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dal punto di vista professionale non credo che abbia a che lamentarsi di me.”

      “Posso senz'altro obiettarle che oggi non solo ha buttato una mattinata del suo ben pagato lavoro, ma l'ha fatta perdere anche ad altri nostri validi collaboratori, come l'ottima signorina Kanakis, il che è assai più grave.”

      “Cercavo di conoscere meglio il prodotto di cui mi occupo…”, obiettai timidamente.

      “Il suo rendimento lavorativo e professionale mi importano relativamente poco. Se vuole stasera posso interessare del suo caso i Grande fratelli: si faranno due risate anche loro con questo filmino.”

      Mi rendevo conto che improvvisare un'autodifesa si prospettava difficile e inutile: rischiavo solo di peggiorare la mia situazione. “Spero solo che non sia stata la signorina a lamentarsi di me: me ne dispiacerebbe immensamente. D'altronde trovo così strano che una persona importante come lei, cavaliere, dedichi il suo prezioso tempo a stupidaggini del genere.”

      “Dopo aver guidato per anni come un padre questa importante realtà aziendale, che considero come una grande famiglia”, mi rispose, “oggi mi dedico a quello che ritengo sia il suo aspetto più importante: lo spirito e le motivazioni dei suoi dipendenti, soprattutto ai più alti livelli. E ciò non può prescindere dalla loro moralità. Se lei vuole sfasciare la sua famiglia è liberissimo di farlo; ma la mia azienda non è disposta a collaborare con lei.”

      Un vecchio moralista bacchettone, ecco cosa sei, pensai, non hai proprio nessun modo migliore di passare il tempo che facendo il guardone nelle stanze degli altri?

      “Quanto alla signorina Kanakis”, continuò lui, “le consiglio, la prossima volta che tenterà di abbordare una ragazza, di informarsi meglio prima su chi sia, e non solo sulla data di nascita. È evidente che lei ignora alcuni particolari importanti della vita della Kanakis, soprattutto sulla sua famiglia e le sue conoscenze.”

      Questo spiega tutto, pensai. Per meritarsi l'interessamento così particolare del Grande padre deve essere la figlia, o forse la fidanzata o l'amante, di qualche personaggio molto importante. Probabilmente qualche uomo politico, magari un ministro o un leader sindacale: chissà, dei fatti della Grecia proprio non me ne intendo. Anche se a pensarci bene il suo mi sembra un cognome abbastanza diffuso. Mi pare di averlo già sentito prima. Appena posso troverò il modo di scoprirlo.

      “Comunque può pensare fin da oggi a cercarsi un nuovo impiego: domattina nel mio ufficio sarà solo una formalità. A domani, dunque.” Il grande volto del Grande padre scomparve, e con esso ogni luce, ogni rumore, qualunque segno di attività elettrica là dentro. La cabina, disabilitata, piombò nell'oscurità come per un black-out. Per fortuna che la porta di uscita, secondo le specifiche di sicurezza, si era aperta.

      Nel buio mi rimase impressa negli occhi l'immagine di quel severo moralista, che per me avrebbe fatto meglio a godersi la sua meritata pensione. Occhi vivaci, sguardo stranamente malizioso a dispetto delle sue parole: e se fosse stato lui il padre, l'amante, l'amico della signorina Kanakis?

      Uscii. Era ora di pranzo, ma sinceramente l'appetito mi era completamente passato.

      LA MISSIONE DELL'ULISSE VOLANTE

      Il comandante Ulisse aveva il volo nel sangue, già per tradizione familiare. Ed era un navigatore esperto di vecchio stampo, di quelli che riconoscevano e chiamavano per nome le diverse parti di un motore, e che ancora sapevano compiere tutte le manovre azionando e regolando manualmente i propulsori, il timone e le ali senza l'aiuto di assistenti automatici computerizzati. Sì, proprio come in quei videogiochi di vecchio tipo di cui egli, neanche a dirlo, era appassionato.

      Avvicinandosi a Deltoide, il pilota automatico aveva segnalato problemi nell'avviare la fase di atterraggio, ed ora l'Ulisse Volante era parcheggiata, in modalità manuale ed a motori spenti, appena al di fuori dell'orbita stazionaria del piccolo pianeta.

      “Base Deltoide, qui è Ulisse Volante. Chiedo l'autorizzazione a entrare nel vostro spazio orbitale.”

