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Vasai e quello era il vicolo dove in giorni migliori gettavano la loro argilla di scarto. Erin sapeva dove si trovava.

      Questo non la metteva affatto più al sicuro. Un dardo da balestra sfrecciò oltre alla sua spalla, facendola procedere a zigzag mentre correva, determinata a essere un bersaglio difficile per qualsiasi nemico. Saltò sopra una pila di casse e udì delle persone attraversarle alle sue spalle; fece dunque uno sprint per seminarle.

      Era stanca, però, e non solo per la corsa. Una dozzina di piccole ferite l’avevano ormai segnata nei combattimenti notturni. Era stata sveglia per più ore di quante potesse ricordare, e poi c’era quella violenza infinita e paralizzante, con uomini che morivano intorno a lei a ogni passo, sia della fazione nemica che amica.

      Tuttavia, la furia della battaglia la spingeva a procedere, facendola svoltare ancora, in un cortile che puzzava come se fosse dietro una conceria; il fetore le aggredì le narici con ancora più forza del sangue. Non c’era un’ovvia via d’uscita dal cortile, quindi si girò a guardare i soldati che avanzavano, muovendosi più lenti ora che avevano capito che non aveva vie d’uscita.

      “Ora!” gridò Erin.

      Gli uomini uscirono allo scoperto sui tetti, tenevano in mano archi e balestre, lance e persino pietre in questa fase. Iniziarono lo sbarramento, sparando giù all’accerchiamento nemico, mentre alcuni di loro procedevano alle spalle avversarie, pronti a inibire ogni tentativo di fuga. Cercando di liberarsi, uno degli uomini si precipitò verso Erin, con la spada alzata. Erin riuscì a malapena a farsi da parte e gli affondò la lancia nelle budella, mentre lui falliva il suo colpo.

      I suoi uomini balzarono giù allora, in seguito alla loro prima scarica di violenza con spade, mazze e asce. Attaccarono i soldati del Regno del Sud, uccidendoli uno dopo l’altro, ma non a costo zero. Erin vide uno dei nobili servitori che l’aveva seguita essere trafitto da una spada corta, vide la testa di una guardia spaccata in due dall’impatto di una mazza ferrata. Ogni volta che vedeva cadere uno dei suoi uomini, Erin sussultava, sentendo il colpo come fosse stato inflitto alla sua stessa carne. Tuttavia, sapeva che quello era il prezzo del comando; non poteva tenere al sicuro tutte le persone al suo seguito. Tutto ciò che poteva fare, era sperare che ciascuna delle loro vite portasse alla morte di quanti più nemici possibili.

      La lotta nel cortile fu rapida e brutale; i soldati di Re Ravin morirono in meno di un minuto. Erin e i suoi uomini non rimasero comunque nei paraggi, perché ne sarebbero arrivati altri. Ne sarebbero arrivati sempre degli altri. Al contrario, sottrassero tutte le armi possibili ai morti e si rimisero in partenza per le strade, rimanendo nelle vie secondarie e contando sul fatto che conoscevano la città meglio dei loro nemici.

      “Quanti ancora?” chiese un uomo dietro a Erin. Poteva sentire la stanchezza nella sua voce e la provava anche lei, ma sapeva di non poterla mostrare.

      “Quanti ne occorre per cacciarli dalla nostra città,” rispose lei. “Noi continuiamo a procedere. Non ci fermiamo. La vita di tutti dipende da questo.” Era sicura che suo fratello, suo padre o persino Lenore, avrebbero fatto un discorso d’incitamento in quel preciso momento; tutto ciò che Erin poteva fare era dare l’esempio. “Tendete una corda.”

      L’uomo borbottò ma annuì; si diresse verso uno degli edifici più vicini al corso d’acqua successivo e lanciò una corda dall’altra parte, tirandola fino ad assicurarsi che avesse preso un camino di là. Gli uomini di Erin legarono l’estremità più vicina al tetto sul quale si trovavano, ma fu lei a percorrerla, agile come un’acrobata. Sotto di lei, il fiume solitamente placido, che scorreva tra il quartiere più povero e quello dei teatri, ruggiva come lo stesso Slate. In alto, Erin poteva vedere la sagoma del Maestro Grey, che manteneva ancora il suo incantesimo.

      “So che questo rallenta il nemico, mago, ma non rende le cose facili neanche a noi,” mormorò mentre atterrava leggera sul tetto opposto. Lì, vide che il groviglio della corda si era quasi districato; un altro secondo o due, o qualche chilo in più, e sarebbe scivolata in acqua. La legò più stretta, assicurandosi che i suoi uomini potessero seguirla. Si affrettarono sulla sua scia, infilando una seconda corda sopra la prima, in modo da poterla attraversare più facilmente.

