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      “Hai ragione,” disse Keira, mentre la realtà riprendeva il sopravvento sulla fantasia. “Dovrò chiamare l’agente immobiliare per mettermi d’accordo.”

      Andò in camera da letto a prendere il cellulare, poi chiamò il numero. L’agente immobiliare rispose con la sua roca voce da fumatrice e Keira immaginò immediatamente col pensiero al suo tailleur rosa fucsia.

      “Ecco, stavo giusto per chiamarla,” disse la donna. “Deve prendere appuntamento per venire a firmare il contratto.”

      Keira scoppiò a ridere. “È esattamente il motivo per cui le sto telefonando. Devo andare all’estero per lavoro, per quindici giorni. Quindi devo firmare i documenti prima di partire, o dovranno aspettare che io ritorni.”

      L’agente sospirò rumorosamente. “Così mi uccidi. Mi stai dicendo che devo lasciare tutto quello che sto facendo a metà per sbrigarti la burocrazia? Di solito mi serve almeno una settimana.”

      Il cuore di Keira le piombò in fondo allo stomaco. Si sentiva malissimo ad avanzare pretese, ma allo stesso tempo l’agente si stava comportando piuttosto maleducatamente, dando l’impressione che la sua semplice richiesta fosse inaccettabile. “Forse sarebbe più semplice aspettare il mio ritorno, in questo caso?” suggerì. Poi aggiunse, con tono vagamente sarcastico: “Non vorrei certo che si stressasse troppo.”

      “Posso parlare con il padrone di casa,” rispose la donna con un altro lungo sospiro. “Vedere che ne pensa. Ma so che voleva concludere in fretta e se lei si sta tirando indietro…”

      La frustrazione di Keira crebbe. “Posso venire lì subito a firmare il contratto. Ma lei ha detto che le serve una settimana per prepararlo. Però quindici giorni sarebbero troppi? Mi sembra che abbia un’agenda inflessibile.”

      Non appena ebbe finito di parlare, Keira rimase sbalordita dalla propria reazione. Non le capitava spesso di essere tanto diretta. Ma se fosse andato tutto a monte, quante erano le possibilità che trovasse un altro appartamento come quello? L’unico motivo per cui sarebbe riuscita a permettersi l’affitto era proprio la minuscola camera da letto. Di certo c’erano altre persone che avrebbero colto al volo l’occasione mentre lei era via! Perderlo sarebbe stato uno scherzo del destino troppo crudele.

      “Va bene,” rispose l’agente. “Farò le corse per preparare tutto in tempo per il suo viaggio all’estero.” Aveva la voce carica di sdegno.

      Tra i denti digrignati, Keira borbottò: “Grazie.”

      Chiuse la chiamata, innervosita da quella conversazione, e solo allora divenne acutamente consapevole delle voci che provenivano dal soggiorno. C’era qualcuno. Sbirciò fuori dalla porta della camera da letto.

      Keira rimase a bocca aperta. Là, in piedi nella cucina della sorella, c’era Zach. Aveva ancora il naso bendato, dove Cristiano glielo aveva rotto, e sotto i suoi occhi si vedevano i lividi quasi scoloriti del tutto.

      Bryn, a braccia incrociate, lo stava fissando in cagnesco, con la sua più feroce espressione da sorella iper-protettiva.

      “Non ti vorrà vedere,” la udì dire Keira.

      In quel momento la porta della camera da letto cigolò, e Zach e Bryn spostarono lo sguardo verso di lei. Con riluttanza, Keira li raggiunse in soggiorno.

      “Zach,” disse, imbarazzata. “Che cosa ci fai qui?”

      Lui sorrise alla sua vista, anche se i suoi lineamenti erano per lo più coperti dalle bende. “Che fai, non mi abbracci?”

      Keira si immobilizzò. Non ci sarebbero stati di certo abbracci per il suo ex-fidanzato, specialmente dopo lo scherzetto che le aveva giocato in Francia e la cattiveria nel negarle il suo denaro. Bryn roteò gli occhi sdegnata.

      Zachary lasciò cadere le braccia. “Giusto,” disse rigido. “Ascolta, non voglio rubarti troppo tempo. Sono venuto solo per darti questo.”

