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agitando il dito con rabbia. “Gabby ha tutta una carriera davanti a sé, e col cavolo che manderà tutto all’aria sposandosi troppo giovane.”

      Troppo giovane? Erano legalmente adulti, Cristo! “Intendi come hai fatto tu?” Sì, era un colpo basso, ma Dash conosceva la storia di Marie, il fatto che avesse rinunciato a una promettente carriera da attrice dopo essere rimasta incinta di Gabby. Di come invece lei e Walter avevano deciso di dare ai figli le opportunità che a loro erano state negate, tutto a vantaggio della famiglia.

      Dash lo sapeva, perché i Randall ricordavano in tutto e per tutto il cast di Wondermancer High. Ogni volta che Gabby aveva mostrato segni di crollo o di interesse verso qualcosa che non fosse la recitazione, loro avevano giocato la carta del sacrificio e l’avevano fatta tornare sul set. Sarebbe stato disposto ad ammettere a se stesso o a chiunque altro che si era innamorato di lei in parte perché voleva proteggerla dai suoi genitori. Tuttavia, al momento Gabby sembrava cavarsela abbastanza bene da sola.

      “Sì, è la mia carriera e la mia vita,” disse sua moglie, “e solo io ho voce in Capitolo su come le gestisco entrambe. Bene” - gli lanciò uno sguardo affettuoso - “Dash e io siamo una squadra adesso.”

      Gli occhi di Marie si restrinsero fino a diventare delle fessure, lanciando pugnali invisibili a Dash. “Sei fortunato che non abbiamo chiamato la polizia.”

      “Per cosa? Siamo fuggiti. Siamo sposati. Non ho dovuto costringere Gabby, perché lei è convinta tanto quanto me.”

      “Esatto, mamma”, aggiunse Gabby. “Non puoi dirmi cosa devo fare. Nessuno di voi due può farlo. Non siete più i miei manager. Infatti, sono alla ricerca attiva di nuovi rappresentanti.”

      Walter afferrò il certificato di matrimonio, agitando il pugno col foglio in faccia alla figlia. “Questo non è un matrimonio. Ci si sposa in chiesa, con un prete, con l’approvazione di Dio. Questa” - strappò il foglio tra le dita - “è una farsa.”

      “Ehi, non farlo.” Dash sfiorò il certificato ma Marie, riuscendo in qualche modo ad afferrare l’ombrello senza che lui se ne accorgesse, gli agitò l'estremità appuntita verso il viso.

      “Avrei dovuto tenerti d'occhio meglio sul set. Per tutto questo tempo ho pensato che Reed ci provasse con lei, invece no... succede sempre con chi meno te lo aspetti.”

      Il loro co-protagonista Reed era gay e aveva una relazione con uno sceneggiatore, ma lui non lo disse. Voleva ridere per questo confronto: si era trasformato da spaventoso a ridicolo. Forse Marie potrebbe riprendere la sua carriera da attrice, dopotutto, e provare a fare dei provini per il ruolo di suocera pazza.

      “Menomale che abbiamo assunto quell'investigatore privato, anche se siamo arrivati troppo tardi per impedire il matrimonio”, mormorò Walter.

      “Cosa!” Gabby si precipitò a fianco a Dash, furiosa quanto lui. “Ci avete fatto seguire? Cosa avete che non va voi due?”

      Sua madre continuò, senza ascoltare. “Non è un grosso problema, Walter. Troveremo un modo. Chiameremo Wayne e lui le farà ottenere un annullamento...”

      “Non lo farete. È mia moglie. Io sono suo marito. Quale di queste affermazioni non riuscite a capire?” Adesso parlava lentamente e il tono della sua voce aumentava. Gabby lo aveva avvertito che i suoi genitori non avrebbero preso bene la notizia, ma non si aspettava di assistere a un rifiuto totale e a dei complotti per annullare tutto mentre lui era lì di fronte a loro.

      “Gabby, dov’è la tua valigia?” Marie camminava su e giù per la stanza. “Sai cosa, dimentica i bagagli. Vestiti. Ce ne andiamo.”

      Basta con questa merda. Dash toccò la spalla di Walter e lo guidò verso l'uscita. “No, sapete cosa? Andatevene voi. Gabby e io siamo in luna di miele e non vogliamo essere disturbati. Vi chiameremo quando sarete pronti a parlare da persone civili.”

      “Dash, aspetta.”

