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viso di Walter rimase incastrato tra la porta e lo stipite e Dash notò che avevano attivato il blocco della serratura così che lui non poteva usare la sua chiave magnetica e tornare dentro se voleva. Tipico. Per Dash, suo suocero somigliava al pazzo Jack Torrence nella scena di “Ecco Johnny!” di Shining. Non se lo sarebbe mai dimenticato.

      “Va bene. Vado, ma tornerò.” Dash si precipitò in fondo al corridoio, girandosi a controllare dopo pochi secondi. Walter lo controllò per tutto il percorso, senza dire nulla e senza muovere un muscolo finché Dash non entrò nell'ascensore.

      Quando le porte si chiusero, emise un sospiro sfinito e allungò la mano verso la pulsantiera per scendere, ma l’ascensore aveva già iniziato a muoversi.

      “È un errore.” Odiava il fatto di aver ceduto. Gabby poteva vederla diversamente, ma i suoi suoceri non avevano il diritto di interrompere la loro luna di miele. Sentire Gabby piangere lo metteva a disagio. Non sapeva se i Randall abusassero fisicamente dei loro figli o dei clienti, ma chissà cosa avrebbero potuto fare in caso di disperazione, se ne avessero avuto la possibilità.

      Dopo una lenta discesa verso il piano terra, l’ascensore smise di muoversi e le porte si aprirono nella hall, non di fronte alla cacofonia di slot machine e turisti che vagavano avanti e indietro, ma di fronte al flash collettivo di una dozzina o più di telecamere. Una testa si voltò e un dito lo indicò. “Eccolo!” Poi la scena si trasformò in corpi, molti che correvano verso di lui. “Dash, Dash, Dash...” Voci che gridavano da tutte le direzioni, mani che gli premevano i microfoni in faccia. “Dov’è Gabby, e perché l'hai portata da Los Angeles?”

      “Ti sei sposato, qualcuno dei tuoi colleghi lo sapeva?”

      “Come hai fatto a tenerlo nascosto?”

      L’assalto lo disorientò per alcuni secondi, e con i paparazzi così vicini, alcuni cameramen si accalcarono dietro di lui per impedirgli di scappare di nuovo nell’ascensore. Funzionò: le porte si chiusero prima che riuscisse a fare un passo indietro.

      Normalmente, tollerava la stampa, anche i paparazzi aggressivi che lo riconoscevano senza il suo aspetto da Grody e lo seguivano durante le sue corse mattutine, perché quali segreti si può pensare di scoprire mentre un attore televisivo corre nel suo quartiere?

      Questa volta, però, collegò la loro presenza all'arrivo dei genitori di Gabby. È vero, alcuni fotografi dormivano sugli alberi per scattare la foto giusta, ma non aveva dubbi che i Randall avessero orchestrato quella follia.

      Doveva tornare nella stanza, immediatamente.

      “No comment”, disse alla folla più e più volte, e si fece largo tra loro, voltandosi per chiamare un altro ascensore. I giornalisti, tuttavia, non accettarono il suo rifiuto e lo tempestarono di altre domande.

      Li ignorò, respingendo a gomitate microfoni e obiettivi, mentre premeva il pulsante per salire finché non si spezzò un’unghia. Ancora e ancora. Gabby, la supplicò silenziosamente, ti prego, rimani lì. Non abbandonarmi.

      “Dash, è vero quello che dicono che hai firmato uno spin-off di Wondermancer High?” chiese una donna snella in un tailleur grigio.

      Di cosa stava parlando? Aveva chiuso con lo spettacolo e con tutto ciò che lo riguardava, tranne che con Gabby. Ignorò il miniregistratore che lei gli stava puntando vicino al viso. “No comment.”

      Le porte del secondo ascensore si aprirono e la folla fece uno scatto. Diverse persone occupavano già l'ascensore, ma Dash si spinse in avanti e gridò il suo piano. L’uomo più vicino alla pulsantiera, guardando con occhi spalancati la folla, passò in rassegna diversi numeri finché le porte non si chiusero.

      “Grazie”, sospirò lui e si afflosciò in un angolo. Condivideva il viaggio con un gruppo di anziani, i quali lo fissavano con vari livelli di curiosità e paura.

