula che Claudio era partito. Due ufficiali erano venuti a chiamarlo verso la mezzanotte.... gli avevano dato appena il tempo di fare la valigia e prendere la sua borsa d'istrumenti chirurgici – poi l'avevano condotto via in gran fretta.

      «Ma dove – dove è andato?» chiese Chérie.

      «Non lo so,» rispose sua cognata e gli occhi neri le si soffusero di pianto. «Parlavano di mandarlo… non so… a un'ambulanza da campo… o al Deposito Centrale....»

      «Cos'è il Deposito Centrale?» domandò Mirella.

      Ma poichè nessuno lo sapeva, nessuno rispose.

      A quel punto entrò Marietta, la cameriera, portando la colazione; e la seguiva sua madre, Maria, la cuoca. Tutt'e due avevano gli occhi rossi e appena interrogate si rimisero a piangere. Maria narrò che all'alba erano venuti i suoi due figli, Charles e Toinot, vestiti da soldato; avevano detto addio a lei ed a Marietta; il maggiore, Charles, che apparteneva al nono reggimento fanteria partiva per Stavelot; e Toinot, che non aveva ancora diciott'anni, s'era arruolato volontario e l'avrebbero mandato Dio sa dove.

      «Certo,» soggiunse Maria, mentre le fitte lacrime le rigavano la faccia travagliata, «non c'è ragione di piangere. Si sa che non c'è alcun pericolo per il nostro paese. Ma tuttavia vedere i propri figli che se ne vanno così… cantando la Brabançonne.... come se andassero a morire» – la voce le si ruppe in singhiozzi.

      «Certo, mia buona Maria,» fece eco Luisa, «non c'è ragione di piangere.»

      E piansero tutte quante, amaramente e a lungo. Anche Frida, colla faccia nel fazzoletto, singhiozzava – un po' per fare come gli altri e un po' perchè un profondo Weltschmerz le commoveva il falso e sentimentale cuore tedesco.

      Dietro suggerimento di Mirella si misero finalmente a tavola, e prendendo il caffè si sentirono un po' meglio. Visto che quasi tutti gli uomini di Bomal erano partiti o dovevano partire, fu un conforto per tutti il pensiero che Fritz Hollaender, il domestico confidenziale del dottore, essendo olandese, poteva rimanere. Certo Fritz non era una persona molto amabile; era anzi quasi sempre imbronciato e taciturno; ma, come fece osservare Luisa, appunto per questo si sentiva che era una persona di cui ci si poteva fidare.

      «Io» – disse la saggia Luisa, che aveva ventott'anni ed era una fervida ammiratrice di Georges Ohnet – «io mi fido sempre delle persone che parlano poco e vi guardano bene in faccia quando rivolgete loro la parola.»

      «A me Fritz non piace niente affatto,» dichiarò Mirella. «Trovo odiosa la forma della sua testa.»

      «Non dir sciocchezze.» osservò Chérie.

      «E detesto le sue orecchie,» soggiunse Mirella.

      Frida, che stava inzuppando un croissant nel caffè, alzò il capo. «Egli ha le orecchie che Iddio gli ha date,» disse con le sottili labbra un po' tremanti.

      Tutte la guardarono stupefatte, ed ella, facendosi di brace, abbassò il capo e rituffò il panino nella tazza.

      Dopo colazione Luisa andò a riposare per qualche ora; Frida disse che aveva da scrivere delle lettere, e si ritirò in camera sua; mentre le due fanciulle decisero di andare alla Maisonnette des Lilas a far visita alle loro amiche, Cecilia e Jeannette Dorè. Bisognava decidere insieme che cosa avrebbero fatto per festeggiare il compleanno di Chérie il giorno 4 agosto.

      Arrivate alla villetta di Madame Dorè, trovarono Cecilia e Jeannette affaccendate intorno al loro fratello Andrea, un biondo boy-scout di quattordici anni.

      Cecilia gli cuciva sulla manica della blusa di tela verde una striscia colle iniziali: S. M.

      «Che cosa vuoi dire S. M.?» domandò Mirella.

      «Vuoi dire Service Militaire,» rispose con superbia Andrea.

