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      “Buongiorno dottore”, mi salutò mentre un'ombra intimorita di fianco a lei sgattaiolava via. Quelle due stanze lontane in un attimo si unirono, entrarono una nell'altra condividendo la parete che ci stava di fronte.

      “Buongiorno signorina Kanakis: che piacere rivederla! La trovo ancora più elegante del solito, ed in ottima forma.”

      “Sì, sì. In ottima forma. Questo fine settimana ho fatto delle splendide nuotate in mare. Sono i primi bagni della stagione, e questa è sempre una cosa bellissima. Voglio dire … in mare è tutt'altra cosa che in piscina.”

      “Avrei voluto essere lì a nuotare con lei. Anche per vederla in costume, naturalmente. Lei è sempre molto elegante, ma qualche volta potrebbe mettersi anche qualcosa di meno austero, più giovanile … diciamo una bella scollatura, ecco.”

      “È piuttosto freddo qua dentro.”

      “… ma può regolare la temperatura!”, le suggerii. “Se vuole posso spiegarle come funziona.”

      “Questo coso, qui in azienda, lo usa anche qualcun altro. Non mi permetterei di metterci le mani; e poi sono proprio negata per queste cose. Comunque, quando vorrà raggiungermi per farsi con me una bella nuotata nel nostro bellissimo mare, ne sarò felicissima. Sarà il benvenuto.”

      Era una proposta tanto allettante quanto inattesa: davvero non avrei potuto sperare di meglio. “Naturalmente anche sua moglie”, aggiunse poi con un sorriso genuinamente ingenuo.

      “Naturalmente anche mia moglie” ripetei io. “Anche mio figlio, magari”, aggiunsi io tornando coi piedi sulla terra, avendo afferrato l'involontaria ironia nelle sue parole.

      “Naturalmente”, fu d'accordo anche lei col suo solito, splendido sorriso. “Bene. Se adesso vuole posso cominciare ad illustrale quella relazione di cui avevamo parlato la volta scorsa, dottore.”

      Si accomodò su una sedia di fronte a me. Avevo notato già altre volte la disparità della nostra posizione: io su una comoda poltrona, riparato dietro a una protettiva scrivania; lei su una semplice seggiola, esposta verso di me come una studentessa di fronte alla commissione d'esame. L'unico lato positivo della situazione era che così potevo ammirare anche le sue bellissime gambe, stupendamente tornite e abbronzate. Ma capivo che in questo modo la scrivania si frapponeva tra noi come una ulteriore barriera, oltre alla differenza di fuso orario e al nostro diverso ruolo aziendale, mentre il mio intendimento era quello di eliminare le distanze tra noi, e non aumentarle.

      “Aspetti, signorina: perché non viene a sedersi anche lei qui dietro alla scrivania, di fianco a me?”

      Lei mi guardò con un'espressione come a dire: questo è proprio fuori di testa. Ma io sapevo benissimo quello che stavo per fare. Mi ero ben documentato, e l'avevo provato più di una volta: era una mossa ben studiata, con cui sorprenderla e fare colpo su di lei.

      “Non sono impazzito, signorina. Mi dia solo qualche secondo e vedrà”.

      Digitai la sequenza prescritta e, come per magia, in un attimo la situazione cambiò. La sua stanza ora entrava nella mia non più attraverso la parete di fronte a me, la più lunga, ma da quella più stretta laterale. Naturalmente avevo tolto in precedenza qualsiasi ostacolo che potesse guastare il risultato, e ora ci trovavamo veramente più vicini, con un approccio davvero molto più confidenziale.

      Per lo stupore e l'incredulità lei rimase senza parole. Io ne approfittai per creare un altro effetto speciale, anche questo studiato in precedenza: un'ampia finestra virtuale sulla parete opposta, spalancata su un profumato giardino fiorito.

      “Ma lei è proprio un mago, dottore! Così è davvero più bello. Certo, se devo dirle la verità, dalla finestra avrei preferito vedere il mare: sa com'è, noi greci ce l'abbiamo nel sangue.”

      “Lei vuole il mare? E avrà il mare. Mi dia solo un minuto e ci trasferiamo tutti e due vicino a qualche bellissima spiaggia.” Cominciai con l'ingrandire la finta finestra e cambiare il paesaggio, scegliendo, tra i tanti disponibili, quello con la spiaggia che mi sembrava più adatta alle nuotate della signorina Kanakis. In sottofondo si udiva il mormorio delle onde. Fu allora che mi ricordai che si poteva adeguare anche la temperatura al paesaggio. Lo feci, e notai subito che la stanza iniziava a riscaldarsi come sotto un sole estivo.

