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completamente a carico dell'azienda.

      Altre preoccupazioni erano legate alla nuova attività recentemente intrapresa da mia moglie, attività che insieme al giardino e alle comodità di casa nostra era stata il principale impedimento a trasferirci. Già: con una certa sorpresa ma anche orgoglio da parte mia, Rita si era all'improvviso trasformata da casalinga in imprenditrice. Sfruttando la sua innata capacità di resistere ai bambini, gli incentivi economici previsti dalle nuove normative nonché il giardino e gli ampi spazi a disposizione in casa nostra, l'aveva trasformata in una specie di asilo di quartiere. Così poteva rimanere sempre vicino a nostro figlio, e al tempo stesso sentirsi realizzata ed economicamente autonoma.

      Solo se dovrò lavorare da casa, pensavo, avrò l'impatto con la confusione ed il rumore di questo viavai infantile. Ed invece no: la cabina era insonorizzata alla perfezione. Qualunque cosa fosse successa all'esterno, fosse stato anche un temporale o un terremoto, credo proprio che non me ne sarei accorto. Se avessi voluto, neanche il bussare alla porta mi avrebbe disturbato: potevo fare in modo che, se qualcuno voleva entrare, doveva premere un pulsante e io sarei stato avvertito della sua presenza da un apposito segnale luminoso o acustico. Potevo allora, prima di aprire, azionare la telecamera esterna per vedere chi fosse, o inviare un messaggio, acustico o video, personalizzabile (in funzione anche del riconoscimento semi-automatico della persona).

      Insomma i pochi timori che avevo si rivelarono infondati, anche perché mia moglie, con cui avevo messo bene in chiaro a priori che quando ero là dentro era a tutti gli effetti come se fossi in ufficio, non mi disturbò mai per nessun motivo, se non per segnalarmi quando passavo troppo oltre l'ora del pranzo. E vi assicuro anche che, specialmente i primi tempi, era davvero bello pranzare a casa con la mia famiglia.

      Sui vantaggi che ho ricevuto dalla partecipazione al progetto pilota potrei spendere pagine e pagine, anche se certo altre persone del progetto saprebbero farlo meglio di me che li scopro di giorno in giorno sul campo, mano a mano che mi trovo ad affrontare nuovi problemi e situazioni lavorative.

      Entrando in quel box, in un istante è come se mi trovassi altrove: sempre nel mio ufficio, ma alle volte anche ad Atene, a Monaco o in altre sedi della compagnia. Il tutto senza mai dover prendere la macchina, il treno o l'aereo, sempre restando a casa mia. In effetti, il nostro è l'unico progetto intra-nazionale per cui la nostra azienda non prevede spese di trasferte.

      Talvolta però sfrutto la potenzialità della cabina - l'insonorizzazione, la comodità della poltrona, la possibilità di regolare le luci e di gestire il sottofondo musicale - per prendermi delle pause di relax o di riflessione (Queste voci includono anche quella, assolutamente vietata nel lessico del manager, di schiacciare un pisolino). L'importante è attivare nel modo opportuno, o disattivarli completamente a seconda del caso, gli “allarmi di chiamata”. Per questi allarmi è disponibile anche un praticissimo ricevitore portatile che mi consente, tra l'altro, di prendermi di tanto in tanto una pausa nel nostro bellissimo giardino, o di essere reperibile anche a tavola durante il pranzo.

      Insomma, massima flessibilità e comodità.

      La mia nuova vita col telelavoro mi permetteva, ogni giorno, di alzarmi con molta calma, e ciononostante arrivare in ufficio prima di tutti gli altri. Aperta la porta della cabina, la luce all'interno si accendeva gradualmente, dando in pochi istanti forma e contorno alla mia scrivania. La temperatura, l'umidità e l'ossigenazione erano ideali, regolate da sofisticate apparecchiature secondo i valori raccomandati.

      Era come se fossi là, nell'open space. Certo, avrei voluto che ci fosse anche una telecamera per poter osservare i miei collaboratori, capire esattamente cosa facevano e soprattutto quanto lavoravano; ma mi rendo conto che sarebbe stata una violazione troppo palese della loro privacy, e avrebbe necessariamente richiesto il loro consenso. Comunque sapevo benissimo chi di loro lavorava e chi no, chi in ufficio adoperava la propria testa e chi invece veniva a scaldar la sedia e a rubarsi lo stipendio.

