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il suo ordine. Quando lo fece, Jessie finalmente fissò la propria attenzione sulla ragazza stesa sul letto. Era già nel sacco da cadavere, che però non era stato ancora chiuso. Jessie si sentì ribollire di rabbia a quella vista.

      “Qualcuno ha fatto delle foto prima che il corpo venisse spostato?” chiese Ryan, pronunciando a voce alta la domanda che Jessie aveva in testa.

      Un tecnico della scena del crimine alzò la mano.

      “Sono riuscito a scattarne qualcuna prima che venisse messa nel sacco,” disse.

      Il vice medico legale si avvicinò.

      “Salve. Sono Maggie Caldwell. Abbiamo cercato di posticipare l’insaccamento,” disse con tono dispiaciuto. “Ma abbiamo ricevuto ordini diversi.”

      L’accusa rimase sospesa in aria, non detta.

      “Come ho detto,” disse Costabile sulla difensiva, “sembrava un caso fatto e chiuso. Non volevo sprecare risorse.”

      Jessie cercò di tenere la voce regolare mentre rispondeva.

      “Sono sicura che lei ha decenni di esperienza in questo lavoro, sergente,” disse. “Ma ha per caso l’abitudine di dare ordini e prendere decisioni che vadano a disturbare la scena del delitto prima che i detective arrivino, indipendentemente da quali siano le risorse richieste?”

      “L’ufficio della Valley non è uno splendore come voi del centro,” disse l’uomo con rabbia. “Noi non abbiamo il lusso di starcene placidi a osservare ogni bambina scappata di casa che troviamo morta.”

      Anche se la rabbia di Jessie stava ribollendo, la sua voce rimase calma e lenta.

      “Non sapevo che le procedure della polizia da questa parte della città ora prevedessero il risparmio del budget dedicato alla risoluzione dei crimini. Mi piacerebbe vedere quella clausola nel nuovo regolamento. E inoltre non mi ero resa conto che non valesse la pena di indagare gli omicidi di adolescenti scappate di casa. Mi sono persa quella lezione quando ho frequentato la scuola all’LAPD?”

      “Sta mettendo in questione la mia professionalità?” chiese Costabile, facendo un passo verso di lei.

      “Sto solo facendo delle domande, sergente,” rispose lei senza tirarsi indietro. “Se la sua coscienza sta suggerendo qualcosa di più profondo, sta a lei capirlo. Io direi che se questa ragazza è un’adolescente scappata di casa, se la sta cavando piuttosto bene. È evidente che ha un lavoro che paga bene, che le permette di vivere in un discreto appartamento, comprare quadri e, sulla base della condizione di unghie e capelli, frequentare saloni costosi. È sicuro che non sta dando certe cose per scontate riguardo alla vittima?”

      Costabile sembrava non sapere a quale offensiva domanda rispondere per prima. Dopo un momento di frustrati borbottii, prese la parola.

      “La ragazza è stata trovata con indosso una divisa da cheerleader, con la gonna calata. Mi sembra piuttosto dozzinale come scena. Da quello che posso ipotizzare, è una del mestiere.”

      “Non è possibile che la gonna sia stata tolta dall’aggressore?” chiese Jessie. “Il suo agente ha detto che aveva diciassette anni. Non è possibile che sia una cheerleader della scuola? Non è possibile che sia un’attrice con un costume di scena? Siamo sicuri che sia una puttana da quattro soldi? A me pare che lei stia dando per scontate un sacco di cose, per essere un professionista delle forze dell’ordine, sergente.”

      Costabile fece un altro passo avanti. Ora era faccia a faccia con Jessie. Lei temeva che Ryan potesse tentare di intervenire, ma il collega fu capace di trattenersi. Probabilmente sapeva quello che lei stava facendo. Costabile le parlò sottovoce.

      “Quindi lei intende venire qui con la sua reputazione da profiler hipster e strafiga e definirmi incapace del mio lavoro? Siamo arrivati a questo adesso?”

      Stava quasi ringhiando, ma Jessie non se ne curò.

      “Lo sta dicendo lei,” sussurrò in risposta. “E poi, se pensa di potermi intimidire con le sue tette da uomo e l’alito che puzza da aglio, si sbaglia di grosso. Sono stata faccia a faccia con uomini che prendevano pezzi di corpi umani come souvenir, quindi le sue misere tattiche di bullismo non mi fanno impressione. E ora si levi dai piedi.”

