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dell’invasione solo per la promessa di avventura che questo forniva. Molti avevano agito così.

      “E i tuoi comandanti ti hanno detto di continuare a saccheggiare all’interno del castello?” chiese Irrien. “È qui che ti hanno ordinato di stare?”

      Le loro espressioni dicevano tutto ciò che aveva bisogno di sapere. Aveva ordinato ai suoi uomini di essere sistematici riguardo al saccheggio della città, ma questo era tutt’altro che sistematico. Richiedeva ai suoi guerrieri disciplina, e questa era tutt’altro che disciplina.

      “Pensavate di poter semplicemente prendere quello che volevate?” chiese Irrien.

      “È così che fa Cadipolvere!” protestò uno degli uomini.

      “Sì,” confermò Irrien. “Il forte prende dal debole. È per questo che io ho preso questo castello. Ora voi state cercando di prenderlo a me. Pensate forse che io sia debole?”

      Non aveva più la sua grossa spada, e la spalla ferita gli faceva ancora così male che anche se l’avesse avuta non gli sarebbe servita, quindi tirò fuori al suo posto un lungo coltello. Il primo colpo prese il più giovane dei tre alla base della mascella, trapassandogli la testa e uscendo dal cranio.

      Si girò, sbattendo il secondo dei tre contro un muro mentre quello tentava di prendere le sue armi. Parò un colpo di spada del terzo e gli tagliò la gola senza il minimo sforzo spingendolo via mentre cadeva.

      Quello che aveva sbattuto contro il muro si stava riprendendo adesso, le mani sollevate in aria.

      “Vi prego, Pietra Irrien. È stato un errore. Non abbiamo pensato.”

      Irrien gli si avvicinò e lo pugnalò senza dire una parola, colpendolo più volte. Lo tenne in piedi in modo che non potesse cadere troppo presto, ignorando il modo in cui la sua ferita gli doleva per lo sforzo dei colpi. Non era una semplice uccisione, ma una dimostrazione.

      Quando alla fine lasciò che l’uomo collassasse a terra, Irrien si girò verso gli altri e allargò le braccia, rendendo ovvio un invito alla sfida.

      “C’è qualcuno qui che pensa che sia tanto debole da potermi semplicemente chiedere delle cose? C’è qualcuno che pensa di potermele portare via, le mie cose?”

      Rimasero tutti in silenzio, ovviamente. Irrien lasciò che lo seguissero mentre avanzava verso la sala del trono.

      La sua sala del trono.

      Dove anche adesso il suo premio lo stava aspettando.

      *

      Stefania si ritrasse impaurita mentre Irrien entrava nella stanza, e si odiò per questo. Stava in ginocchio vicino allo stesso trono che aveva occupato fino a poco tempo prima, con catene dorate che la tenevano al posto. Aveva tirato cercando di liberarsi quando la stanza era vuota, ma non c’era stato alcun cedimento.

      Irrien avanzò verso di lei e Stefania si sforzò di spingere via la paura. L’aveva picchiata, l’aveva incatenata, ma lei non aveva altra scelta. Poteva decidere di lasciarsi annientare o poteva rigirare la cosa a proprio vantaggio. Doveva esserci un modo per farlo, anche in quelle condizioni.

      Essere incatenata accanto al trono di Irrien aveva i suoi vantaggi dopotutto. Significava che lui programmava di tenerla. Significava che i suoi uomini l’avevano lasciata in pace, anche se avevano trascinato via le sue damigelle e servitrici per il loro personale piacere. Significava che lei era sempre al centro delle cose, anche se non aveva alcun controllo su di esse.

      Non ancora.

      Stefania guardò Irrien mentre si sedeva, ne studiò ogni lineamento, giudicandolo nel modo in cui un cacciatore valuta il terreno sul quale vive la propria preda. Era ovvio che la voleva, altrimenti perché l’avrebbe tenuta lì invece di mandarla in una qualche fossa di schiavi? Stefania poteva lavorarci. Lui poteva pensare che lei gli appartenesse, ma presto avrebbe fatto qualsiasi cosa lei gli avesse suggerito.

      Avrebbe fatto la parte del giochetto difficile, e si sarebbe ripresa ciò per cui aveva lavorato.

