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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon
Читать онлайн.Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9
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Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
Издательство Public Domain
A. D. 451-482
Si palesarono in modo ben differente le disposizioni dei Greci e degli Egiziani sotto il regno ortodosso di Leone e di Marciano. Questi devoti Imperatori, colla forza dell'armi e degli editti, sostennero il Simbolo della lor Fede84; e cinquecento Vescovi dichiararono sulla lor coscienza e sull'onor loro, ch'era permesso di difendere anche cogli omicidii i decreti del Concilio calcedonese. Videro i Cattolici con piacere, che lo stesso Concilio era odioso ai Nestoriani, ed ai Monofisiti85; ma i Nestoriani erano meno irritati, o men potenti; e fu lacerato l'Oriente dal pertinace e sanguinario fanatismo dei Monofisiti. Gerusalemme fu assalita da un esercito di Monaci che la posero a sacco; arsero, trucidarono in nome d'una Natura incarnata; fu bagnato di sangue il sepolcro di Gesù Cristo, e pochi ribelli tumultuariamente raccolti, chiusero le porte della città all'esercito imperiale. Dopo la condanna e l'esilio di Dioscoro, dolenti gli Egiziani della perdita del lor Padre spirituale, videro con ribrezzo l'usurpazione del suo successore costituito dai Padri del Concilio di Calcedonia. Costui, di nome Proterio, non potè sostenersi che col soccorso d'una guardia di duemila soldati; fece guerra cinque anni al popolo d'Alessandria; e il primo sentore della morte di Marciano divenne pei fanatici Egiziani il segnale della vendetta. Tre giorni prima della festa di Pasqua, il Patriarca fu assediato nella sua cattedrale, e ucciso nel battistero. Fu dato alle fiamme l'avanzo del suo cadavere e se ne gettarono al vento le ceneri; questo assassinio fu inspirato dall'apparizione d'un preteso Angelo, furberia inventata da un monaco ambizioso, che, sotto il nome di Timoteo, il Gatto86, succedette alla dignità e alle opinioni di Dioscoro. Colle rappresaglie delle due parti s'inciprignirono gli animi in questa crudel superstizione; una disputa metafisica costò la vita a migliaia di uomini87; e i Cristiani d'ogni classe furono privati dei godimenti della vita sociale, e dei doni invisibili del Battesimo, e della santa Comunione. Ci resta di quel tempo una novella stravagante, che contiene forse una pittura allegorica dei fanatici, che si tormentavano e straziavano a vicenda. «Sotto il consolato di Venanzio e di Celere, dice un Vescovo autorevole, gli abitatori d'Alessandria, e di tutto l'Egitto furono presi da una strana e diabolica frenesia; i grandi e i piccioli, gli schiavi e gli uomini liberi, i Monaci ed il Clero, quanti in somma si opponevano al Concilio di Calcedonia perdettero l'uso della parola, e della ragione; abbaiavano come cani, e si laceravano le mani e le braccia coi denti»88.
A. D. 482
Trenta anni di disordini originarono alla fine il celebre Henoticon89 dell'Imperatore Zenone, formolario che, sotto il regno di costui e di Anastasio, fu segnato da tutti i Vescovi dell'Oriente, minacciati della degradazione e dell'esilio, se rigettavano o se violavano questa legge fondamentale. Può il Clero sorridere o gemere della presunzione d'un laico che osa determinare Articoli di Fede; ma se il magistrato secolare non isdegna d'abbassarsi a questa cura umiliante per un sovrano, il suo spirito per altro è meno traviato dal pregiudizio, o dalle mire d'interesse; e quell'autorità ch'egli esercitò in ordine a questo, non ha il suo appoggio che nel consenso del popolo. Nella storia ecclesiastica appunto comparisce Zenone meno spregevole, nè so scorgere veleno d'eresia manichea, o eutichiana nelle generose parole d'Anastasio, il quale considerava per cosa indegna d'un Imperatore il perseguitare gli adoratori del Cristo, e i cittadini di Roma. Ottenne l'Ennotico l'approvazione specialmente degli Egiziani; non di meno l'inquieto ed anche pregiudicato sguardo dei nostri teologi ortodossi non vi scorse la più picciola macchia; quivi in una maniera esattissima viene esposta la dottrina cattolica intorno l'Incarnazione, senz'ammettere, o senza rifiutare i termini particolari, o le opinioni delle Sette avversarie. V'è pronunciato un anatema solenne contro Nestorio ed Eutiche, contro tutti gli eretici, che dividono, o confondono il Cristo, o il riducono a un vano fantasma. Senza determinare se la parola Natura debba usarsi in singolare o in plurale, vi è rispettosamente confermato il sistema di S. Cirillo, la dottrina dei Concilii di Nicea, di Costantinopoli e d'Efeso; ma in vece di inginocchiarsi davanti i decreti del quarto Concilio generale, si sfugge la quistione, riprovando tutte le dottrine