      Le narici di Costabile si dilatarono. I vasi sanguigni sulla sua fronte sembravano poter esplodere da un secondo all’altro. Jessie lo osservò attentamente. Una parte di lei avrebbe voluto dargli una ginocchiata all’inguine. Ma la sua parte analitica lo stava ancora testando, cercando di determinare esattamente cosa stesse succedendo qui e perché la procedura non fosse stata ottemperata. C’era qualcosa di molto losco. Se si fosse arrabbiato a sufficienza, forse quell’uomo avrebbe inavvertitamente svelato qualcosa.

      I due si guardarono torvi. Costabile era chino in avanti e ansimante, Jessie silenziosa e ferma. Era pronta a stare così anche tutta la serata, se in questo modo poteva contribuire a piegarlo. Dopo cinque secondi buoni, l’uomo espirò, soffiandole intenzionalmente addosso. Si piantò un sorriso forzato in viso e fece un passo indietro.

      “Devo dire, signorina Hunt, che lei è una stronza ancora peggiore di quanto avessi sentito.”

      “Come si chiama?” chiese Jessie, quasi prima che l’uomo potesse completare il suo insulto.

      “Cosa?” le chiese lui, sorpreso dall’improvvisa reazione.

      “La ragazza,” insistette Jessie, accennando al letto con un movimento della testa. “Sa almeno come si chiama?”

      “Si chiama Michaela Penn,” disse l’agente Lester, salvando il proprio superiore da potenziale imbarazzo. “Stiamo ancora raccogliendo informazioni, ma sembra che frequentasse una scuola cattolica femminile locale. Si è emancipata dalla famiglia, anche se minorenne, già due anni fa e si è diplomata presto. Faceva la cameriera part-time al Jerry’s Dely a Studio City.”

      “Grazie, agente,” disse Jessie, prima di aggiungere un’altra frase a beneficio del sergente Costabile. “Sembra davvero dozzinale.”

      Si voltò e guardò finalmente Michaela con attenzione per la prima volta da quando era entrata nella stanza. La prima cosa che le balzò all’occhio fu quanto la ragazza sembrasse giovane. Poteva anche avere diciassette anni, ma con i capelli corti e scuri e la pelle chiara, ora bluastra, sembrava essere più vicina ai quindici.

      Sollevò lo sguardo su una foto della ragazza posata sul comò e cercò di collegarla alla forma priva di vita che giaceva sul letto. La Michaela nella foto era bella nel suo delicato stile da folletto. Le ricordava una ragazza di quei cartoni anime giapponesi.

      I suoi profondi occhi blu erano grandi ma privi di emozione, come se avesse imparato da tempo a nascondere i propri sentimenti. Solo il sorrisino accennato ai lati della bocca accennava alla possibilità di qualcosa nascosto sotto. Emanava l’impressione di un fuoco d’artificio non acceso, come se stesse solo tergiversando, preparandosi a esplodere da un momento all’altro.

      “Potete aprire del tutto la zip della sacca?” chiese Ryan portandosi accanto a Jessie. Mentre aspettavano, sussurrò sottovoce. “Spero che valesse la pena di alienare permanentemente l’agente con maggior collegamenti nella Valley, insultandolo a quel modo. Perché non mollerà mai l’osso.”

      “La giuria è già all’opera,” mormorò lei in risposta.

      I poliziotti si erano allontanati, ma Maggie Caldwell, la vice del medico legale, restò vicina dopo l’apertura della sacca.

      “Scusate,” disse sommessamente. “Non volevo toccare il corpo, ma Costabile era di fretta e voleva che facessimo velocemente. Se foste arrivati cinque minuti dopo, l’avreste trovata già caricata sul furgoncino.”

      “Qualche idea del motivo di questa fretta?” chiese Ryan.

      “No,” rispose la Caldwell nervosamente. “Ma non penso che fosse totalmente una sua idea. Era al telefono con qualcuno che sembrava dargli delle istruzioni. Solo dopo aver riagganciato ha iniziato a spingere per fare il più velocemente possibile.”

      Jessie si avvicinò alla ragazza. La sua divisa da cheerleader, con scritte bianche e bordo nero, era molto comune. La scritta diceva solo

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