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non pregava con le labbra, pregava col cuore: e così fu delusa, allora e sempre, la curiosità della piccola imprudente.

      VIII

      Quantunque Maria rimanesse vincente dopo quella lotta, comprese tuttavia che il nemico, se si era ritirato, era per altro troppo forte, e non si poteva fare a fidanza con lui. Una risoluzione occorreva prenderla, e la risoluzione fu presa: quella di allontanarsi da Giorgio.

      Riordinò le idee, ponderò bene i suoi disegni, e quando il duca d’Eleda ritornò dalla Camera, fu avvertito che la duchessa lo aspettava e che voleva parlargli.

      A tale annuncio. Prospero Anatolio si fermò sui due piedi. La novità della cosa, sua moglie che lo faceva chiamare nelle sue stanze e la coscienza che gli rimordeva, non predicevano nulla di buono. Sentì invece che lo aspettava un quarto d’ora assai difficile. Dubitò della lealtà di Giorgio, delle maligne confidenze di una troppo tenera amica, della stessa perspicacia di sua moglie, e a buon conto preparò la sua difesa.

      – Maria minaccerà una tragedia – pensava egli fra sè e sè. – Avrò una scena di lacrime, di gelosie… e, se devo dire la verità, me lo merito proprio. Sono adorato da una moglie che tutti m’invidiano; ed io invece… Già, sicuro, sono molto colpevole. Del resto, Maria non sa fin dove son arrivato; è troppo ingenua per sospettarlo, e così posso ancora difendermi, accusando la solita maldicenza… Povera donna tanto innamorata! – e Prospero Anatolio, mentre, preceduto da Lorenzo, entrava nella stanza della duchessa, si compiaceva ad ammirare la sua figura di Don Giovanni attempatuccio, riflessa dagli specchi delle portiere.

      – Mi hai fatto chiamare? – chiese a Maria appena furono soli; e per anticipare le tenerezze, si chinò (ella era seduta) e un bacio le sfiorò i capelli.

      Maria si alzò vivamente.

      – Che c’è di nuovo? – esclamò il duca stizzito.

      – Devo parlarti di cose serie.

      – Serie proprio?

      – Molto serie.

      – Allora sentiamo.

      – Io conto di partir subito per Santo Fiore. Vi resterò molto tempo. Almeno fino a che Lalla abbia compiuta la sua educazione.

      – Scherzi?

      – No: ti prego di dare gli ordini necessari.

      – Ci siamo, sa tutto! – pensò Prospero Anatolio; e poi riprese subito, fingendo una gran maraviglia:

      – Come? Vuoi andare a Santo Fiore?… ma io non posso lasciar la Camera!

      – So bene. Partirò sola, con Lalla e con miss Dill.

      – Mi vuoi separare da te, dalla figliuola?…

      – È necessario…

      – Non credo… ascoltami, cara – e Prospero Anatolio prese e strinse con tenerezza la mano di Maria, – ti supplico, interroga il tuo cuore, e dimmi se…

      – No, no! – interruppe la duchessa – il cuore… non c’entra. Raccomandiamoci invece allo spirito di tutti e due, per non essere costretti a spiegazioni che è meglio lasciare sottintese.

      – No, sei in errore, Maria; il tuo cuore e il tuo amor proprio avranno da guadagnare da una mia confessione intera e sincera.

      – Non ti comprendo.

      – Non vuoi comprendermi, piuttosto. Mi hanno accusato, mi hanno calunniato, lo capisco benissimo: mi hanno accusato, e tu mi condanni subito, alla cieca, senza volermi ascoltare, senza concedermi nessuna difesa!

      – Non ci furono nè accuse, ne calunnie… Io non ti condanno, e non so davvero che cosa tu mi debba confessare.

      Prospero Anatolio capì di essere andato troppo oltre; ma il ritirarsi era ormai impossibile.

      – Perchè dunque vuoi partire così subito e così improvvisamente?

      – Ciò riguarda me sola.

      – No, riguarda me pure. È un puntiglio, un capriccio, e voglio sapere il perchè!