      Dal grande schermo rispose il volto scuro e brizzolato di un ufficiale non certo alle prime armi.

      “Autorizzazione non concessa”.

      “Come? Può ripetere per favore?”

      “Avete problemi di ricezione? Ho detto autorizzazione non concessa. Ed aggiungo che la sosta in orbita stazionaria è consentita solo per un massimo di un'ora, o in caso di avaria grave al motore. Insomma, siete pregati di andarvene.”

      “Ma come … ”, obiettò il capitano, “ci deve essere un errore. Ho volato per mesi per arrivare fino a qui, seguendo un piano di volo regolarmente autorizzato. Protocollo ADS5557294. Se vuole può contattare l'armatore, è una compagnia seria con cui non ho mai avuto problemi di questo genere. Deve esserci stato un malinteso.”

      “No no, nessun malinteso. La sua compagnia non c'entra. È che da qualche giorno da noi è in vigore una nuova normativa. Siamo finalmente entrati a pieno titolo nella USPA, l'associazione dei piccoli pianeti. Ora qui è USPA a tutti gli effetti, e valgono tutte le sue disposizioni.”

      “Ma … non capisco. Non vedo la logica per cui io … “

      Il graduato lo interruppe. “Adesso non ho tempo da perdere. Se vuole dia un'occhiata al notiziario, lì è spiegato tutto.” Ed al suo posto sul video comparve l'inizio di un filmato pronto per essere avviato con un click.

      Stizzito, il capitano fece scorrere il filmato, in cui con voce suadente e melliflua venivano spiegati proprio i concetti che immaginava e che a grandi linee già conosceva. La precarietà orbitale e gravitazionale dei piccoli pianeti, che potevano risentire conseguenze dal passaggio nelle vicinanze di velivoli spaziali di grandi dimensioni; i rischi, non solo ambientali, delle politiche di “aumento di massa”, attuate da alcuni pianeti di piccole dimensioni proprio per stabilizzarsi e far fronte a questo problema; i vantaggi ed i requisiti dell'adesione all'USPA, tra cui il blocco orbitale magnetico ed un sistema di difesa antiaereo tali da scongiurare l'impatto non solo con una grande astronave, ma addirittura con corpi celesti di dimensioni pari o anche maggiori a quelle del pianeta stesso.

      “Strano”, pensò il capitano. “Deve esserci stato di recente qualche stravolgimento politico o cambio di governo, perché tutte le altre volte che sono venuto su Deltoide non solo non mi hanno mai fatto storie, ma ricordo di aver sempre ricevuto un'accoglienza particolarmente calorosa ed ospitale.” E così, giusto per lo sfizio di verificare la sua ipotesi, cercò e trovo facilmente sempre nel notiziario il resoconto della recente destituzione ed uccisione del tiranno Spasmodus, che aveva retto Deltoide per diversi decenni fino, appunto, ad una settimana prima.

      Non fosse stato per la presenza del blocco orbitale e del sistema missilistico, confermati anche dalle sue apparecchiature di bordo, il capitano avrebbe saputo come sfogare la sua rabbia e la sua stizza su quel pianetucolo. Ma così … Non c'era che adeguarsi, e decidere le opportune azioni da intraprendere di conseguenza.

      Meglio sentire il parere di una persona esperta, pensò. Ed il pensiero gli andò subito al suo contatto con la società committente, persona non solo cordiale e fidatissima ma disponibile ad essere disturbata a qualsiasi ora.

      “Ciao Pedro, come va? Sono appena arrivato a ridosso di Deltoide ed avrei un certo problemino da risolvere.”

      Ulisse fece in tempo a vedere solo un istante l'espressione preoccupata di Pedro, che il collegamento sparì. Ritornò pochi istanti dopo, con Pedro che prese sùbito la parola.

      “Scusa Ulisse, ho fatto cadere la linea e ti ho richiamato in modalità protetta, perché quelli dell'Autorità ultimamente stanno registrando ed archiviando tutto quanto passa sui collegamenti standard. Da adesso in poi certi tipi di problemi li discuteremo in questo modo, per evitare noie più gravi sia a te che a noi. E credo di aver già capito che problema hai incontrato. Ma tu sei arrivato solo oggi su Deltoide? Da piano di volo avresti dovuto arrivarci quasi tre settimane fa.”

      “Lo so, Pedro, ma visto che ci passavo vicino ho fatto una sosta prolungata su Trituzio. Mettiamola così, diciamo che ho

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