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viso. Alla fine arrivò in cima alla parete rocciosa e mise piede a terra, prendendo fiato. Si voltò e si guardò alle spalle vedendo, decine di metri più sotto, alla base della ripida scogliera, le onde dell’oceano che si infrangevano e la loro barca sulla spiaggia che sembrava così piccola: era sorpreso di vedere quanto in alto si era arrampicato. Udiva lamenti tutt’attorno a lui e voltandosi vide Reece e Selese, Elden ed Indra, O’Connor e Mati che arrivavano tirandosi sull’altopiano dell’Isola della Luce.

      Thor rimase in ginocchio, con i muscoli esausti, e guardò l’Isola della Luce davanti a sé. Il cuore gli sprofondò nel petto e provò un rinnovato senso di presagio. Prima ancora di vedere la scena orribile poté sentire l’odore delle ceneri ardenti, l’odore pesante del fumo che impregnava l’aria. Poté anche sentire il calore, i fuochi che ardevano, i danni creati da chissà quale creatura avesse devastato quel posto. L’isola era nera, bruciata, distrutta, tutto ciò che prima era stato così idilliaco, tutto ciò che era sembrato così invincibile, ora era stato tramutato in cenere.

      Thorgrin si rimise in piedi e non attese tempo. Iniziò ad avventurarsi nell’isola con il cuore che gli batteva forte in petto mentre cercava ovunque Guwayne. Considerando la condizione del posto odiava pensare a cosa avrebbe potuto trovare.

      “GUWAYNE!” gridò correndo tra le colline riarse e portandosi le mani alla bocca.

      La voce gli tornò indietro come un’eco contro le colline, come a prenderlo in giro. Poi nient’altro che silenzio.

      Giunse un ruggito solitario da qualche parte in alto e Thor sollevò lo sguardo vedendo Licople che volava in cerchio. Licople ruggì di nuovo, scese in basso e volò verso il centro dell’isola. Thor sentì improvvisamente che lo stava conducendo da suo figlio.

      Si mise a correre seguito dagli altri, attraversando quella desolazione bruciacchiata e cercando ovunque.

      “GUWAYNE!” gridò ancora. “RAGON!”

      Mentre Thor guardava la devastazione del paesaggio annerito, provava una crescente certezza che niente potesse essere sopravvissuto in quel posto. Quelle ondeggianti colline, una volta così abbondanti di erba ed alberi erano ora ridotte a un paesaggio segnato dalla battaglia. Thor si chiedeva quale genere di creature, oltre ai draghi, potessero causare un tale disastro, e cosa più importante chi le controllasse, chi le avesse mandate lì e perché. Perché suo figlio era tanto importante che qualcuno mandasse un esercito contro di lui?

      Thor guardò l’orizzonte, sperando di vedere un qualche segno, ma il suo cuore gli sprofondò in petto quando non scorse nulla. Vide invece solo fiamme e braci che riempivano le colline.

      Voleva credere che Guwayne fosse in qualche modo sopravvissuto a tutto questo. Ma non vedeva come potesse averlo fatto. Se uno stregone potente come Ragon non poteva fermare le forze che erano state lì, come poteva lui salvare suo figlio?

      Per la prima volta da quando si era imbarcato in quella missione, Thor iniziava a perdere la speranza.

      Continuarono a correre risalendo e scendendo le colline e quando furono in cima a una particolarmente grande, improvvisamente O’Connor, che era davanti al gruppo, indicò freneticamente qualcosa.

      “Lì!” gridò.

      O’Connor indicava di lato, verso i resti di un antico albero che era ora abbrustolito, con i rami rinsecchiti. Guardando con maggiore attenzione Thor scorse, sdraiato accanto ad esso, un corpo immobile.

      Percepì all’istante che si trattava di Ragon. E non vide vicino alcun segno di Guwayne.

      Thor, pieno di timore, corse in avanti e quando lo raggiunse collassò in ginocchio al suo fianco guardando ovunque alla ricerca di Guwayne. Sperava di trovarlo magari nascosto tra gli abiti di Ragon o da qualche parte accanto a lui o lì vicino, forse nella spaccatura di una roccia.

      Ma il cuore gli crollò dentro vedendo che non era da nessuna parte.