      Probabilmente una telecamera non sarebbe passata inosservata, anche se oggigiorno le fanno così piccole! Però quel bottoncino sul retro del loro nuovo computer… (sono stati molto contenti che gli fosse sostituito con questo modello recentissimo)… Basta un niente per pigiarlo accidentalmente, potrebbero benissimo essere stati loro senza accorgersene, o le addette alle pulizie. E invece sono stato io, di soppiatto, l'ultima volta che sono passato di là. Tanto nessuno ancora sa a cosa serva - se non quei pochi, tra cui io, che conoscono il progetto pilota a un certo livello di dettaglio!

      Accendendo il computer così predisposto, le immagini del video vengono inviate sulla rete ai terminali remoti abilitati all'ascolto, come il mio, che vengono aggiornati continuamente. Insomma, non li vedi in faccia ma puoi vedere il loro schermo, quello che fanno e con che lena. Così so che Mario è tra i primi ad arrivare ed a mettersi al lavoro, mentre Carlo, che a detta della mia segretaria è sempre il primo a timbrare, resta ad oziare ogni mattina per quasi tre quarti d'ora. Se vada a prendersi un caffè, o a trovare un'amica o semplicemente legga il giornale non fa poi tanta differenza.

      Per non correre il rischio di farmi un'opinione sbagliata ne studio uno solo alla volta, metodicamente (sono del parere che nella vita bisogna sempre concedere almeno una seconda possibilità), e ogni quattro o cinque giorni cambio il soggetto delle mie attenzioni. E a questa attività, sempre che non abbia altre faccende urgentissime da sbrigare, posso arrivare a dedicare anche mezz'ora ogni mattina: la reputo di una certa importanza, come avere con loro una conversazione, perché mi aiuta a capirli meglio. Per esempio, non avrei mai sospettato che il ragionier Rosi fosse così in gamba. Sempre interessato a tutto; sempre in fermento anche nelle pause dall'attività lavorativa. Si aggiorna continuamente su internet su argomenti più o meno di attualità, ma sempre molto interessanti, navigando su siti di altissimo livello culturale, di cui ignoravo completamente l'esistenza; ed io mi documento insieme a lui, in remoto, dispiaciuto solo quando non mi lascia il tempo di finire di leggere una pagina.

      Il Renati invece è un vero lavativo. Uno che per non lavorare ce la mette proprio tutta! Non solo passa le ore a giocare col computer (una specie di solitario con le carte), ma poi è sempre il primo a parlare di sfruttamento proletario, angherie dei padroni, scioperi e rivoluzioni. Sono le uniche cose che sa fare, giocare e contestare: perché quando gli si affida un incarico, che naturalmente non può che essere semplice, a sentir lui sembra sempre difficilissimo e gli ci vuole una vita per portarlo a termine. Farò di tutto perché venga licenziato. Non sarà facile, perché ha anche delle conoscenze nel sindacato: ma sto pensando che la prossima volta andrò in sede senza preavvisare nessuno, entrerò di soppiatto e lo coglierò in flagrante mentre gioca. E anche se non lo sorprenderò sul fatto mi comporterò allo stesso modo: andrò all'ufficio sorveglianza e sicurezza a denunciare l'accaduto, chiedendo nei suoi confronti una sanzione disciplinare, o per lo meno che lo mettano sotto osservazione, in modo che la sanzione scatti alla prima occasione successiva.

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      Quel giorno ero su di giri. Non volevo collegarmi troppo presto per non dare l'impressione che ci tenessi troppo; allora feci delle cosette di poca importanza ma comunque rilassanti, come riordinarmi la scrivania e, udite udite, spolverarla!! D'altronde se queste cose non le faccio io non le fa nessuno (non lascio né lascerò mai che nessuno entri nella cabina, se non personale qualificato per la manutenzione).

      Ero su di giri perché stava per arrivare il clou della giornata e anche della settimana, forse l'aspetto più piacevole di tutto il progetto pilota: la signorina Kanakis. Penso che sia signorina: non gliel'ho mai chiesto per paura della delusione di saperla sposata, anche se quello che provo per lei è puramente platonico e senza possibilità di arrivare a sbocchi concreti. Ma c'è qualcosa in quella donna che trovo irresistibilmente attraente. Non sono solo i suoi vispi occhi neri, con quella espressione di sottintesa malizia che invece non traspare mai dalle sue parole; non sono neanche la sua bellissima capigliatura mora ondulata, né le sue forme sinuose che ricordano in qualche modo un favoloso paesaggio greco, fatto di onde increspate, sole rilucente e spiagge di morbida sabbia finissima. Non è solo la sua sicurezza, nel parlare ma soprattutto nel muoversi; il suo modo naturale di affrontare qualunque situazione, senza paura, senza complessi, con il sorriso di chi sa godersi la vita in tutti i suoi aspetti.

      Forse è tutto questo insieme; forse qualcos'altro che non riesco ad afferrare;

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