      Keira lo osservò mentre si sfilava qualcosa dalla tasca. Un foglio di carta, delle stesse dimensioni e forma di un assegno. Ma non aveva intenzione di permettersi di credere che lo fosse. Zach glielo tese.

      “Che cosa è?” domandò Keira, ancora incredula.

      “La tua metà della caparra,” spiegò lui. Poi sospirò, con aria un po’ stanca. “Senti, ho parlato con mio cugino, gli ho detto che non era giusto tenersi i tuoi soldi. Quindi ha accettato di restituirti la tua parte.”

      “Davvero?” insistette lei, sollevando le sopracciglia. Alla fine prese il pezzo di carta e lo voltò tra le mani per vederlo a faccia in su. Era veramente la sua metà della caparra. Alzò di nuovo lo sguardo su Zach. “Wow. Grazie. Lo apprezzo molto.”

      Bryn sbuffò. Era ovvio che pensava che la sorella fosse troppo gentile con Zach. Keira stessa sapeva che era così. Ma era solo il suo modo di fare. Non era da lei serbare rancore. Non aveva senso continuare a farlo, una volta che un torto era stato corretto. Solo un sacco di energie sprecate. Come Bryn e Maxine; non avevano la minima idea di come fosse iniziata la loro inimicizia, ma nessuna delle due aveva intenzione di lasciar perdere.

      “Volevo anche dirti che mi dispiace,” continuò Zach. “So che quello che è successo in Francia è stato una follia. Ho parlato con mia madre, con Ruth e mia cugina, con Shelby e David e il mio psicologo, e c’è il consenso unanime che mi sia comportato come uno squilibrato.” Sorrise imbarazzato. “Mi dispiace molto se ti ho fatto paura.”

      “Okay,” rispose Keira. “Apprezzo che tu me lo abbia detto. E il naso, a me spiace molto per quello.”

      “Dio, me lo sono meritato!” rise Zach. “Se qualcuno si fosse comportato come me mentre eri la mia ragazza, avrei reagito nella stessa maniera. Spero solo che guarisca bene. Mi darebbe personalità.”

      “Sono certa di sì,” ammise Keira, sorridendo con timidezza.

      Bryn emise un altro verso disgustato dal fondo della gola. Strinse ancora di più le braccia al petto.

      “Avete finito adesso?” chiese freddamente. “Abbiamo delle faccende da sbrigare.”

      Zach spostò lo sguardo da Keira e Bryn. “Quasi,” disse. “Però potremmo avere un po’ di privacy? Poi mi leverò di torno.”

      Bryn guardò Keira. Una delle sue sopracciglia era sollevata. Aveva le labbra strette. Tutto nel suo atteggiamento gridava non cascare nei suoi trucchetti. Ma alla fine cedette, dirigendosi verso la camera da letto e chiudendo la porta.

      Keira guardò Zach. “Quindi?”

      “Quindi….” iniziò lui. Tamburellò le dita sul bancone della cucina. Qualsiasi cosa dovesse dirle non doveva essere semplice. “Keira, lo so che sono stato uno stronzo.”

      Keira si morse la lingua, anche se in realtà avrebbe voluto gridare: “Alla fine lo ammetti!”

      “E… il fatto è… che mi sono comportato in quella maniera perché tengo troppo a te.” La fissò, con occhi profondamente addolorati. “Quando ti ho dato quell’ultimatum non pensavo assolutamente che avresti scelto il tuo lavoro.”

      Keira ricordò con angoscia il malinteso che aveva portato alla fine della relazione tra lei e Zach. Non aveva creduto che lui avrebbe dato seguito alla minaccia di lasciarla, ma andare a letto con la damigella d’onore di sua sorella era stato il colpo di grazia della loro storia.

      “E io non pensavo che saresti andato a letto con la prima donna che passava,” rispose seccamente Keira.

      “Lo so, lo so,” disse lui, distogliendo lo sguardo ed emettendo un sospiro triste. “Stavo male. È tutto quello che posso dire. Ero così disperato all’idea che stessi mettendo qualcos’altro davanti a me che ho voluto fare qualcosa per punirti, per mettere i miei bisogni davanti a te. È stato… beh, è stato un modo orrendo di trattarti.”

      Keira si limitò a borbottare il suo assenso. Di lì a pochi giorni, una volta tornata alla normalità, sarebbe stata grata per le scuse di Zach, ma in quel

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