      Thor allungò le mani e lentamente fece ruotare Ragon, gli abiti anneriti dal fuoco, pregando che non fosse rimasto ucciso. Lo girò sottosopra e provò un barlume di speranza vedendo che muoveva gli occhi. Gli afferrò le spalle, ancora calde al tatto, egli tirò indietro il cappuccio inorridito vedendogli il volto ustionato e sfigurato dalle fiamme.

      Ragon iniziò ad ansimare e tossire e Thor vide che stava lottando per rimanere in vita. Si sentiva devastato vedendolo così, quell’uomo meraviglioso che era stato così gentile con tutti loro, ora ridotto in quello stato per difendere quell’isola, per difendere Guwayne. Thor non poteva fare a meno di sentirsi responsabile.

      “Ragon,” disse con voce strozzata in gola. “Perdonami.”

      “Sono io che ti chiedo perdono,” disse Ragon con voce roca, a malapena capace di pronunciare le parole. Tossì a lungo, poi continuò: “Guwayne…” inizio, ma subito si interruppe.

      Il cuore di Thor gli sbatteva con violenza nel petto, non voleva sentire le sue parole e temeva il peggio. Come avrebbe mai potuto rivedere Guwayne?

      “Raccontami,” gli chiese Thor stringendogli le spalle. “Il bambino è vivo?”

      Ragon ansimò a lungo, cercando di prendere fiato e Thor fece cenno a O’Connor che gli porse subito un fiasco d’acqua. Thor versò l’acqua sulle labbra di Ragon che bevve tossendo mentre deglutiva.

      Alla fine Ragon scosse la testa.

      “Peggio,” disse con voce poco più forte di un sussurro. “La morte sarebbe stata una grazia per lui.”

      Ragon fece silenzio e Thor lo scosse con veemenza, desideroso di sentirlo parlare.

      “Lo hanno portato via,” continuò infine Ragon. “Me lo hanno strappato dalle braccia. Tutti qui, solo per lui.”

      Il cuore di Thor sprofondò al pensiero del suo prezioso bambino portato via da quelle malvagie creature.

      “Ma chi?” chiese. “Chi c’è dietro a tutto questo? Chi è più potente di te da poter fare questo? Pensavo che il tuo potere, come quello di Argon, fosse impenetrabile per ogni creatura di questo mondo.”

      Ragon annuì.

      “Per tutte le creature di questo mondo, sì,” disse. “Ma queste non erano creature di questo mondo. Erano creature dell’inferno, venivano da un posto ancora più oscuro: la Terra del Sangue.”

      “La Terra del Sangue?” chiese Thor stupito. “Sono andato all’inferno e sono tornato indietro,” aggiunse. “Quale posto più essere più oscuro?”

      Ragon scosse la testa.

      “La Terra del Sangue è più di un luogo. È uno stato esistenziale. Un male più oscuro e più potente di quanto tu possa immaginare. È il regno del Signore del Sangue ed è diventato più oscuro e più potente di generazione in generazione. È in corso una guerra tra regni. Un antico conflitto tra male e luce. Entrambi vogliono il controllo. E temo che Guwayne sia la chiave: chiunque lo abbia con sé può vincere, può avere il dominio sul mondo. Per sempre. È ciò che Argon non ti ha mai detto. Ciò che non poteva ancora dirti. Non eri pronto. Era ciò per cui ti stavo allenando: la guerra più grande che mai potessi immaginare.”

      Thor rimase a bocca aperta cercando di capire.

      “Non capisco,” disse. “Non hanno preso Guwayne per ucciderlo?”

      Ragon scosse la testa.

      “Ben peggio. Lo hanno preso per tenerselo, per crescerlo come un bimbo demone, ciò di cui hanno bisogno per far avverare la profezia e distruggere tutto il bene nell’universo.”

      A Thor girava la testa e batteva forte il cuore mentre cercava di comprendere tutto.

      “Allora devo riportarlo indietro,” disse con la fredda sensazione di risoluzione che gli scorreva nelle vene, soprattutto sentendo Licople che volava sopra la sua testa ruggendo e bramando come lui vendetta.

      Ragon allungò una mano e strinse il polso di Thor con una forza sorprendente per un uomo sul punto di morire. Guardò Thor negli occhi

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