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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6. Edward Gibbon
Читать онлайн.Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6
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isbn
Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
Издательство Public Domain
A. 408
Tale era lo stato di Roma sotto il regno d'Onorio, allorchè l'esercito Gotico formò l'assedio o piuttosto il blocco della città256. Mediante una giudiziosa distribuzione delle numerose sue truppe, che impazientemente aspettavano il momento dell'assalto, Alarico circondò le mura, dominando le dodici porte principali, tolse ogni comunicazione coll'addiacente paese, e vigilantemente guardò la navigazione del Tevere, da cui traevano i Romani il più sicuro ed abbondante soccorso di provvisioni. I primi sentimenti dei Nobili e del Popolo furono quelli di sorpresa e di sdegno, che un vile Barbaro ardisse d'insultare la Capitale del Mondo; ma la loro arroganza fu presto umiliata dalla disgrazia; ed esercitaron vilmente contro un'innocente indifesa vittima la loro debole rabbia, invece di dirigerla contro l'armato nemico. Nella persona di Serena i Romani avrebbero forse potuto rispettare la nipote di Teodosio, la zia, ed anzi la madre adottiva del regnante Imperatore; ma essi abborrivano la vedova di Stilicone, ed ascoltarono con credula passione le dicerie della calunnia, che l'accusò di tenere una segreta e rea corrispondenza coll'invasor Goto. Mosso o trasportato dalla medesima popolar frenesia, anche il Senato, senza ricercare alcuna prova del suo delitto, pronunziò contro di essa la sentenza di morte. Serena fu ignominiosamente strangolata; e l'infatuata moltitudine restò sorpresa in vedere, che quel crudele atto d'ingiustizia non produsse tosto la ritirata dei Barbari, e la liberazione della città. L'infelice Roma soffrì appoco appoco i travagli della carestia; e finalmente le orride calamità della fame. La quotidiana distribuzione di tre libbre di pane fu ridotta alla metà, ad un terzo, a niente; ed il prezzo del grano di continuo cresceva con una stravagante e rapida proporzione. I cittadini più poveri, che non potevan comprare le cose necessarie per la vita, sollecitavano con le preghiere la carità de' più ricchi: e per qualche tempo fu sollevata la pubblica miseria dall'umanità di Leta, vedova dell'Imperator Graziano, che aveva fissato la sua residenza in Roma, ed impiegava in soccorso dei bisognosi la regia entrata, che annualmente riceveva dai grati successori del suo marito257. Ma questi privati o temporanei donativi non erano sufficienti a saziare la fame d'un numeroso popolo; ed in progresso la penuria invase anche i palazzi di marmo dei senatori medesimi. Le persone di ambedue i sessi, che erano state allevate nell'abbondanza degli agi e del lusso, conobbero quanto poco basti per supplire alle domande della natura; e prodigalizzavano i loro inutili tesori d'oro e d'argento per ottenere quella vile e scarsa provvisione, che precedentemente avrebbero rigettata con isdegno. Avidamente si divoravano e si disputavano fieramente per la violenza della fame i cibi più ripugnanti all'immaginazione ed al senso, e gli alimenti più malsani e perniciosi all'umana costituzione. Vi fu qualche oscuro sospetto, che alcuni miserabili disperati si cibassero dei corpi de' loro simili, che avevano segretamente uccisi, e fino le madri (tale fu l'orrido contrasto dei due più potenti istinti, dalla natura inspirati nel cuore umano) fino le stesse madri fu detto, che gustassero la carne degli scannati lor figli258. Più migliaia di abitanti di Roma spirarono nelle lor case e nelle strade per mancanza di cibo; e siccome i pubblici sepolcri fuori della città erano in poter del nemico, il fetore che usciva da tanti putridi ed insepolti cadaveri, infettò l'aria; e le miserie della fame seguite furono ed aggravate dal contagio d'un morbo pestilenziale. Le promesse d'un pronto ed efficace soccorso, che venivano replicate dalla Corte di Ravenna, sostennero per qualche tempo il debole coraggio de' Romani, ma finalmente la disperazione d'ogni aiuto umano li tentò ad accettar l'offerta d'una soprannaturale liberazione. Pompeiano, Prefetto di Roma, era stato persuaso dall'arte o dal fanatismo di alcuni divinatori Toscani, che per la misteriosa forza d'incanti e sacrifici potevano trarre i lampi dalle nuvole, e diriger que' celesti fuochi contro il campo dei Barbari259. Fu comunicato l'importante segreto ad Innocenzo Vescovo di Roma, ed il Successore di S. Pietro è accusato, forse senza fondamento, di avere preferito la salute della Repubblica alla rigida severità del Culto Cristiano. Ma quando agitossi tal questione in Senato, quando vi fu proposta come essenziale la condizione, che quei sacrifici dovevan farsi nel Campidoglio coll'autorità ed in presenza de' Magistrati, la maggior parte di quella rispettabile assemblea, temendo l'ira o Divina o Imperiale, ricusò di aver parte ad un atto, che sembrava quasi equivalere alla pubblica restaurazione del Paganesimo260.
A. 409
L'ultima speranza de' Romani dipendeva dalla clemenza o almeno dalla moderazione del Re dei Goti. Il Senato, che in quest'occasione assunse la suprema potestà del governo, mandò due ambasciatori per trattar col nemico. Quest'importante incombenza fu data a Basilio,
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Lipsio (
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Olimpiodoro,
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251
Le successive testimonianze di Plinio, di Aristide, di Claudiano, di Rutilio ec. provano l'insufficienza di questi editti restrittivi. Vedi Lipsio,
252
Leggasi tutta la satira terza, ma particolarmente i versi 166-223. La descrizione dell'
253
Questa somma totale è composta di 1780 Domus o vaste case, di 46,602
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Vedasi l'esatto scrittore Messance,
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Questo computo non è molto diverso da quello che il Brotier, ultimo editore di Tacito, (Tom. II. pag. 380) ha tratto da principj simili; quantunque sembri, che esso tenda ad un grado di precisione, a cui non è possibile nè importante di giungere.
256
Quanto ai fatti seguiti nel primo assedio di Roma, che vengono spesso confusi con quelli del secondo e del terzo, vedi Zosimo l. V. p. 350-354. Sozomeno lib IX. c. 6, Olimpiodoro,
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La madre di Leta era chiamata
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Zosimo (l. V. p. 355, 356) parla di queste ceremonie come un Greco male informato della nazionale superstizione di Roma e della Toscana. Io sospetto, che contenesser due parti, cioè le segrete e le pubbliche: le prime erano probabilmente un'imitazione delle arti e degl'incantesimi, coi quali Numa aveva tratto Giove ed il suo fulmine sul monte Aventino.
… Quid agant laqueis, quae carmina dicant,
Quaque trahant superis sedibus arte Jovem,
Scire nefas homini…
Gli
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Sozomeno (l. IX. c. 6.) induce a credere, che l'esperimento fosse realmente fatto, quantunque senza successo; ma non rammenta il nome d'Innocenzo; ed il Tillemont (