      “Pare che il nemico abbia avuto la nostra stessa idea,” disse uno di loro mentre attraversava. “Sono sicuro di aver visto la luce di una lampada sopra al fiume.”

      “Dove?” domandò Erin e si arrampicò sul lato di un edificio, fino a quando vide un punto in cui sembrava che le luci fossero troppo vicine al fiume. Corse in quella direzione, affrettandosi per i vicoli con gli uomini sulla sua scia.

      Rallentò man mano che si avvicinava, muovendosi nell’oscurità. Lì, trovò un ponte di corda tra due edifici e vide un uomo che lo stava attraversando. Sembrava un messaggero, ma a Erin non importava cosa stesse facendo, bastava il fatto che era coinvolto nel tentativo di uccidere la gente della sua città. Afferrò la testa della sua lancia e colpì una delle corde, tagliandola in un colpo solo.

      L’uomo sembrò percepire che qualcosa stava andando storto. Si voltò e tornò indietro verso la riva lontana, ma Erin stava già tagliando una seconda corda. Vide la sagoma del messaggero precipitare nell’acqua sottostante e si voltò verso i suoi uomini.

      “Non possiamo permetterlo,” disse. “Ma possiamo usarlo a nostro vantaggio. Ci avvicineremo di nascosto e taglieremo i ponti con gli uomini sopra. Uccidendo così quelli che stanno attraversando. Se hanno degli ordini per gli altri gruppi nella città, noi li useremo per metterli in trappola. Qualsiasi cosa facciano, troveremo il modo di farla pagare loro con la vita.”

      “E cosa delle nostre vite?” domandò un altro dei suoi uomini.

      “Vuoi la verità?” chiese Erin. “Le nostre vite non hanno importanza in questo momento. Pensate a tutti gli abitanti di questa città, a tutti quelli che moriranno o verranno ridotti a poco meglio che schiavi, se il Regno del Sud prenderà Royalsport. La loro unica speranza è che noi continuiamo a muoverci, che continuiamo a uccidere quanti più uomini di Ravin possiamo.”

      Forse sarebbe stata fortunata, avrebbe sorpreso Re Ravin con poche truppe intorno a lui e sarebbe dunque stata in grado di ucciderlo. Con lo scemare della notte, però, sembrava sempre meno probabile. No, non era più nemmeno notte. Sopra di sé, Erin poteva vedere una sottile scheggia di luce all’orizzonte, rossa come il sangue che si era riversato nelle strade della città. Normalmente, avrebbe accolto l’alba con piacere, ma ora la malediceva. Il buio era il loro amico e la loro protezione; la luce era l’ultima cosa di cui avevano bisogno.

      Presto, Erin comprese di dover rientrare al castello; odiava l’idea di lasciare Lenore e la loro madre da sole così a lungo. Per ora, però, doveva continuare a combattere, anche se il numero dell’esercito del Regno del Sud sembrava infinito in confronto alla loro piccola forza frantumata.

      “Non abbiamo ancora finito,” promise Erin ai suoi soldati. “Andiamo.”

      Con la lancia in mano, si immerse nelle prime luci dell’alba, alla ricerca del prossimo gruppo di nemici da uccidere.

      CAPITOLO QUARTO

      Odd inflisse un taglio a un soldato che gli si era avvicinato, cronometrando il colpo in modo da deviare quello del nemico e incidergli al contempo la gola. Udì un rumore accanto a sé, si girò e parò un altro attacco, sferrando un calcio per far cadere l’uomo all’indietro; poi, ne colpì un terzo per costringerlo a uscire dalla traiettoria del Maestro di Spada Wendros, incapace di completare l’affondo che stava allineando.

      “Attento,” disse Odd. “Quello ti aveva quasi preso.”

      “Sapevo che ci avresti pensato tu,” rispose il maestro di spada, disarmando abilmente un soldato in arrivo e poi conficcandogli la sua sottile lama nel petto.

      Intorno a loro, le pedane per l’addestramento della Casa delle Armi erano inondate di violenza, mentre i fabbri e i maestri combattevano gli uni accanto agli altri, contro i soldati di Re Ravin che si avvicinavano loro per cercare di ottenere il controllo delle armerie. Odd vide uomini lottare con martelli e lame, usando sia i loro arnesi da lavoro che le cose che avevano fabbricato con essi.

      Lì, sulla pedana per l’addestramento dove Odd e

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