      Il tono di supplica nella voce di lei gli gelò il sangue. Riconobbe il tono di accettazione. L’aveva sentito spesso sul set, ogni volta che Gabby si era opposta a una scena del copione o a un impegno promozionale. I suoi genitori le parlavano in privato e, pochi secondi dopo, Gabby tornava in riga come una ragazzina obbediente - e umiliata.

      Walter si liberò dalla presa e gli lanciò un’occhiataccia. Era qualche centimetro più alto di Dash, ma non aveva forza nella parte superiore del corpo. Se Dash fosse stato obbligato ad arrivare alle mani per difendersi, lo avrebbe fatto.

      Gabby allungò le mani, per fare da paciere. “Fammi parlare con loro, per favore.” Lei si avvicinò per parlare a bassa voce. “Dammi qualche minuto con i miei genitori e farò in modo che capiscano che non possono maltrattarci.”

      Dash lanciò un'occhiata a Walter e Marie e la guidò verso la finestra, lontano dalle loro orecchie. Las Vegas non dormiva mai: le luci andavano avanti con la loro sequenza continua di onde e schemi accecanti. Dovrebbero essere qui da soli, a guardare lo spettacolo, baciarsi e decidere quale casinò invadere.

      “Non voglio che tu rimanga sola con loro”, sussurrò di rimando. “Non parlano razionalmente. Credono ancora di controllarti.”

      Gabby sembrò offesa da questa affermazione. “Non credi che riesca a gestire i miei genitori?”

      “Gabby, io ti amo. So di cosa sono capaci...”

      Il viso di lei si inasprì, e lui cambiò tattica, “ma tu sei forte. Voglio solo stare con te.”

      Restò dubbioso. Credeva in sua moglie, ma conosceva Walter e Marie. Fin dal primo giorno della sua carriera, erano stati addosso a Gabby e contato ogni centesimo. Avevano altri clienti, ma nessuno così di successo come la figlia. La sua indipendenza minacciava il loro sostentamento.

      Lei gli prese la mano e lui vide i suoi occhi scuri diventare vitrei. “Resteremo insieme, Dash. Parlerò con loro, chiariremo le cose e dopo che se ne saranno andati potremo continuare le nostre vite. Per favore.”

      Dash sospirò. Voleva iniziare la vita coniugale con il piede giusto e rendere Gabby felice rimaneva la priorità assoluta. La baciò sulla guancia e superò Marie e Walter fino a raggiungere i suoi vestiti che giacevano sul pavimento. Afferrò i jeans e la camicia e si vestì velocemente, assicurandosi di avere il portafoglio, il cellulare apribile e la chiave magnetica della stanza. “Aspetterò fuori”, disse poi.

      “Aspetterai al piano di sotto”, ribatté Walter.

      “Non esiste.” Prima che Dash potesse protestare ulteriormente, l'uomo più anziano lo prese per il braccio.

      “Come?” Spinse mentre Dash resisteva. “Non vuoi affidare tua moglie a noi?”

      Una domanda a trabocchetto. Qualunque fosse stata la sua risposta, Gabby avrebbe potuto dedurne qualcosa che lui non intendeva necessariamente dire. “Bene. Sarò nella hall”, disse, guardando Gabby. “Ti amo. Chiamami al cellulare quando hai finito.”

      Gabby annuì, mordendosi il labbro e asciugandosi le lacrime. Con un’ultima occhiata a un’agitata Marie e a Walter, lui si chiuse la porta della stanza alle spalle ma indugiò a pochi passi di distanza prima di dirigersi lentamente verso l'ascensore. Abbastanza lentamente.

      Dopo pochi secondi, il viso di Walter comparì mentre la porta si apriva di scatto. “Non puoi ingannarci. Ti vediamo attraverso lo spioncino, Einstein.”

      “Che differenza fa dove aspetto? Non riesco a sentire niente qui fuori, e poi voi due non vi tratterrete a lungo.” Incrociò le braccia.

      “Ehi, non abbiamo fretta di tornare a casa. Vuoi passare il tempo qui, okay. Abbiamo tutto il giorno da trascorrere in questa stanza con nostra figlia.” Walter sogghignò, i canini sporgenti e pronti a mordere. Come vuoi, amico. Se i Randall volevano un pareggio, lui avrebbe giocato, non importa quanto la vescica gli facesse male.

      Durante un momento di pausa dagli sguardi, Dash giurò di aver sentito Gabby singhiozzare in sottofondo e fece per precipitarsi in avanti, ma la sua precedente supplica gli risuonò in testa. No.

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