      Maria alzò il capo e guardò fissamente il marito. La bonacciona timida e paurosa di Borghignano era sparita; col viso pallido, con un sorriso freddo, un po’ anche sarcastico, pareva un’altra donna. Il duca sentì un così gran cambiamento, senza poterlo spiegare; lo subì, senza volerlo riconoscere.

      – Dunque? Aspetto una risposta; – e Prospero Anatolio si sforzò per rimanere impassibile.

      – Amo Giorgio Della Valle – rispose lentamente Maria, senza tremiti nella voce, senza muover ciglio, senza arrossire. Dinanzi alla colpa, infame e ipocrita, del duca, ella si sentiva forte, si sentiva fiera del suo amore così alto, così puro. – Amo Giorgio Della Valle; e non voglio che questo affetto, il quale ha saputo vincere il mio cuore, vinca un giorno anche la mia coscienza, e voglio fuggire.

      Prospero Anatolio impallidì, ma si contenne; poi, cessato il primo sbalordimento, si persuase non esser altro che una finzione colla quale Maria voleva ottenere la propria rivincita e vendicarsi. Tuttavia, era una commedia che gli spiaceva molto.

      – Volendo risparmiarti l’incomodo di cambiar domicilio – rispose a Maria dopo un momento, – ci sarebbe un altro modo per difenderti, e… per salvarti, come dici.

      – Quale?

      – Mettere alla porta il Conte Della Valle.

      – Faresti capire a Giorgio ciò che è e dev’essere sempre un mistero per lui e per tutti.

      – Chi sa? Più fortunato degli altri, nostro cugino avrebbe potuto indovinare l’arcano.

      – No, non credo almeno – rispose con calma. Maria, senza voler notare l’insinuazione contenuta nelle parole del marito.

      Questi, arrabbiatissimo, cominciò a gridare per difendersi; ma, poichè non sapeva bene che cosa dire, se n’andò brontolando e sbattendo l’uscio con gran dispetto.

      Ritornato nel suo studio, e dopo essersi sfogato un poco, egli si mise a passeggiare su e giù, pensando al modo di levarsi d’impaccio col minor danno. Temeva poi anche, – le chiacchiere già, correvano sul fatto suo – che la partenza di Maria facesse troppo rumore e ne seguisse uno scandalo.

      – Bisogna impedire questa partenza: bisogna impedirla assolutamente.

      Ma come fare?

      Il duca aveva fatto il giro dello studio, in lungo e in largo un centinaio di volte, senza aver trovato un buon ripiego. Di tanto in tanto, a ogni nuovo pensiero che gli si affacciava alla mente, si fermava su due piedi, fissando il soffitto, e meditando; poi scrollava il capo e ricominciava a passeggiare, sempre più annuvolandosi. Così passò un’ora, un’ora e mezzo, due, quando a un tratto il suo volto si rischiarò:

      – Ah! ah! – borbottò fra sè, sorridendo: – mia moglie vuol confondermi? Per lo meno le insegnerò che sono sempre un uomo di spirito!… – Vano e leggero, il duca d’Eleda teneva di più a parere un uomo di spirito, che non ad essere un uomo onesto.

      In fretta, senza chiamare il servo, indossò il soprabito e uscì di casa.

      – Via de’ Fiesolani! palazzo Castiglione! – gridò al cocchiere montando nella prima carrozza vuota che incontrò per la strada.

      IX

      Il d’Eleda pensava di adoperare Giorgio Della Valle come intermediario ufficioso presso Maria. Giorgio sapeva già ogni cosa; dunque, confidandosi con lui, fosse amico o nemico, non arrischiava molto. Di più Maria per vendicarsi aveva finto con lui di essere innamorata ed egli con quella mossa da scaltro diplomatico rompeva la trama dell’innocente commediola.

      – Ma… e se Maria non avesse mentito? – Era questa un’ipotesi sulla quale egli non avrebbe voluto fermarsi nemmeno: un’ipotesi stupida, assurda… che per altro intorbidiva, di tanto in tanto, tutto il sereno del suo ragionare.

      – Che! che!… non è possibile; Maria non avrebbe confessato, se fosse proprio stato vero!… – Ad ogni modo, pensò che

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