      «Ma guarda un po'!» esclamò Mirella, «e dire che non hai ancora quindici anni!»

      Andrea si passò con aria distratta la mano nelle chiome. «Eh, già!» disse con fare di superiorità negligente, «poichè gli altri uomini se ne vanno tocca a noi di vegliare su di voi donne;» e degnò d'uno sguardo di benevola protezione la piccola Mirella che lo fissava estatica d'ammirazione.

      «Tieni fermo quei braccio,» disse Cecilia, «se non vuoi ch'io ti punga!»

      «Vostro padre dove è?» chiese Chérie. «E' partito anche lui?»

      «Sicuro,» rispose Andrea. «Fa parte della Guardia Civica. L'hanno mandato alla Chaussée di Louvain, non lontano da Bruxelles.»

      «Che confusione! che agitazione!» esclamò Jeannette, saltarellando per la stanza.

      «Ma noi,» chiese Mirella – «contro chi combattiamo?»

      «Non si sa ancora,» sentenziò Andrea. «Forse contro i francesi; forse contro i tedeschi.»

      «E forse contro nessuno,» concluse Cecilia tagliando coi denti il filo, e spianando colla mano il bracciale ben cucito sulla manica del fratello.

      «Eh, sì, probabilmente contro nessuno,» fece eco Andrea, non senza un poco di rammarico nella voce. «Già, nessuno oserà mai invadere il nostro paese.»

      «Andiamo in giardino!» disse Jeannette.

—–

      Tale era l'anima del Belgio alla vigilia dello spaventevole suo fato. Senza dubbio, in alti lochi – nella Place Royale e nel Palais de la Nation – vi era chi vegliava in preda a febbrile angoscia, paventando e prevedendo l'immane calamità; ma per tutto il resto del paese non vi era che una certa irrequietezza quasi baldanzosa, un senso d'aspettazione risoluta.

      Nessuno dubitava che i sacrosanti diritti della nazione non verrebbero rispettati; ciò nonostante – si diceva – non era un male l'essere preparati a tutto. E il paese si mobilizzava e s'armava.

      Ma non v'era in quella dolce sera d'estate alcun serio allarme nei cuori; nessuno – dall'ultimo angolo del Lussemburgo, fino al più remoto casolare delle Fiandre – mirando tramontare quell'ultimo sole del luglio 1914 sui placidi campi di grano sognava che già nel crepuscolo stava a falce alzata la Morte, che già sulla soglia le nordiche belve appiattate e pronte al balzo fremevano, fiutando sangue.... Nessuno, nessuno sognava che di lì a quattro giorni su quelle ridenti vallate delle Ardenne l'orda delle jene germaniche sarebbe passata nel suo delirio di furore, nella sua frenesia di strage.

      .... Oh, ridenti vallate delle Ardenne!…

* * *

      Così, mentre nel villaggetto di Bomal, Chérie e Cecilia, Jeannette e Mirella correvano pel giardino soleggiato, a un lontano balcone di Berlino si affacciava in quell'ora stessa un uomo dalla barba grigia.

      Ai suoi piedi ondeggiava una folla convulsa e tumultuosa. Parlava, parlava l'uomo dalla barba grigia. E prometteva sangue alle jene.

      … Così, mentre le quattro soavi fanciulle progettavano sorridenti la festa che avrebbero fatta il quattro d'agosto, da quel balcone sulla Wilhelmstrasse veniva pronunciata la sentenza che determinava il loro fato e il fato dell'Europa.

      «… Inviteremo Lucilla, Cricri e Verbena,» diceva Chérie.

      «Distruggeremo quanti si porranno sulla nostra via!» gridava l'uomo sul balcone.

      «… Faremo musica,» diceva Jeannette.

      «Abbatteremo su loro il nostro pugno di ferro,» diceva l'uomo sul balcone.

      «… E balleremo,» rise Mirella.

      «E il nostro calcagno ferrato li schiaccerà,» disse Von Bethmann Holweg.

—–

      E le Jene Grigie ulularono.

      III

Dal diario di Chérie

      Oggi è il primo d'agosto.

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