      Ragionando sulle potenzialità offerta dalla cabina, mi ricordai anche che era possibile fare in modo che le pareti sparissero, proiettando un panorama su ciascuna di esse e dando l'effetto di trovarsi proprio all'aria aperta. Ma su questo non mi ero documentato: perciò preferii non avventurarmi in un campo sconosciuto, col rischio di fare una figuraccia. “La prossima volta farò di meglio: ci trasferiremo proprio sul bagnasciuga”, le promisi.

      “Ne sarò felicissima. Se ci riesce lo prenderò come un regalo per il mio compleanno, e le prometto che mi porterò il costume”, disse lei ridacchiando. “Però adesso lasci stare gli effetti speciali. In fondo è già bellissimo così, e io sono qui per illustrarle quella relazione.”

      Aveva parlato di compleanno? Quando era il suo compleanno? Avrei voluto chiederglielo. Ma forse sarebbe stato più bello scoprirlo da solo. Doveva esserci scritto in qualche banca dati aziendale. Avevo già perso dei punti nel non averci pensato, per il fatto che fosse stato lei a suggerirmelo. Adesso potevo forse recuperare con un bel regalino, recapitandoglielo a casa nel giorno esatto. E cosa sarebbe stato più adatto: un costume da bagno? Ridicolo. Un anello? Troppo impegnativo. Un bel braccialetto, decisi.

      Lei aveva già iniziato da un po' la sua relazione. “Dottore, non mi segue? Mi sembra un po' assente.” In effetti stavo smanettando alla tastiera del computer.

      “No, no, continui pure”. Avevo appena trovato i suoi dati aziendali e stavo trascrivendo il suo indirizzo, per poterle recapitare almeno un mazzo di fiori. Il compleanno era l'indomani. Calcolando la sua età ragionai tra me che la sua bellezza era ancor più straordinaria per essere una trentacinquenne.

      “Dottore, qui la temperatura si sta alzando. Sembra proprio di essere sulla spiaggia d'estate. Non è che anche questo è opera sua?” Mentre così diceva si tolse il giacchino, rivelandomi che il suo completo color vinaccia includeva anche un elegante corpetto, che consentiva di ammirare la bellezza nuda delle sue braccia, delle spalle e della scollatura.

      “Continuo a pensare che lei sia sprecata in questa azienda: doveva fare la modella.”

      Lei ignorò il mio commento e proseguì nella relazione, invitandomi più di una volta a non distrarmi e a seguire maggiormente le sue parole. Immagino che fosse davvero evidente ciò su cui ero concentrato: la sua bellezza monopolizzava il mio sguardo e ogni mia attenzione. Era più forte di me. Non mi accorsi neanche che stavo grondando di sudore. La temperatura era ormai salita ben oltre i trenta gradi, quando lei “esplose” dicendo:

      “Dottore, faccia qualcosa per questo caldo, perché qui a momenti mi sento male. Non posso continuare in queste condizioni.”

      Era vero: si schiattava dal caldo. Era chiaro che proseguendo per quella strada non si sarebbe arrivato al termine dello strip-tease, ma al pronto soccorso: la signorina Kanakis si stava dimostrando molto seria non solo sul lavoro.

      Mi diedi subito da fare per porre rimedio a quella imbarazzante situazione. Dopo alcuni tentativi ottenni qualche effetto, anche se non era esattamente quello che desideravo: la finestra si aprì e cominciò a sbattere (o almeno così sembrava), e in sincronia con questi movimenti arrivavano folate d'aria, calda anch'essa. Buona parte dei fogli di appunti della signorina Kanakis erano già finiti sparsi sul pavimento della sua stanza prima che io riuscissi a far sparire la finestra virtuale e l'effetto spiaggia.

      “Che disastro! Sono mortificato.” Istintivamente mi alzai per aiutarla a raccogliere i fogli sparsi, ma dovetti fermarmi di fronte alla parete che ci divideva, consapevole di non poter fare niente.

      “Lasci stare, non si preoccupi. Almeno adesso si riesce a respirare.” Non potevo fare altro che limitarmi a guardarla mentre si chinava a raccogliere i suoi fogli, sparsi dappertutto fin quasi ai miei piedi. Ma era un bel guardare, quel corpo snello ed elastico che si alzava ed abbassava in continuazione

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