      Aspettò, ascoltando mentre Irrien iniziava a trattare gli affari della città. Per lo più erano questioni banali. Quanto avevano preso. Quanto c’era ancora da prendere. Di quante guardie avevano bisogno per tenere al sicuro le mura, e come controllare il flusso di cibo.

      “Abbiamo un’offerta da parte di un mercante per dare rifornimenti ai nostri eserciti,” disse uno dei cortigiani. “Si chiama Grathir.”

      Stefania sbuffò e Irrien si voltò a guardarla.

      “Hai qualcosa da dire, schiava?”

      Stefania inghiottì il desiderio di ribattere a quelle parole. “Solo che Grathir è noto per fornire beni inferiori allo standard. Il suo precedente partner d’affari però è in procinto di assumere la sua attività. Se sosterrete lui, potrete ottenere le scorte di cui avete bisogno.”

      Irrien la fissò con sguardo calmo e posato. “E perché me lo stai dicendo?”

      Stefania sapeva che era la sua occasione, ma doveva giocarsela con attenzione. “Voglio dimostrarti che ti posso essere utile.”

      Irrien non rispose, ma voltò la sua attenzione agli uomini presenti. “Lo terrò in considerazione. Cosa c’è poi?”

      Poi, a quanto pareva, c’erano petizioni da parte dei rappresentanti degli altri sovrani di Cadipolvere.

      “La Seconda Pietra vorrebbe sapere quando tornerete a Cadipolvere,” disse uno dei rappresentanti. “Ci sono questioni che richiedono la presenza delle Cinque Pietre insieme.”

      “La Quarta Pietra Vexa richiede più spazio per il suo contingente di navi.”

      “La Terza Pietra Kas manda le sue congratulazioni per la nostra vittoria condivisa.”

      Stefania scorse con la mente i nomi delle altre Pietre di Cadipolvere. Ulren l’Astuto, Kas Barba Biforcuta, Vexa – l’unica Pietra donna – Borion il Dandy. Nomi secondari se paragonati a Irrien, eppure teoricamente tutti al suo stesso livello. Solo il fatto che non fossero lì presenti conferiva a Irrien assoluto potere.

      Insieme ai nomi, la memoria di Stefania recuperò interessi, debolezze e desideri. Ulren stava invecchiando all’ombra di Irrien e avrebbe avuto il seggio della Prima Pietra se il grande condottiero non se lo fosse preso. Kas era cauto, un mercante che calcolava ogni moneta prima di agire. Vexa teneva una casa al di fuori della città, dove si diceva che i suoi servitori fossero tutti senza lingua in modo che non potessero riportare quello che vedevano. Borion era il più debole, e probabilmente avrebbe perso il posto contro il prossimo sfidante.

      Mentre pensava alla situazione a Cadipolvere, Stefania posò delicatamente le dita sul braccio di Irrien. Si mosse delicatamente, quasi solo sfiorandolo. Aveva imparato le abilità della seduzione molto tempo fa, poi aveva speso tempo a perfezionarle su una scia di utili amanti. Aveva fatto invaghire anche Tano, no? Quanto più difficile poteva essere Irrien?

      Sentì il momento in cui lui si irrigidì.

      “Cosa stai facendo?” le chiese.

      “Sembra che tu sia nervoso per tutte queste chiacchiere,” disse Stefania. “Pensavo di poter aiutare. Magari potrei aiutarti a rilassarti… in altri modi?”

      La chiave era di non spingere troppo. Di dare un accenno di offerta, ma mai di chiedere le cose direttamente. Stefania mostrò il suo aspetto più innocente, guardò Irrien negli occhi… e poi lanciò un grido quando lui le sferrò con noncuranza uno schiaffo.

      La rabbia avvampò in lei per quel gesto. L’orgoglio di Stefania le disse che avrebbe trovato un modo di farla pagare a Irrien per quel colpo: si sarebbe vendicata.

      “Ah, ecco la vera Stefania,” disse Irrien. “Pensi che mi lasci prendere in giro dalla tua finta apparenza di umile schiava? Pensi che sia tanto stupido da credere che tu possa essere distrutta con un solo giro di botte?”

      La paura scorse ancora in Stefania. Poteva ancora ricordare il fischio

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