contrarie, se ve ne ha d'insegnate sia in Calcedonia, sia altrove. Questa frase equivoca poteva con tacito accordo conciliare gli amici e i nemici del Sinodo di Calcedonia. Dai Cristiani i più ragionevoli si approvò questo espediente di tolleranza, ma debole ed incostante ne era l'intelletto, e lo zelo veemente delle Sette diverse in questa sommessione non vide che una servile timidità. Era ben difficile il rimanersi al tutto neutrali in un argomento che riscaldava i pensieri e i discorsi degli uomini: un libro, una predica, un'orazione riaccendevano il fuoco della controversia, e le particolari animosità dei Vescovi rompevano e rannodavano alternativamente i legami della comunione. Mille picciole varietà di vocaboli e d'opinioni empievano lo spazio che divideva Nestorio ed Eutiche: gli Acefali90 d'Egitto, e i Pontefici di Roma forniti d'ugual valore, ma di forza ineguale, stavano alle due estremità della scala teologica. Gli Acefali senza re, e senza vescovi furono separati per più di trecent'anni dai Patriarchi d'Alessandria che aveano aderito alla comunion di Costantinopoli, senza esigere una condanna formale dal Concilio calcedonese. I Papi scomunicarono i Patriarchi di Costantinopoli per aver accettata la comunione Alessandrina, senza approvare formalmente lo stesso Concilio: l'inflessibile loro despotismo, inviluppò in quel contagio spirituale le Chiese greche più ortodosse; negò, o contestò la validità dei lor Sacramenti91; per trentacinque anni fomentò lo scisma dell'Oriente e dell'Occidente sino all'epoca, in cui condannarono questi la memoria di quattro prelati di Bizanzio, che osato aveano di opporsi alla primazia di S. Pietro92. Prima di quel tempo era stata dallo zelo dei Prelati rivali violata la mal ferma tregua di Costantinopoli e dell'Egitto. Macedonie, sospetto già d'una segreta adesione all'eresia di Nestorio, difese nella sua disgrazia, e nell'esilio, il Sinodo di Calcedonia, mentre il successore di S. Cirillo avrebbe desiderato di poterne comperare la condanna al prezzo di duemila libre d'oro.
A. D. 508-518
In mezzo all'effervescenza di quel secolo bastava il senso, anzi il suono d'una sillaba a turbar la quiete dell'imperio. S'opposero i Greci, che il Trisagion93 (tre volte santo) santo, santo, santo, il Dio Signor degli eserciti fosse identicamente quell'Inno che da tutta l'eternità ripetono gli Angeli e i Cherubini davanti il trono di Dio, e che in maniera miracolosa fu rivelato alla Chiesa di Costantinopoli verso la metà del quinto secolo. La divozione degli abitanti di Antiochia poco dopo vi aggiunse: «che fu crocifisso per noi»; questo indirizzo al solo Cristo, e alle tre Persone della Trinità può giustificarsi secondo le regole della Teologia, e fu insensibilmente adottato dai Cattolici dell'Oriente e dell'Occidente. Ma era stato immaginato da un Vescovo monofisita94. Questo regalo d'un nemico fu da prima, come orribile e pericolosa bestemmia, ributtato, e poco mancò, che all'Imperatore Anastasio ne costasse la corona e la vita95. Non avea il popolo di Costantinopoli alcuna ragionevole idea di libertà, ma il color d'una livrea nelle corse, e una picciola discordanza per un Mistero nelle scuole parevagli un motivo legittimo di ribellione. Il Trisagion, con l'aggiunta o senza l'aggiunta da noi accennata,
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Fozio (o più veramente Eulogio d'Alessandria) in un bel passo della sua opera confessa, che par ben fondata questa doppia accusa contro Papa Leone e il suo Concilio di Calcedonia (
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Era soprannominato Αιλουρος,
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Φονους τε τολμηναι μυριους, αιματων πληθει μολυνθηναι μη μονον την γην αλλακαι αυτον αερα, essersi sofferte stragi a migliaia, dalla piena di sangue essere stata contaminata,
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L'Ennotico è stato trascritto da Evagrio, (l. III, c. 13) e tradotto da Liberato (
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Se ne cancellarono i nomi dal dittico della Chiesa:
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Petavio (
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Pietro Gnafeo, il Gualchieraio, (mestiere ch'egli facea nel suo monastero) patriarca d'Antiochia. La sua noiosa storia si discute lungamente negli annali di Pagi (A. D. 477-490), e in una dissertazione del signor di Valois sulla fine del suo Evagrio.
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I cenni che si riferiscono alle turbolenze accadute sotto il regno d'Anastasio si trovano sparsi qua e là nelle Croniche di Vittore, di Marcellino e di Teofane. L'ultima non era pubblicata al tempo di Baronio; il Pagi, suo censore, è più copioso e più esatto nelle citazioni.