      Dannazione, era entrata anche la giornalista.

      “Che diavolo stava succedendo là fuori? Fai parte di una specie di boy band?” chiese un uomo che indossava un berretto da camionista con sopra un marchio di tabacco da masticare.

      “E Gabby, Dash?” chiese la giornalista. “Hai intenzione di lavorare con lei in futuro? Avete una relazione? Da quanto tempo stai con lei?”

      “Zitta.” Dash voltò le spalle al gruppo, desiderando di possedere veramente alcuni dei poteri esercitati dagli studenti immaginari di Wondermancer High. Se avesse avuto la possibilità, sarebbe diventato invisibile, oppure avrebbe trasformato quella fastidiosa giovane donna in un attaccapanni.

      “Lo sai che i suoi genitori hanno cercato di rinnovare il contratto con lei? Come si sentono a sapere che hai una relazione con la figlia?”

       Beh, non mi dire. Dovresti conoscere la risposta. Sicuramente ti hanno avvertito del fatto che siamo qui.

      “Mi scusi”, disse una delle donne più anziane. “Non ha mai detto di essere il fidanzato della ragazza. Non è giusto che lei pensi il contrario.”

      Lo sguardo di Dash esaminò il gruppo di turisti. Tutti lo guardavano, in attesa di conferma. “No comment”, mormorò lui.

      “Hai sposato Gabby Randall? Hai intenzione di sposarla oggi? Hai...”

      “Signora,” intervenne il tipo col berretto, “credo che lui voglia che si calmi con le domande.”

      “Sì”, concordò una seconda donna. Una visiera verde copriva il suo casco di capelli color argento. “Lasci stare il ragazzo. È evidentemente esausto da questo terzo grado.”

      “Ehi”, sbottò la giornalista. “Sto facendo il mio lavoro, nonna.”

      La signora non prese bene il commento. “Quello che sta facendo è assillare il pover’uomo e dovrebbe smetterla. Lei è proprio come quegli avvoltoi che hanno portato alla morte la principessa Diana. Inseguendola lungo quel tunnel per scattare delle foto. Voi cosiddetti giornalisti non avete più valori.”

      “Oh, e di chi è la colpa, in realtà?” Le voci aumentavano insieme all’atmosfera dell’ascensore. “Se persone come lei non comprassero i tabloid per le notizie che scrivo...”

      “Internet vi lascerà tutti in mezzo alla strada, vedrete.”

      Poi la diga esplose. Dash si strofinava le tempie mentre tra la giornalista e i suoi nuovi detrattori volavano urla del tipo “Come si permette!” e “Ho tutti i diritti...”. Quando arrivarono al suo piano, gli anziani l’avevano messa con le spalle al muro, permettendogli di scappare.

      Da lontano vide che la loro porta era socchiusa e gli mancò il fiato. Dopo un secondo chiamò Gabby e si lanciò a capofitto nella stanza.

      Vuota.

      Controllò il bagno, nessuna traccia di lei.

      Nella stanza non era rimasto nulla di Gabby, tranne uno scarabocchio sul taccuino dell’hotel abbandonato sul letto.

       Mi dispiace. Ti prego, perdonami.

      Lo tenne in mano per molto tempo, fissando il letto dove ore prima avevano consumato il loro matrimonio, chiedendosi adesso se avessero un’altra possibilità.

      Dietro di lui, la giornalista entrò nella stanza, riprendendo fiato. “Dash, dov'è Gabby? Dash?”

      Capitolo Due

       Dieci anni dopo

      Neanche per sogno avrebbe alloggiato al Fitzgerald. Piuttosto avrebbe dormito su Fremont Street, sotto la tettoia illuminata, prima di rimettere piede in quell’albergo. Lasciando che la gente lo calpestasse come quando vai ai buffet di gamberetti e agli spettacoli di burlesque.

      Lo disse alla giovane donna terrorizzata con la maglietta nera con su scritto Volontaria FanCon. Erano seduti in un angolo di una sala riunioni utilizzata come punto di raccolta per gli ospiti VIP. Da quando era arrivato in hotel, aveva riconosciuto

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